venerdì 30 dicembre 2011

Fibre ottiche

Potresti provare a non avere paura
a  non  corazzarti
a lasciare che ci sia qualcosa ancora capace di sconvolgerti
uno spiraglio aperto
una feritoia
e lasciare che ci sia qualcuno capace di portarti via
anche solo con la mente
anche solo per una sera
provare a lasciarsi andare
e ci sei o non ci sei
avere paura
e le tue dita che si muovevano troppo leggere
sorridere e non pensare che ci sarà sempre un prezzo da pagare
per ogni piccolo fuoco felice
mentre io andavo e venivo
pensandoti in viaggio
pensandoti malinconica
o pensandoti e basta
senza nemmeno pretendere di raggiungerti davvero
buona notte e ci vediamo presto o potremmo non vederci mai 
restare fibre ottiche senza sapere quanti battiti al secondo affannava il cuore
la volta che ti ho avuto vicino.

Faye Goddard.
Que reste-t-il de nos amour, Charles Trenet.

A Papa piace Pampino calzoncino


 Gli alberghi, gli autogrill, si somigliano tutti e finisci col confonderli. Cercavo in qualche modo di non vivere come un trafficante, capivo che il guadagno è una vita in un luogo di confine mai familiare.
“Ad Anversa Klaus ci porterà le foto”
“sono russi, sono giapponesi”
“a loro servono i loro occhi, i loro polmoni”
“certe volte gli servono interi, vivi” spiego al telefono. In albergo apro i file che mi ha consegnato. La foto numero uno è un bambino cinese, danno a questi bambini nomi finti, i clienti vogliono sapere, probabilmente desiderano in ogni caso fingere che sia possibile instaurare un rapporto di intimità reale. Così il numero uno è Kim e il numero due è Mario.
Mario è biondo e sembrava così felice. Tre o forse quattro anni al massimo.
Questi sono i figli di qualcuno, qualcuno è vivo, qualcun altro è morto. Sono i figli di chi non osa darsi pace, di chi celebra l’anniversario in tv, finendo col piangere tutte le volte, farsi coraggio, convincersi che non si può perdere la speranza.
Sul computer vedo azzerarsi questa speranza, forse, se qualcuno commetterà un errore, sarete i nuovi Natasha Kampusc, e forse qualcuno vi chiederà un giorno come è stato stare tanto tempo lontani da casa, e com’è ora avere sedici anni e non riconoscere vostra madre.

Faye Goddard

Belsen was a gas, Sex Pistols.


martedì 27 dicembre 2011

Gennaio

Ti ricordi i camini in cui bruciavano tutti i nostri vizi, le autostrade per Roma, l’autostop per andare a scuola come clandestini
i cani di pezza con gli occhi allucinati
il presidente in lacrime
e noi che siamo la feccia orgogliosa coi cappotti neri, il punk che tornava a vivere senza folklore, la crisi che non ci sfiorava, che non mi passava per la testa
i semafori coi cuori rossi e le stelle verdi
le auto che si scansavano da sole
la pioggia acida e l’elettronica
i paesi che si fingevano città in cui non ci restava che bere al buio nelle stanze con la musica del computer e noi che non spiccicavamo parola sulle nostre storie finite male
con tutto l’amore che non si riusciva a contenere
mentre mi lasciavi a chiedermi la matrice dell’errore
e poi correre, per non farsi acchiappare dall’angoscia
su notturni addestrati per dividerci
mentre sfilavano i treni mano nella mano
in ritardo come mode ricorrenti
le scarpe appese ai fili della luce
i lampioni che ci sorridevano fuori dai locali
i baristi ci mettevano alla porta dopo il sesto Campari
e poi il mare di notte con la pioggia a stingerci i vestiti in silenzio lungo il molo con Dylan Tomas tornato a vivere sulle nostre bocche che masticavano sigarette come gomme americane
il punk che non riusciva a morire senza cliché e noi che ci addormentavamo in casa d’altri con i pugni stretti come cuccioli al macello.

Faye Goddard

Leggere con Behind The Wall, Tracy Chapman.

domenica 25 dicembre 2011

Il sangue è randagio


Eravamo abbastanza addentrati nelle cose del mondo da sapere che niente ci sarebbe stato regalato, che niente sarebbe durato per davvero, che tutto si scompone, che la vita è una linea dritta e le persone sul cammino sono solo brevi fermate. Si muore da soli e si muore tanto per volta prima di farla finita.
Mi toccavo l’incavo del braccio, alla ricerca di buchi che non c’erano mai stati, che a volte istericamente sentivo vicini e familiari. Era stato così per le sigarette, non so cosa sarebbe stato per il resto. E’ solo questione di opportunità e saltare uno steccato.
Ci lasciavamo alle spalle autostrade tutte uguali, l’imperativo restava andare, scordandoci persino di mangiare.
C’era fatica nei gesti, osservare le montagne e affrontarle col cuore così fradicio di nicotina che mi faceva venire voglia di vomitare.
Per stare meglio avremmo solo voluto un nemico da combattere, piuttosto che aspettare una catastrofe che ci riorganizzi le priorità. L’auto traboccava di rifiuti, rassettare cancella le tracce ed elimina i passaggi. Persino le stanze così puzzavano di solitudine.
Lattine sfinite arredavano il cruscotto come un corredo, il campionario umano si esibiva incredulo al sole che affogava l’abitacolo. Kate dormiva sul sedile passeggero, Cameron e Darfour sedevano dietro mano nella mano senza guardarsi negli occhi, distratti dal futuro. Avevano coraggio e speranza, credevano sul serio che non si sarebbero mai lasciati, che sarebbe durata per sempre.
Mentre riflettevo sulla voglia di non vivere, mi sa che mi ero persa la lezione sul disequilibrio. Non restava che deviare e fingere che non ci fosse niente in grado di toccarci fino alla fine.
Le rivoluzioni senza idee non ci ricordavano quelle cose per cui sembrava valesse la pena vivere.
Forse il tempo misura davvero l’essere umano
il sangue è randagio.

Faye Goddard.

Leggere con Half a Person, The Smiths.

sabato 24 dicembre 2011

Ficcatevi un panettone in culo!

Se non hai niente da dire non dire niente
aspetteremo in macchina che finiscano le feste stringendo una bottiglia
lasciando respirare le dita sul parabrezza
ci convinceremo che tanto non cambia mai niente
e invece cambia tutto
tutte le volte.
Per scaldarci a volte non bastavano le nostre mani
servivano piccole certezze e quei piccoli silenzi condivisi.
Se non hai niente da dire non dire niente
lasceremo che sia lo stereo a parlare, sforzandoci di pensare che siamo ancora giovani
che se ci siamo persi qualcosa per strada riusciremo
di slancio a recuperare.
Faceva davvero troppo freddo sognando di voler tornare indietro
le mani a coppa per trattenere il calore
e le tasche bucate come quando pensi di conoscere qualcuno
perdendo sempre qualcosa
se non hai niente da dire non dire niente
almeno per stanotte
fingiamo che sia un buon natale.

Faye Goddard.

 Suggerimento musicale per una migliore fruibilità: ATWA System Of a Down.

venerdì 23 dicembre 2011

Sms (short massage story) in treno.

Come le foglie che non credono nell'albero cui sono attaccate
distraiamo la vita con brevissime fughe continentali
per avere qualcosa da raccontarci
racconti che si accumulano nelle promesse
e prima o poi schiuderanno in piccole epifanie
come i raccontatori pagati dai rollatori a mano di sigari, a Cuba.
"Quando ti farai vedere?" hai scritto
"quando dirai il mio nome tre volte a voce alta chiudi gli occhi e poi riaprili" ho scritto io
"una volta riaperti troverò qualcuno a ridere di me o il furgoncino dell'ospedale psichiatrico più vicino!"
"potrei essere io in entrambi i casi"
poi mi hai chiesto se fosse un complotto per farti finire male e io ti ho scritto che effettivamente lo era, un complotto, un complotto per farti ridere
hai accettato
ma forse non hai contato a voce abbastanza alta perché sono comparsa solo al telefono.


Faye Goddard.


Life on Mars di David Bowie, il pezzo giusto per leggerlo.

lunedì 19 dicembre 2011

Buona notte.



Che sia buona la notte senza che porti consiglio, potrei lasciare che tu sognassi e basta, senza pensare a cosa possa secernere il futuro, sognare e basta. Non ci pensare, ci sono io che penserò a tutto, a cucinare vegetariano, a restare sveglia mentre tu finisci di lavorare. Non so nemmeno quello che vuoi, qualunque cosa vuoi. Potrei lasciare che sia tu a farmi scrivere, e sarebbe comunque abbastanza per tutti e due. Studia e non ci pensare, i russi che proprio non mi dicono niente. Io sono lontana solo un metro. Io sono lontana poco lontana, e coltivo in casa la droga che studi. Ci sono sorrisi che bloccando il pianeta per un secondo, creano cataclismi in Giappone.
Faye Goddard.

Amsterdam is Nice.

Sono solo una ragazza viziata dal suo secolo, non parlatemi di figli e di stabilità, non parlatemi di stare ferma, io mi costringo sveglia come chi ha ingoiato troppi tranquillanti
mi impedirò di lasciarmi vincere, almeno per una notte, nonostante la neve, e i pensieri minimizzati dall'amnesia, nonostante la libertà solo apparente di Amsterdam, con le telecamere ovunque, che non puoi entrare con un cappello nei coffee shop che col cappello finisce che non vieni molto bene nell'obiettivo, non ti si vede bene la faccia. Sembra che il figlio di un gigante ha incastrato queste case meglio che poteva, con un martello giocattolo. Resto flippata a guardare le vetrine e non riesci a dire una parola. Ho versato la birra sul pavimento, vicino al letto, per poter spegnere le sigarette in totale pigrizia. Per tutto il tempo ho preso a parolacce la cameriera, impedendole di entrare. Ho appeso un cartello fuori alla porta con su scritto "NON ENTRARE MAI!"
Non parlatemi di futuri migliori, io sono solo una ragazzina viziata dal secolo di appartenenza. Non sposerò mai l'uomo che ho conosciuto da bambina, non mi sono laureata col sogno di diventare una maestra, ho solo questo corpo, infondo sono Faye, il resto non importa.

Faye Goddard.

giovedì 15 dicembre 2011

Fuga in Faye N°2

Sparì un'altra volta. Si dissolse, a voler essere precisi. Mi costrinse a dormire sul divano e lei nel mio letto, Faye era capace di convincere i missionari a non andare, se voleva.
Non sono certo di esserne innamorato, ma di sicuro Faye Goddard è la donna della mia vita. Anzi è la mia vita stessa e come con la vita spesso si tende ad abbandonarla e spessissimo si tende a volerla recuperare. E' una corsa in taxi, Faye Goddard, un giro sul battello in una città in cui è appena finita la guerra. E' la filodiffusione a Beirut, finalmente il rock a Cuba.
E' senza parole e il fiato per descriverla ti sottrae alla vita.
Mi ha lasciato un messaggio nel frigorifero, un piccolo post it sul secchiello del tabacco: "CERCAMI SUI CANALI."
E io, perché con lei tutto può essere, ingenuamente, accesi la televisione.

mercoledì 14 dicembre 2011

Chinese is Polemica.

Uno scrittore è un uomo capace di germinare mondi partendo dal proprio mondo.
Uno scrittore che sperimenta è uno scrittore che apre il proprio cervello come un appartamento e lascia che ospiti venuti dal nulla e da lontano si accomodino.
Uno scrittore come questo non sente di dover spiegare a questi ospiti il senso di ogni oggetto presente e il senso della posizione degli oggetti, ma lascia che tocchino, che si aggirino liberi tra i quadri e i salotti per trarne le proprie considerazioni.
Il compito di uno scrittore contemporaneo è di fare i conti con la contamporaneità.
Una scrittura che non si misura con la rapidità del flusso delle informazioni è una scrittura che non crea intrattenimento, che non pone riflessioni e che è destinata a non essere letta.
La scrittura deve farsi coraggio.
Non c'è battaglia che si possa perdere perché quella con gli altri fenomeni di intrattenimento non è una battaglia.
Quando la letteratura viene preferita ad altre forme di intrattenimento è perché la letteratura come intrattenimento ha fallito.
Gli scrittori che si lamentano dello scarso interesse dei lettori in questo paese cercano alibi.
Gli scrittori che si lamentano dello scarso interesse dei lettori in questo paese non fanno bene il proprio lavoro.
E' compito degli editori puntare sulla letteratura nuova e sulle nuove forme della letteratura.
Non sperimentare e offrire forme commestibili di racconto significa sottovalutare il lettore, significa pensare che chi legge è più stupido di chi scrive, il che è come asserire che chi produce il vino è sempre più competente di chi il vino lo beve, e io non sono d'accordo.


Faye Goddard.

lunedì 12 dicembre 2011

malati

Quando impari a riconoscerli capisci che in giro ci sono un sacco di persone piene di problemi. Non è una cosa di cui allarmarsi, anzi è di conforto. Non è che chi vi parla ne sia immune, nemmeno se lo immagina di esserlo. In generale non le chiamerei proprio patologie, idiosincrasie forse, abitudini, come il buon Burroughs soleva definire la sua cronica dipendenza dalle droghe.  Queste persone non sono veramente malate, ma hanno qualcosa di malato. I silenziofobici, i verbalitici, quelli che non parlano mai, i timidissimi, i fobici in genere, quelli fissati con le malattie, che se solo dici la parola cancro cambiano spressione, cominciano a deglutire male, gli manca l'aria. Quelli che se c'è uno zingaro nel treno cambiano scompartimento. I consumatori compulsivi di nicotina, di zucchero, quelli che si convincono che senza una determinata sostanza vivono peggio, i Supradynici, i vitaminofili, che se si accorgono che è finito lo yogurt escono a mezzanotte in cerca del pakistano aperto altrimenti poi domani come fanno, quelli che non mangiano nessun tipo di condimento, quelli che hanno sempre caldo, che stanno con la maglietta anche se fuori c'è meno due, o quelli con i guanti e il cappello anche ad agosto. Per alcuni queste piccole strenezze diventano un elemento di caratterizzazione, una parte significativa della loro personalità, come quando dici come Claudio chi? Quello che in piazza a natale stava a maniche corte... Ti ricordi Maria, merda se fumava...
Poi ci sono gli ansiosi, i sempre stanchi, quelli che bevono o fumano erba per vincersi o quelli che non bevono e non fumano per paura di sentirsi male, gli allergici all'aria, i fitnessomani, e quelli che lo sport non lo fanno mai che poi si ammalano, quelli che si fidanzano con il primo che passa e si convincono d'amarlo alla follìa perché non sanno stare da soli, e quelli che non si innamorano mai per paura di soffrire che appena sentono una piccola farfalla nello stomaco scappano a ucciderla e vivono di rimpianti, chi i rimpianti li cerca proprio per potersi lamentare e quelli che non sanno mai dire di no, per puara di perdersi chissà che cosa, quelli che si conservano e quelli che si bruciano in frettissima,
quelli che non indossano mai gli stessi vestiti due volte a lavoro, gli idrofobi e quelli che se danno la mano a qualcuno poi corrono a lavarsi.
Molte di queste persone le vedo tutti i giorni, io viaggio spesso e li incrocio, sono parte di loro, come dei virus che non ammalano ma si ammalano, ci aggiriamo e ci riconosciamo.

Faye Goddard.

sabato 10 dicembre 2011

Non resta niente


Non riesco a fare una fortuna con quello che ho
hai sentito?
C’è sempre qualcuno che lasciandoci ha trovato quello che cercava e ci ha lasciati soli, cambiando la sua vita, cancellando un po’ della nostra
delle tante ragioni che ci spingono a restare e tornare
forse la più importante non me la ricordo più
insistendo sempre sulle nostre ragioni, sul quoziente intellettivo di persona migliore che sei, sulla cultura di cui dubiti abbia valore
hai sentito?
Siamo rimasti indietro
passeggiando tra i nostri desideri illuminati 
osservandoli svaligiati come vetrine
illudendoci di riuscire a dire tante cose
coi nostri sogni avvelenati
non siamo rimasti che noi come ultime cariatidi di una generazione
non valeva la pena non volerci allineare
non ci saremmo mai riusciti
convinciamoci pure che comunque non ci saremmo mai riusciti
se non posso più  cantare una canzone per averti sempre vicino
qualcosa in me schiude
hai sentito?
L’hanno fatta finita
per sempre
e io non riesco proprio a fare una fortuna con quello che ho.

Faye.

giovedì 8 dicembre 2011

Meccaniche

cercherai di capire il modo
se c'è un altro modo
e le sveglie alle sei di mattina io sola sulla strada e nemmeno i cani
gli autobus stanchi
le cene del giorno prima
troveremo un modo, dicevi, um modo per tornare ragazzi almeno nelle intenzioni
un modo non troppo invasivo
e parlare seduti su un muretto senza dover fare niente di eccezionale
voler partire per Berlino oppure stare fermi
così fermi che le cose imparino a succedere per noi
e poi ti scrissi sul parabrezza della macchina
cerca almeno di non chiamarmi
ma tu non volesti ascoltare
e adesso siamo stritolati nella stessa morsa e io che cercavo solo di salvarti la vita
ma non capivi e pensavi che avevo smesso di amarti
come se fosse possibile smettere di pensare a qualcuno che per tanto tempo si è pensato
e adesso è un pensiero diverso certo, ma ogni tanto ti attraversa la mente
quanto meno per chiedersi che fine hanno fatto tutti
in lontananza le sirene della polizia
i profumi di caldarroste
le lavatrici a gettoni dei pakistani di Londra
mentre aspetti la fine del mese
o mentre qualcuno ti porta a lavoro.

Faye.

lunedì 5 dicembre 2011

Train

Camminavi sotto la pioggia con gli occhiali da sole, sperando che ti fossero lavati gli sguardi
mi hanno detto che hai smesso di guardare quelle stelle che pregavi col sorriso
e ti ho già chiesto scusa senza colpa, come le ferrovie, per i miei continui ritardi
e se ho lasciato le tue mani quando sognavo solo di scrivere su ogni cosa
a prescindere da me
io che volevo essere la polvere che tiene compagnia a quelle cose remote che un poeta meglio di me indicò come stanche d'esistere.
Ci siamo sparse per il mondo restando unite come le forze Sioniste, mentre cercavo di trovare a tante cose troppi nomi, senza saperti trattenere.
Mi piace pensare che nulla è cambiato e illudermi fragile che non c'è stato fiato fino a questa vita che sia andato sprecato.

Faye.

domenica 4 dicembre 2011

Fuga In Faye

La videro sulle rive del Liffey, mentre versava una pinta di birra nell’acqua sporca, il meteo parlava di sprazzi di sole a Dublino quel giorno, ma nessuno se n’accorse.  
Altri mi telefonarono da Parigi, dissero ho visto la donna che cerchi, quella col nome di uno dei grandi registi, solcando la Senna su un bateau mouche, col suo cappotto rosso e la sciarpa a pois neri, un battello lento sventolante bandiera Svizzera che rompeva secoli di neutralità distribuendo cioccolatini alla cannella.
Un telegramma dalla Danimarca recitava testuali parole “CRISTIANIA RIAPERTA –STOP- AVIAZIONE DI CARTA CONTRO LA POLIZIA- FAYE SCRIVE SUL MURO VERNICE ARANCIO SIAMO SOLO FUNGHI DEVIANTI- STOP“
Erano settimane che era scomparsa, una valigia piena di Kune Croate, la stanza dell’hotel Vesuvio setacciata dalla polizia italiana, una pistola di porcellana da un colpo solo, con cui aveva provato a  rapinare il Banco di Napoli, ma le era caduta nella cabina della banca cercando il cellulare, poi aveva dirottato  un Tir con gli occhi dolci fino alla frontiera.
A Barcellona una cartolina m’informava che aveva avuto la concessione comunale per esibirsi sulle Ramblas ma l’aveva ceduta ad un incantatore di formiche perché un mandato di cattura internazionale l’aveva portata ad un passo dall’ETA, un terrorista l’ha condotta a Granada e l’ha baciata sussurrandole all’orecchio il segreto di Garcia Lorca.
A Londra era uno squot vicino alla terza zona, a Bratislava s’inginocchia in una chiesa azzurra. Smisi di cercarla o almeno ci provai fino a quando un messaggio in una bottiglia giunta sul mio zerbino dalle mani di un amico comune diceva “TI PROMETTO CHE NON DIROTTEREMO UN AEREO PER LE HAWAII MA NON POSSO PROMETTERTI CHE NON FINIREMO A DORMIRE SU UNA BARCA O A SUONARE DAVANTI A UN  PUBBLICO RISICATO IN UN PICCOLO LIDO SU UNA SPIAGGIA A GENNAIO.
SO CHE TI TROVERO’, CONTINUA A CERCARE.”  

  

venerdì 2 dicembre 2011

Faye si asciugava le lacrime
ora  ora ora
non c'è molto di meglio se non riflettere sul da farsi e infondo lasciar perdere
correre
si potrebbe sentire come un dogma
e adesso
riesci a credere?
non si riusciva a pensare a niente di meglio e l'amore
esiste infondo e non lo si crede possibile
esiste e non è solo non dormire da soli stanotte
che esiste un modo diverso di stare
ma insomma
poco da credere
andare in un posto e non pensare che sia ora di tornare
mi prendi per mano e non mi lasci andare
tatuarsi le mani con frasi semplici
usarle e non aver bisogno di parole.

giovedì 1 dicembre 2011

Faye Goddard

Cerchi di capire dove sei finita, la gente che passa, che ti solletica nel letto, perché si fanno promesse.
Mi piace quando si torna, pensava, quando tutto è cambiato ed è meglio così
quando sembra passata una vita
e poi si dice che la vita è una sola
quando ci sono cose da dire e in ogni silenzio ci sono cose che non si possono dire
mi piacciono le cose che non si possono dire
e le chiamate che non si possono fare
mi piace quando si cambia casa
che ti sembra di essere spoglio
quando vai a fare la spesa per la prima volta e compri del vino che berrai da sola
brindando alle attese.
Perché si fanno le promesse, continuava a chiedersi, promesse su futuri migliori, come se fossimo capaci davvero di piegare gli eventi e le nostre emozioni.
Promesse di che poi?