martedì 31 gennaio 2012

Manifesto della Cina Cinese.

Chinese is nice è il primo pensiero della mattina e l'ultimo della sera
è un esercizio costante
è un pensiero fisso
come una canzone.
Chinese is nice è una lettera d'amore che si rinnova
sperando che lei la legga
di notte
ovunque si trovi.
Chinese is nice è un'opera letteraria a tutti gli effetti
e un giorno avrà la dimensione di carta che merita.
Chinese is nice è un esperimento di matrice massimalista
Chinise is nice è la storia di Faye Goddard e dell'uomo che la insegue
il margine di finzione è molto poco, il resto è tutta vita.
Chinise is nice era di due persone e adesso è solo di una
ma è meglio così.
Chinese is nice è una bella poesia
è un manifesto che si aggiorna
è un  giornale quotidiano
è una finestra sulla vita di qualcuno
abbastanza chiara per chi sa vedere bene
è settembre che ci porterà via
è un party a duemilacinquecento visualizzazioni
Chinese is nice è una delle cose che mi sia riuscita meglio di fare
Chinese is nice è un'idea di Anna Gesualdi
Chinese is nice è una cosa che mi piace tanto tanto fare
e mi sveglia dolce la mattina.

Faye Goddard..


Napoli. Barcellona. Faye Goddard.

Quelli della Merla sarebbero stati i giorni più duri da sopportare
tu che prendevi freddo voltandoti per tutto il tempo
come se volessi o solo ti aspettassi d’essere sorpresa alle spalle
tutto il male già dato
tutto il male avuto
tutto quello da fare 
la pace che cerchi per essere redenta
chiarirsi come se ci fosse ancora qualcosa da dire
le cose che non vuoi
tu che non sai mai cosa vuoi
e io che solo fingevo di saperlo bene
ti mancheranno persino le nuvole e le strade di questa città
che c’ingabbia col sole forte a gennaio
provare odio che non purifica
che non libera
che vincola
io e te era come dire
non mi senti e io non parlo
non eri libera e non ti volevi liberare
stesa per la paura e io che t’invitavo solo a riflettere sul Recovery.
Stavolta sarebbe stata Barcellona
l'ultima volta era stato ad Aprile e molti anni fa'
i documenti perduti
le corse al comune come a volersi sposare
e adesso riparto
non subito ma presto
presto come vivo adesso che non lo so se avrò tutto il tempo
a me che piaceva pensare il contrario
ma a quanto pare la gioventù si misura senza parsimonia
come una clessidra tarata male
come la sabbia asciutta tra le mani
che non si riesce a trattenere
mai.

Per Faye Goddard.

Vivere e Morire a Treviso. Teatro degli Orrori.

domenica 29 gennaio 2012

Capire quando un fiore contorcendosi ti assomiglia.

Le notti e gli alberghi, la voglia di non svegliarsi mai se non per continuare a bere, allontanare le ragazze che si offrivano al poeta reso innocuo dalla vita perduta 
lasciar entrare l’amico Lowry, con un vascello in bottiglia stretto tra le mani
l’amico Lowry che poteva capire, che scoprì solo dopo averlo così tanto desiderato e avuto che non sarebbe mai dovuto diventare famoso. 
Non si trattava solo di essere amici, in quelle notti in cui gli alberghi diventavano il covo degli incubi, si trattava di riuscire a capire o soltanto di saper tacere.
Dopo certe quantità si beve insieme come insieme si va al cinema, le luci si spengono e ognuno è da solo con quello che vede e riesce a capire.
C’era stata anche la guerra, Londra distrutta dai bombardamenti, La Cerimonia e soprattutto quel bambino, il corpo orbato e la cenere nel piccolo cranio. Dopo la prima morte non ne esiste un’altra. Ma nella mia testa risuona soltanto La forza che attraverso la verde miccia sospinge il fiore… E io sono muto per dire alla rosa contorta
Come la mia giovinezza è piegata da identica febbre invernale…
Forse perché i piccoli drammi e non le grandi guerre io ho sempre cercato nella poesia
forse perché parlare d’amore per me è stato sempre l’unico modo per parlare d’altro e d’altro fingevo di parlare tutte le volte che le parlai d’amore.
Non posso non pensare a quella fiamma di cherosene che l’avvolse, che lo portò al reparto per ustionati, l’uomo che aveva ingurgitato diciotto whisky in una sera, e pinte e pinte di birra per accompagnare, che si era ucciso affogando da dentro, continuando seppur a fatica a respirare. Nessuno sapeva cosa fare di quel corpo innocuo che si contorceva nel delirio, mentre invocava Caitlin e i suoi figli, e tutto ciò che stava per lasciare
era il 1953, “lo scrittore rivoltante da tre aggettivi per un penny” che rotolava la lingua nel silvestre linguaggio e in ciò che si riusciva a vedere nel tuffo panico, se sei nato e cresciuto nel Galles profondo ciò che diventi abituato a fare è ascoltare le foglie, bere dalle colline e capire quando un fiore contorcendosi ti assomiglia.

Faye Goddard.

Il suono di certe parole, nella testa. (Riflessioni su Dylan Thomas.)

sabato 28 gennaio 2012

Tropici. Ansia. Addio.

Rimasi sveglia tutta la notte
fumando sigarette
osservando il Tropico del cancro
e le cose che mi sfuggivano di mano
e più non avevo niente
più mi sentivo padrona
e libera
che non volevo vincoli
non mi persi gli attimi d'ansia
ma che svanirono quando riuscii a trovare le parole
per dirgli
ci lasciamo qui
è tutto finito
spero e ci credo molto
nella mia felicità.


Faye Goddard.

4:00 la luna traslocando non faceva rumore.

Trasmigrazioni e incomprensioni.

 Non mi dirai mai il tuo segreto, pensai, mentre tutta la pioggia di Gennaio  faceva la corsa sulla finestra. La pioggia radioattiva filtrata dai reattori nucleari.
L’asfalto si vestiva di pozzanghere all’uranio, costeggiando orizzonti termoelettrici.
"Se mi vuoi davvero, se mi desideri così tanto come dici, allora non rendere la mia vita bidimensionale.
Resta."
Le tue detonazioni sono conati d’immaginazione, scompari per poi tornare, forse, con una veste nuova, un corpo diverso.
“Potrei non riconoscerti, o non voler accettare che sei tu” dissi una notte che ancora l'avevo vicino. Faye vedeva metà della sua faccia illuminata talvolta dal passaggio delle sirene della polizia. Nella soffitta in cui ci rifuggiammo sembravamo al sicuro, ma per esserne certi di notte stavamo sempre con le luci spente. “Potresti non piacermi, lo capisci?”
Faye rise delle mie perplessità, aveva perso il conto dell’ultima volta che un uomo gli aveva detto le stesse cose.
Da quando aveva scoperto il segreto, il modo di viaggiare nello spazio reincarnandosi di volta in volta in corpi differenti, con vite differenti, non aveva fatto altro che spostarsi, continuamente.
Non gli era più riuscito di restare nello stesso posto e nello stesso corpo per più di un anno, un mese, addirittura, certe volte.
L'avevo pregata tante volte di rivelarmi il suo segreto, il modo di passare di vita in vita e non morire mai sul serio, ma Faye si era sempre rifiutata.
“Lascia perdere” diceva “non riusciresti più a vivere una sola vita, finiresti col vagare senza sosta, non saresti mai più semplicemente felice o triste, perché non ti riuscirebbe più di sopportare, attendere che le cose cambino, sarai sempre tu a cambiare, senza più saper aspettare.”
Non vedevo nella sua condizione una condanna, tanto più che puoi in ogni caso scegliere di restare.
"Non sempre avere una scelta ti arricchisce" disse lei.
Diceva che una vita tutta intera è un viaggio nel tempo più che accettabile, più che onorevole.
Eppure ogni volta avviata la sua personale ciclicità, di lei non restava che movimento di particelle.


Su Faye Goddard.

The man who sold the world. David Bowie.

giovedì 26 gennaio 2012

Il migliore degli anni 20. Le utopie di Galeano. Il freddo e le malinconie.

Non avrei voluto riempire anche questa casa di libri
avrei voluto mantenere lo spazio vuoto
per essere più leggero nei passaggi
ma pagine è quello che respiro
è quello che afferro tutte le volte che allungo la mano
quello che faccio cadere
che siede sulle mie sedie
"apriprò una libreria il giorno che mollerò questa cosa dello scrivere
come passivo e attivo
per restare comunque in contatto con quello che mi piace" dissi
ma sapeva troppo di ammutinamento già mentro lo dicevo
così mi persuasi ancora
che sarebbe stato tutto o niente
che sarebbe stato tutto
che non sarei stato uno scrittore
ma il migliore
il migliore degli anni venti
altrimenti tanto vale lasciar perdere
ho solo i miei sogni per farmi piacere il mio lavoro dimmerda
ho solo i miei sogni per avere ancora la forza di pigiare i tasti
per uscire la sera
e innamorarmi ancora della prima sconosciuta incontrata per caso
per farmi piacere così tanto questa vita
che fa di tutto per farsi odiare
complicata come una formula
come una cellula e le utopie di Galeano
e tutti i miei processi all'intenzione
i tuoi vorrei ma non posso
i devo pensare ai miei che invecchiano
e tiriamoci via insieme dalla malinconia
che questo inverno del dodici pareva proprio una guerra fredda
non ci rinunciare ti dico
se non ce la facciamo adesso credimi
non ci sarà più spazio
e resteremo a prendere freddo nei nostri
chissà come sarebbe stato se...

Faye Goddard.

Piromani. Le luci della centrale elettrica.

Correva sul cuore del rumore.

Certe vite, quando si spezzano, non sono roccia o acciaio, ma come Maggio non fanno rumore quando succede. Voi forse non ve lo ricordate, ma io Lester me lo ricordo, era un disastro, sul serio, ma rimanemmo amici anche quando, verso la fine, diventò come quelli cui devi dare una guerra da combattere se vuoi che respirino.  Per vivere faceva il critico musicale, oggi le sue recensioni sono state raccolte in grossi volumi e non sono più considerate semplici pezzi per fanzine. Non c’era cosa che tu potessi pensare o dire che lui non avesse già pensato e scritto meglio di te, ti veniva voglia di attaccarti i fogli al collo come un Sambernardo, per citarlo e risultare altrettanto brillante. Gli è sempre dispiaciuto non guadagnarsi il rispetto come musicista. Sarebbe stato meglio mentire dicendogli che non sapeva scrivere, piuttosto che dirgli la verità col fatto che come cantante non valeva una vacca indiana, lo avresti ferito. Parte del problema era la consapevolezza, molto dell’incanto svanisce quando conosci bene gli ingranaggi. Il suo eroe era Lou Reed. Stessa cosa Peter Laughner, che più tardi fondò i Pere Ubu, prima di esserne buttato fuori. Lui di Lou Reed ci era morto. Si disse pancreatine, ma noi sapevamo che era per Lou tanto quanto la diagnosi di Elvis era stata PANINO. Volevano tutti essere Lou Reed, ma tutti si sono fatti male, tranne Lou. Quando a Lester toccò intervistarlo si ubriacò che non riusciva a stare in piedi. “Com’è Lou?” gli dissi, “una testa di cazzo, UNA GRANDISSIMA TESTA DI CAZZO!”
In ogni caso la sua onestà non gli impedì di cambiare idea su Metal Machine Music. Aveva trentaquattro anni quando morì, era pieno di Darvon ,Valium e alcool. Sono sicuro che non intendeva uccidersi, anche se non era gran che felice negli ultimi tempi. Ci sono degli anelli spezzati in ogni generazione, la mia, quella prima, la vostra, il mio si chiama Lester Bangs.  

Faye Goddard.

(Biografia in 30 righe di uno dei miei miti di sempre. Lester Bangs.)

martedì 24 gennaio 2012

Come Einstein con la relatività









Diverse volte la sua vita aveva avuto a che fare con i vermi, come quando da piccolo insisteva che come il cane anche lui li aveva nella pancia, che aveva mangiato qualcosa di guasto e gli si erano moltiplicati nello stomaco. Oppure come quella volta che era entrato di notte in un negozio di articoli di caccia e pesca e non si era accorto che il negozio stava sbaraccando, così  non ci aveva trovato altro da rubare se non sei chili di esche vive. Poi venne da me perché lo aiutassi a piazzarle. Era convinto che ci si potesse ricavare, vendendoli a metà prezzo, di notte sul lungo fiume, ma non sapeva che bisognava metterle nel frigorifero e divennero mosche prim’ancora di dividerle in sacchetti da cento grammi, come aveva visto fare agli spacciatori alla tv. Alla fine divenne famoso come Verme, se dicevi Mario nessuno capiva, ma se dicevi Verme allora era diverso. I tossici sono come i tassisti: ingannano le attese raccontandosi storie, non importa che siano idiozie, importa farsi una risata e non pensarci. Un’altra delle sue cazzate era che la religione cristiana è basata sull’incesto. “Maria è la donna di Gesù” diceva, e più gli dicevi che era una scemenza più lui si convinceva che era logico e che il limite stava nel linguaggio, come Einstein con la relatività. Diceva anche che dopo dieci anni di eroina era come la groviera e gli unici buchi che non si era fatto da solo li aveva sulla faccia, sul cazzo e il buco del culo. Questo era vero. Alla fine smise di farsi e diventò buddista, o forse prima si convertì e poi smise, non è importante, importava solo che non fosse più carne da cannone in una guerra incomprensibile. Se gli chiedevi com’è che non ti fai? Lui diceva solo: “sono stanco di farmi prendere in giro dai preti.”

 Faye Goddard.


Il niente.

Avere trent'anni oggi.

Il treno che singhiozzava di notte, lungo i binari che luccicavano per la brina
e quando scoprii nel passo del clandestino il mio stesso passo
mi sentii veramente sola e veramente sfinita.
Le luci elettriche, gli sguardi al neon
e tutta la clandestinità dei senza fissa dimora
tutti che ci vogliono ospitare e nessuno che ci può trattenere.
Andare in inter rail lontani dall'euro e scoprire che comunque le sigarette costavano troppe rupìe
lasciare il lavoro senza niente da perdere
come quando mi spremevo le meningi, fresca di laurea, per tramutare Dublino Nord
in una megalopoli piena di opportunità.
La giovinezza che ci illudeva di avere solo bisogno di slanci adatti
negli anni in cui ci spiegavano la crisi sulla busta paga
sperando di non ritrovarci veramente glamour nelle pareti a specchio
smunti come le schiave di Vogue
con i piatti in mano a fare le cavie per la Fao
ricordandoci di quel passato
che come in un paese straniero
le cose si facevano in un altro modo
forse lo zero non era solo negli anni
stipati in macchina
dividendo tutto
e non pensarci, se non per ridere
almeno stasera
abbiamo la forza necessaria per trasformare questa città in un'altra cazzo di città.

Faye Goddard.

Rumori del treno. devo comprarmi un ipod.

lunedì 23 gennaio 2012

XII


Una notte, in piena notte, ti svegli e non ci credi.
Puoi dormire.
Si, il tuo cane è morto.
Tuo fratello è scappato.
I tuoi genitori sono morti.
Non hai più una sola ragione per continuare a vivere.
Semplicemente lo fai.
Respiri.
Ti svegli e pensi che solo ora che non hai più niente sei davvero inattaccabile.
Penso che ora che Billy Boy non c’è più, la mia notte è nuovamente serafica come quando ero bambino.
Si crede che la fanciullezza sia una mondo dorato, ma così è solo come fingiamo di ricordarla.
Questa è la tessera della memoria che idealizziamo per farci un’idea di come ci si deve sentire.
Credo che il bambino abbia tutte le caratteristiche dell’adulto solo in un corpo più piccolo.
Soffre di solitudine e gioisce e si sente ferito e colpevole allo stesso modo di quando cresce.
Nessuno da piccolo è più felice o infelice di quanto non lo sia da grande.
Si sostituiscono solo i motivi dell’affanno, non l’affanno in se.
Billy Boy si era avventurato nella cella frigorifera.
Ci si era spinto tante altre volte.
Era una cosa di cui si vantava.
La cella frigorifera era distante e insonorizzata.
Non sapeva che io stavo sui suoi passi.
Quando entrò girai la maniglia della porta così che non potesse uscire.
Lo trovarono morto lì dentro dopo due giorni.
Quando si accorse dello scherzetto si affacciò all’oblò e vide la mia faccia.
La mia faccia impassibile.
Senza espressione.
Non gioia.
Non compassione.
La stessa faccia di un giudice che emette la sua sentenza e che sa che sta facendo la cosa giusta, benché brutale.
La sua faccia deve esprimere imparzialità.
Sapevo che certi contadini erano soliti separare le mele le une dalle altre avvolgendole nella carta, così che se una marcisce non finirà col guastare pure le altre.
Questo era pressappoco quello che avevo fatto io.
Il principio di cui mi ero avvalso.
Non potendolo accartocciare, lo avevo congelato.
Muori.
Quando uccisi Billy Boy provai lo stesso senso di colpa di quando si uccide una zanzara.
Praticamente nullo.
Piuttosto ti dici: ”Ben fatto.”
Ora dormirai.
Più tardi la cosa fu insabbiata per non scatenare un inutile scandalo.
Era un figlio di nessuno, un orfano.
Nessuno lo voleva.
Nessuno lo avrebbe reclamato.
Lo avevano portato lì in fasce e nessuno era mai venuto a reclamarne il possesso.
Quando nessuno ti vuole, non sei niente.
Così arriva quella notte in cui dormi dopo tanto tempo e non ci credi.
Una morte impunita scaccia il ricordo di un’altra morte impunita.
Almeno per un po’.
Chiodo scaccia chiodo.
Almeno per un po’.
E così aspetti.

Tratto da Replicare. Romanzo. Pier Angelo Consoli.

Di guerre civili e altre guerre

Quando finalmente si fece vedere teneva nascosta in una borsa di pelle una pellicola originale firmata da Bunuel.
Mi disse che parlava di Franco, di come era morto veramente.
C'erano persone che la stavano cercando e altre che la stavano aspettando.
Si doveva fare in fretta, ed era pericoloso stare fermi.
Camminando lungo la Gran Via mi parlò della Guerra Civile, di come fosse cambiata, di come non fosse mai finita.
Mi disse che stavano cercando di ripristinare la Falange, e da quando avevano smesso di portare una divisa questi uomini erano molto più pericolosi.
Ero molto preoccupato e non capivo il senso di farsi immischiare in cose tanto più grandi di lei, cose di gente che non le apparteneva, ma fu come il vento che si aggira tra i palazzi cercando casa quando tenendomi legato ai suoi occhi mi disse "lascia che sia mio padre a chiedermi di essere ciò che io non posso essere, e non cercare di capire quello che nemmeno io riesco a capire bene, c'è già mia madre che sente molto il tempo e mi guarda allibita."
Quando arrivammo al'Hostal Madrid, un posto gestito da cileni che avevano chiesto e non ottenuto asilo politico ai tempi di Augusto Pinochét, mi disse che aveva una stanza al secondo piso, con le bandiere fuori, che dava sul museo del Jamon, che qui sarebbe stata al sicuro. Stava aspettando i documenti falsi, poi sarebbe ripartita.
Dal canto mio avrei fatto meglio a tornare a casa, "il che non significa niente" disse "solo che mi è cara la tua vita."

Su Faye Goddard.

Il rumore della macchina per scrivere.  

sabato 21 gennaio 2012

Hostal Madrid

Per quanto mi riguarda Madrid sa si Brugal
e quel venerdi mattina in cui mi svegliai verde.
Ci buttavamo in strada tutte le sere verso l'una
la via ventosa
il palazzo Telefonica
la prostitute davanti alla questura
la movida che si arenava nei locali
il 13
e aspettare che fosse ora
per chiuderci dentro e continuare a bere fumando
e poi uscire dalla porta sul retro e cercare altre strade.
La missione era colonizzare i bar
liberare i tori
almeno in parte l'abbiamo assolta.
Essere ancora in fuga e progettare altri spostamenti
che finivano con l'incastrarsi come le matriosche russe.
 E' stato un viaggio di prime volte e ognuno aveva le sue.
Passammo molto tempo a chiacchierare
conoscerci meglio
non essere estranei.
Ci avevano detto del freddo
noi trovammo il caldo
qualcosa di freddo in ogni caso
mi pareva restasse.

Faye Goddard.

Musica Indiana dalla filodiffusione. Molto stile Bolliwood.

martedì 17 gennaio 2012

Prove pre viaggio (Fuga in Faye N°3)

Ormai nemmeno più la disfacevo, così sempre in bilico
senza progetti reali
solo presente
la valigia dormiva un occhio alla volta
come i camionisti
per chi come noi era sempre sul piede di guerra
pareva proprio dovessimo avere una battaglia da combattere
per aver voglia di respirare ancora.
Madrid mi teneva a distanza con la neve
ma era tardi ormai e non restava che andare
andare a cercarla
e la speranza che l'avrei trovata
che mi stesse aspettando.
Non ho mai riflettuto abbastanza
Non me l'ero andata a cercare Faye Goddard
mi era caduta addosso
io a un tavolo a Parigi
lei due tavoli più avanti
una borsetta e una sigaretta
una vecchia ereditiera nel mezzo
avevo preso a seguirla
e la seguo ancora.

Per Faye Goddard.

Mourir pour des idées. Georges Brassens.

Tori per le corna. quattro mani per il coraggio.

Una volta Faye Goddard mi disse che per fare della propria vita un romanzo bisogna saper afferrare i tori per le corna e avere quattro mani per prendere il coraggio
"ci sono decisioni che non si possono delegare o aspettare che sia il tempo a prendere per noi."
Era difficile non sentirsi coinvolti dalla sua convinzione. La sua fede da fondamentalista nella riuscita sapeva di escatologico, era quasi contagiosa.
Le si riconosceva facilmente il talento.
Qualunque cosa, o situazione, anche banale, assumeva sfumature poetiche. Ridisegnava scrivendo, o semplicemente parlando, talvolta pareva solo una questione di toni, di suoni.
Uno dei motivi che mi spingeva a starle accanto era che sapevi che un giorno qualcuno sarebbe venuto a chiederti di raccontargli di lei, di ricordare cose fatte insieme. Ci sarebbero state biografie e mostre fotografiche e tu volevi essere coinvolto.
Non c'erano ancora segni che questo sarebbe successo, ma era convinzione comune che era solo questione di tempo. Faye Goddard è quando si dice, non è facile da spiegare. Restare nella sua orbita ti faceva sentire Dora Maar con Picasso, Lilja Brik con Majakovskij. Ti faceva sentire parte delle storie che studi e che ti piace ascoltare.
Fumava e beveva così tanto che si sarebbe potuto credere che si volesse male, la verità è che certe persone hanno il dono dell'insaziabilità. Sapeva innamorarsi perdutamente molto in fretta e disamorarsi con altrettanta spiazzante rapidità, voleva essere ovunque e fare cose che mai gli avevi visto fare, ma nonostante i suoi tempi stellari, non potrai mai dire che Faye Goddard sia già morta quando la vedi. 


Su Faye.

In ufficio: i passi e le voci sono canti carcerari.
"Ho combattuto la legge, la legge ha vinto." 

domenica 15 gennaio 2012

Indizi: Manolete.Un drappo rosso. Morte nel Pomeriggio.

E così Faye era scomparsa.
Ci sono cose cose che seppur reiterate finisce che non ti ci sai abituare.
Ma non mi sarei arreso. Ci sono evidenze che ti piace immaginare meno evidenti.
Avrei lottato ancora, non c'è niente da fare, ho la testa dura,
quello che sono a volte urla così forte che non sento quello che dite.
Gli amici mi dicevano che era assurdo, stavo facendo ancora la valigia, mi preparavo a partire per Madrid, senza nemmeno sapere dove andare, o se avessi capito bene.
Faye mi aveva lasciato una foto di Manolete, un drappo rosso e una copia di Morte nel pomeriggio, di Hernest Hemingway.
Qualcuno mi aveva dato del cretino, seguire così una donna, con tutte quelle che ci sono al mondo, poteva essere bella, mi dicevano, figurati, ma è pur sempre una donna.
In linea di principio potevo anche capire la loro posizione, ma come spiegare a chi non lo prova che Faye Goddard è come gli organi che hai dentro, anche se non li vedi, sai che ti permettono di vivere.


Su Faye Goddard.

Sono le 6:45. i 4,33 minuti di silenzio che J.Cage non trovava, abitano qui.

Confessioni di Faye.

Ti confesserò che non mi so difendere
e non lo voglio nemmeno
sono fatta di carta
si scrivo
e questo non è un sogno
spremerci dei soldi questo è il sogno
lascerò segni d'inchiostro su tutte le labbra che mi sarà concesso di baciare
per questo mi metterò sempre nei casini
senza corazza
gioco con la mano sul cuore come Beckenbauer
quello che volglio io è che torni aprile
quello che voglio
è svegliarmi domani
fumare una sigaretta
bere il caffè
fumarne un’altra
e poi scrivere.
Quello che voglio adesso
è dormire
è qualcuno che mi tocca
che mi ripeta
che non sono finita
quello che voglio io
è una vita tale e quale a questa
che finisca il freddo
che torni aprile
per starmene con le maniche corte ai concerti
con le cicatrici che si vedono
esibire le borchie che mi arrugginiscono le braccia sotto la doccia
che mi stingono i polsi.
Voglio bere un altro po’
e alzare il volume dell’amplificatore
suonare la chitarra
e cantare male male male.
Voglio non pensare al futuro ma sapere che ce l'ho.

Faye Goddard.

Senza musica.

Noi davamo la caccia al giovane Munlingan per farlo fuori.


Aveva occhi deboli, occhi da donna, occhi che non si scordano di piangere certe volte.
Avevo lasciato a casa i grossi occhiali da aviatore che mi piaceva abbinare alla sciarpa rossa.
Il vento copriva l’intera baita e non riuscivo a tenerli aperti. Di tanto in tanto folate di vento trascinavano il tuo boa verso di me, tenendolo steso come una bandiera, sembrava un terzo braccio preso in Carnaby street, un braccio rosa che cercava di tenerci stretti senza riuscirci.
Munlingan era in ritardo.
Sembravi calma come un mare in cartolina, decisa a farlo, e io, del resto, non ho mai avuto la forza di fermarti.
"Fortuna che non hai portato il cappello", dissi, cercando di stemperare la tensione buttandola sul ridere.
I tuoi occhi mi congelarono le parole, non avevi voglia di ridere, né di stemperare, il viso arrossato e un guanto amarena. "Forse non verrà",disse Faye, ma intanto non lasciava la pistola nascosta nella borsa che cadeva soffice al suo fianco, come un pistolero che aspetta il suono del campanile per estrarla per primo a mezzogiorno.
La giostra cigolava poco distante, il vento l’attraversava come un albero di ferro coi sedili. I giostrai non sarebbero venuti quel giorno e dopo un’ora di attesa Faye Goddard parve stanca e vi si sedette per pensare.
" Forse ha fiutato qualcosa e non verrà" dissi. Ero come sollevato, fin dal principio avevo sperato che Munlingan non si facesse vivo, che stramazzasse sul divano di casa o in una qualche bettola fuori città.
La vendetta è un sentimento atavico che cova sepolto in ognuno di noi, Faye non mi disse mai perché era lì ad attenderlo e io non ho mai avuto la forza di insistere. So che c’entrava suo fratello e il fatto che fosse morto con una siringa nel braccio che forse proprio Munlingan gli aveva passato.
Mi sedetti anch’io alle sue spalle e restai a fumare per qualche minuto, senza fiatare, con gli occhi tesi verso il mare e i gabbiani che guaivano in cerca di cibo da raccattare. Avevamo poco più di trent'anni, Faye e io, e quel giorno la nostra vita sarebbe potuta cambiare per sempre.
Io non ci volevo credere e in qualche modo fui premiato.
Faye si alzò dando un calcio a una pietra che finì vicino al banchetto con la scritta cassa che di sera diventava luminosa per dar vita a una festa, anche se ormai non c’erano più molti bambini pronti a prendervi parte.
La stagione delle giostre era finita, come quella delle fiere e del circo e noi davamo la caccia al giovane Munlingan per farlo fuori.       

Faye Goddard.

Suona Rosamunda. Vinicio Capossela.

sabato 14 gennaio 2012

Ultimamente di notte capita.

Mentre mi parli tu prova a prendere freddo
le luci a intermittenza sopra i garage
i colori del neon
le ombre lunghe
e non ti muovere
la tua testa sulla mia spalla
e tutte le cose che non si potevano dire
per non rovinare tutto
l'Ulisse di Dante
le Colonne d'Ercole
e tutti i baratri di Gòngora
le vertigini che ci abbracciano
tutte le volte che pensi di avere salde le mani sul futuro
come barche sulle montagne
le conquiste inutili
le canzoni dai locali
le lezioni di francese di mattina troppo presto 
il vino bianco
le cose che non possiamo decidere
come il cuore che ancora ci sa battere forte
le persone che ci vogliono cambiare la vita
la vita che è mia
e mi fido abbastanza da lasciarti sbandare
le passeggiate ad angolo acuto
le sigarette
e ci vediamo domani
le nausee a mezzogiorno
come essere incinta di birra.

da Faye a Faye.

40 secondi di niente. Verdena.

Affogare le poesie.

Dal canto mio avevo ormai smesso di scrivere poesie e quando mi capitava di esaltarmi in poche righe finivo con l’affogarle nella prosa, come un infanticidio. Immaginavo che la vita talvolta mi si potrebbe persino spalancare lasciandomi vedere cosa porta dentro il mio nome, con la bici nuova, cappello e cappotto come al solito, nel freddo che ha compromesso la mia faccia, la vita mi si potrebbe persino spalancare, lasciando scalciare cosa porta dentro il mio nome, nel freddo che mi ha compromesso le mani, le pedalate che non sono più io, avrei persino timore di cosa porta il mio nome. E questo è quello che l’inverno porta per me.

Faye Goddard.

Con le parole che vengono dalla cucina.

venerdì 13 gennaio 2012

Partire.

andiamo tutti a Parigi
e non sembrava nemmeno così impossibile
sembrava logico fare una brigata
e chi valeva la metà di noi disse che aveva avuto una casa dal governo
e certo che c'era una fregatura da qualche parte
non eravamo così stupidi da fare domande di cui sapevamo la risposta
ma forse le fregature sarebbero state incentivi
per noi la cui creatività ci usciva dagli occhi
e mi dicevi "hai gli occhi rossi"
credo sia il vino o il sonno ti dissi, ma forse erano solo le cose da dire
da scrivere e da disegnare
le cose che volevo ti conquistassero davvero
ti dissi di Bulgakov
tu che dicevi
o l'amore sboccia o non sboccia per niente
e io che m'illudevo d'essere polline
e tu che dicevi non scrivere mentre parli ti prego
che poi sono costretta a disegnarti
e io ne sarei solo stato lusinghato
da dove vieni tu? mi chiedevo
da dove sei uscita?
e non c'erano risposte
davvero
e che risposte volevi avere?
volevi dare?
ma intanto ritornava l'idea di muoversi e basta
che era una cosa che ci faceva giovani ancora una volta
e giovani lo eravamo
e non fottuti come gli altri volevano farci credere
troveremo i soldi e le motivazioni e se non i soldi avremo comunque le motivazioni
vedrai.

Su Faye e cambiare vita.
Un campo lungo cinematografico. le luci della centrale elettrica.

giovedì 12 gennaio 2012

Seguire un bambino. Un'idea.

Uscii presto di casa, il tempo non prometteva niente di buono. Faye era sepolta sotto le coperte ed ebbi come la sensazione molto forte che non l'avrei trovata al mio ritorno.
Faye sarebbe stata capace di seguire un bambino e un'idea e di darle retta fino a rifarsi una vita.
Era così facile per Faye Goddard ricominciare, e tutte le volte c'era un altrove che diventava la sua casa, e un qualcuno che diventava il suo amante e qualcos'altro il suo lavoro.
Era una nuvola Faye Goddard, una nuvola capace da sola di coprire il Sole
così presi l'ombrello anche se non pioveva e alzai il bavero del cappotto.

Per Faye Goddard.

 In silenzio, solo il rumore dei tasti, che tutti dormono ancora.

Rondoni. Edera. Dresda.

Faye emigrava sempre a gennaio come i rondoni, e io le dissi aspettiamo la primavera, come Bandini e come tutti i poeti Beat, "come potrei lasciare questa città in primavera" disse "so che non ci riuscirei."
Eppure ero convinto che questa città non fosse capace di trattenerci, per tutte le mattine che ci eravamo sentiti inutili, come merce avariata.
Per sua fortuna Faye Goddard non si era mai protetta, così entrare nella sua vita era stato come entrare a Dresda la mattina del 15 febbraio del 1945, c'erano delle macerie, bisognava farci i conti.
Intanto avremo speso le nostre attese in monete di ricordi, con la speranza che si faceva sigarette. Avrei gettato il mio cuore nei cortei di Buenos Aires, come ai tempi delle Malvinas, pur di averne ancora un po', pur di riuscire a restare stretto a lei ancora per un'ora, un giorno, ma sapevo che Faye Goddard era come i soffioni, non puoi sapere fino a quando anche solo poco vento arrivi a portarla via. Mi sarei ritrovato ancora come un prato senza margherite, io che sono l'edera e Faye la margherita, lei che era da cogliere e io da sradicare.

Per faye Goddard.

Col suono degli antifurti che vengono dalla strada.

mercoledì 11 gennaio 2012

Il tempo in cui si decide cosa fare.


Ascoltavo Morrisey ed ero solo un ragazzo
cullare il corallo era obbligatorio nel tempo in cui si decide cosa fare
oh credevi fosse dolce essere nel fiore
ma lo pensa solo colui che passa
colui che non può più tornare
e poi mi stupisco
del fatto che sempre mi stupisco
che ci si possa chiamare  felici ogni volta tanto in fretta
mentre ero al colmo di una solitudine indicibile
“che razza di gazza potrebbe portarmi via la vita?”
Dicevi
Ma hai visto che fine ha fatto la regina?
Un giorno lasceremo che la pioggia ci ispiri
che tutto sia fecondo
e non banale come il lilla
oltre oltre oltre ogni nostra catarsi catastrofica
oltre te e me
Oh quanto eri ingenuo credendo che fosse dolce essere nel fiore
non capivi che certe gazze sono lì apposta per portarti via da me, via dal paesaggio rurale e dal villaggio andino dei tuoi occhi di Circe che fanno porci gli uomini.
Oltre oltre oltre la fine che fanno i suoni dei catini ricolmi
oltre te e me
oltre quel ballo di fiammiferi che la gente si ostina a chiamare
l’amore della mia vita
oh credevi amore mio
che fosse dolce essere nel fiore
ma ti sbagliavi come chi crede che il sud sia dalla parte del muschio
hai visto che fine ha fatto la regina?
verrà il giorno in cui lasceremo che la pioggia ci ispiri
chiusi in pub in vetrina
lasceremo che le gocce ci insegnino finalmente la punteggiatura
e non saremo più nel fiore
banali come il lilla
oltre oltre oltre la fine che fanno i suoni dei catini ricolmi.     

Faye Goddard

I know it's over. The Smiths.

Il Diavolo, probabilmente.

E poi mi alzavo presto e non andavo a lavoro per inviare messaggi in una bottiglia
con su scritto Chinese is nice
e chissà se molte non sono veramente arrivate nello Yangtze
creando dighe artificiali e sciagure
grandi solo come avvengono in Cina o in America Latina.
Faye era stato un fantasma
un'ossessione
l'avevo cercata ovunque
lei che sapeva soprattutto sfuggire e non promettere
per non arenarsi
per non essere costretta a mantenere
Faye è la parola data che non viene data mai.
Ma era la ragione di una vita che io volevo vivere
troppo l'avevo cercata
e molte l'avevo sfiorata così che rimanesse qualcosa sulle dita
Faye cui l'amore toglieva dieci anni di dosso tutte le volte
che faceva patti col diavolo agli incroci
seppellendo ossa e fotografie
carneficine di gelsomini
rivoluzioni copernicane
prove diagonali
seguendo traiettorie diverse
per non farsi colpire mai.
Faye e il passaporto falso a nome Clarisse
tenuto sempre in tasca come a dire
sono pronta per partire.
Poi un giorno mi capitò solo di aprire gli occhi più forte
tenere stretto più forte
sentire più forte
e fu così che scoprii che anche se partiva
Faye rimaneva.

Per Faye Goddard.

Direzioni diverse. Teatro degli Orrori.

martedì 10 gennaio 2012

Ho trovato Faye

te l'ho promesso e poi vai
dove vuoi
bevuto ho bevuto
e insomma
te l'ho detto
non so niente di te e questa è la parte interessante
trovare Faye e scoprire che come la vita
si allontana
tutte le volte che la credevi veramente vicina
può succedere
e ti sobbarchi tutta la malinconia
qualora venisse
e non è detto che venga
ma insomma
se dovesse venire anche solo una sera
sarebbe valsa la pena
provare
tutta la gioia
e poi
non sono che un uomo
Faye Goddard
aveva gli occhi del colore più bello che avessi mai visto
lei che s'innamorò delle ferfalle e dei pesci tropicali
tanto da volerne fare vestiti
e l'Africa che era Faye
e la Francia lo era stata
e io che mi sentivo sormontato da tutto
e ci volevo essere
e esserci anche solo per un secondo
valeva la pena
ero incerto e lo sapevo
di condannarmi la vita
all'idea che per una volta sarebbe rimasta.

Per Faye Goddard.

Solo col silenzio stavolta e altri odori che sono solo i miei rumori.

Vita tua a voi due.

Ti ho chiesto di restare e forse ti ho chiesto troppo
che altro non volevo che tenessi stretta la tua vita
la felicità che ti spetta
te l'ho chiesto due volte e mai una che recitassi
che il cuore muore tutte le volte
e mi passava l'ansia
e poi progettare futuri migliori
a Parigi o dove ti pare
abitare su una di quelle barche il cui nome non so pronunciare
e far finta che non ti conosco
e rincorrerti sul lungoSenna e dirti aspetta
mentre piove e il trucco si scioglie
che in questa scena nella mia testa non ci piacciono gli ombrelli
e capire chi sei tutte le volte e capire a che punto siamo
attraverso le facce carine che fai.
Capiresti che sono gentile se solo restassi
ma non nel modo che abbiamo finito col pensare
gentile nel dirti non andare
ma se vuoi andare vai
aspetterei
come sempre ho saputa fare che torni
tutte le volte che una cosa felice cade.

Per faye Goddard.

Riot Van. Arctic Monkeys.

domenica 8 gennaio 2012

troppe sigarette.

Accorcio la mia vita perché è mia
perché quando me l’hanno regalata era di una taglia spropositata
che sembrava la vita di qualcun altro
e mi sentivo come un pagliaccio a trascinarla in giro
a disagio davanti a tutti
mi sono fatto sarto perché non mi stava addosso
accorcio la mia vita esercitando uno scellerato possesso
un capo prezioso che ho voluto indossare tutti i giorni
a letto, a lavoro, a passeggio
come se fosse di vera pelle
che quanto più si sgualciva io mi ci affezionavo
l’ho fatta così perché mi piaceva un sacco e mi piace ancora
così corta mi rappresenta
così corta e fuori moda
così corta
e ancora ci taglio dei pezzi e ci ritorno ancora
e non la lascio in pace
mi piace
rivendicando il diritto di allargarla
quando il collo a tubo mi soffoca
quando mi appare insopportabile.

Faye Goddard

Il compleanno di Andrea. Afterhours.

sabato 7 gennaio 2012

di L.

L. e il Samba
L. e i treni passati e la paura di rincorrerli ancora
L. che pensa che sia troppo tardi
lei dice pesante io dico profonda
L. come un nome che usavo spesso nei racconti
L. e la voglia che non ci sia tensione
L. è parole digitali
L. e i caffé
le vie di fuga in una stanza, il freddo all'aperto e i miei vestiti troppo leggeri
L. che quando balla si ferma il fiato e poi riparte
che si è scordata di quando era più sogni che viva
che ci è andata vicina ed è convinta che sia passato troppo tempo
mentre io vorrei che ripartisse a sperare
L. che si sbilancia e poi si ritrae
L. e la voglia di lasciarsi andare, cambiare vita, trovarsi e capire chi è
L. che scrisse la sua storia di una ballerina
e poi non l'ha finita.

Faye Goddard.

Can we still be friends, Todd Rundgren

mercoledì 4 gennaio 2012

Non torno. mi dipsiace

Dirai tu a mia madre che se sono stata via tanto a lungo era perché cercai di trovare quella pace che sempre manca
per trovare una piccola luce che mi teneva sveglia
per essere presente
dirai tu a mia madre che mi dispiace tanto
che non ho voluto ferirla mai
ma dovevo perdermi come solo ci si perde in una città enorme
in una nazione o nella vita degli altri
e che se i miei occhi spesso sono stati tristi
era per un remoto senso di colpa
che provai a cancellare
dille che ho conservato un pensiero tenero
che proverò a tornare ma non posso fare promesse
che non c'è mai stato dubbio sulla tenerezza.


Faye Goddard.

I'll try anything once. The Strokes.

Roulette Rouge.

Quando si comincia non è mai detto che si finisca.
Restare, “non so se potrò tornare” disse, mentre lei lo osservava sbiadire.
Parlò secco come fogli di balsa che si spaccano all’improvviso, pezzi al vento.
“Non so se potrò tornare
“se mi sarà concesso.”
In questa sua vita Faye si era convinta che l’amava.
Adesso andava, con la salsedine negli occhi, l’inverno che incalzava, sembrava un gioco, ma non lo era. Sarebbe stato stupido qualora lo fosse stato.
Le onde sbavavano sugli scogli, il vento le lanciava come su l’altalena.
Non c’era nessuno intorno che potesse vedere, non un testimone, oltre me e Faye.
Mi fidavo di lei e se Faye non si mosse per fermarlo io stesso rimasi immobile.
Ci sono volte che sono dagherrotipi che poi potrai deformare nella mente,
che non ti faranno dormire.
Fece quattro passi verso l’acqua, lei stette a guardare.
Tirò fuori la pistola, era piccola che spariva tra le dita,
una pistola da un colpo solo, che non deve fallire.
Nemmeno volle pensarci un secondo, l’appoggiò ai capelli e la sua anima prese fuoco.

Faye Goddard.

Un Annèe Sans Lumière. The Arcade Fire.

domenica 1 gennaio 2012

Vopos.Gorz.Righeira.

Si affida il proprio dramma alle pagine perché queste ti tolgano di peso dalla strada, ti salvino i polsi e ti disinfettino le siringhe.uno scrittore è un pioniere dell'ego, che sbriciola poco alla volta con parziale incoscienza tutta la verginità dell'orizzonte che si appresta a violare.
Uno scrittore è una stella e come tale ha un tempo disumano, mentre lo vedi forse è già morto e quando non lo vedi è forse perché non è ancora nato. Amando il tempo non passa se non vogliamo che passi, e per due persone indissolubilmente legate oltre il tempo l'unica pena è sopravvivere a ciò che si ama di più al mondo, come insegna la favola Peynet dei coniugi Gorz.
E noi che pensiamo alla felicità in ascesa
sentiremmo la commozione
quasi travolgerci quando una cosa felice cade.
Se si tratta di venire a vedere come stai, portarti un’aspirina ricevendo una carezza e poi tenerti stretta contro il vento che viene dal mare, per coprirti le spalle varrà la pena la galera, varrà la pena rifondare Berlino Est e uccidere Kamprad, arruolarsi nella RAF, corrompere i Vopos, varrà la pena farsi dei nemici
se ti penso scrivimi e dimmi anche solo che non hai niente da scrivermi
salutami mentre deportano con una culla tutti i miei desideri
varrà la pena dar vita ad un ripristino del nucleare e poi correre ad avvertire Hiroshima e Nagasaki, varrà la pena scappare su un autocarro evitando i carrattrezzi e ascoltare per intero una canzone dei Righeira. Se si tratta di venire a cercarti io posso venire e fare una rapina, venire e dire che ho una storia da raccontarti e che non c’è nessuno nel profondo del mio desiderio a cui vorrei raccontarla che non sia tu.

Faye Goddard.

Modì, Vinicio Capossela.