martedì 28 febbraio 2012

Svegliarsi spesso. Mancarmi tanto.


 Per tutta la notte a tappe
mi svegliavo per vedere se ancora c'eri
nei giorni trascorsi mi pareva che il mio telefono
mi annunciasse i tuoi messaggi non con il consueto suono
ma con un sussurro
come se a sua volta gli mancass il fiato per l'emozione
così da costringermi a tenerlo acceso
e a guardare la sua faccia illuminata ogni trenta secondi.
Poi venne la domenica che io ero stanco quanto il naufrago
e mi assopii sognandoti una decina di volte.
La sera preparasti i peperoni
e quando andammo insieme a dormire
per tutta la notte a tappe
mi svegliai per vedere se ancora c'eri
se non fosse l'undicesima volta che ti sognai.
Non ancora mattina
già stanco dal lavoro
incontrai, mentre mi vestivo piano per non svegliarti
sbocciati sul mio cuscino
i tuoi occhi come primule
e per me è stato primavera.

Faye Goddard.

domenica 26 febbraio 2012

Barcellona. Legionari. Zaini. Libri stampati.

Lasciammo Barcellona in piena notte
sembriamo due legionari, dissi
con gli zaini in spalla
col passo lento della stanchezza
le facce disegnate dalle battaglie dei giorni passati a rotolare nei vicoli stretti
nei bar, senza mangiare, camminare e camminare ancora
a testa bassa
sempre con una meta precisa.
Non dormimmo che poche ore
rannicchiati in spazi molto stretti
ci furono molte parole
confessioni
gatti ed esercizi di sesto senso
libri scritti che si auguravano un futuro
che forse sarebbero stati il futuro
libri che per una volta non avevo scritto io
domande da fare e non a cui dover rispondere
altre responsabilità
c'era un'aria di clandestinità diffusa
che si poteva sentire
che ti appesantiva le gambe e ti teneva sveglio la notte
come ritrovarsi e perdersi costantemente
Faye Goddard stava bene
e come sempre non c'era troppo stare preoccupati.
Ci spingemmo fino al mare
incontrammo i connazionali rifugiati
poi fu ora di salire di nuovo su un taxi
pensare a cosa di bello mi aspettava a casa
cose da cui voler correre
voler ritrovare
attraversammo l'aeroporto
smontammo le nuvole
dormimmo tutto il tempo.

Su e per Faye Goddard.

Non mi manca niente. Tre Allegri ragazzi Morti. 


giovedì 23 febbraio 2012

Fuga in Faye N° 4

Barcellona ci attendeva, non sarei partito solo stavolta
il mio amico era in banca
presto mi avrebbe chiamato e mi sarei fiondato in strada
il mio informatore mi aveva avvisato
Faye era finita in un grosso guaio
ma non aveva saputo dirmi di più
per questo motivo avevo deciso di non andare solo
non eravamo dei duri
ma anche a scappare si scappa meglio in compagnia
Barcellona l'aveva ingoiata
stanca si era seduta in un angolo della Ramblas, stanca del mare
stanca di quella Sagrada Familia che Gaudì non finì e nessuno finirà mai
semmai fossimo riusciti a trovarla
l'avremmo avvolta in una coperta
e portata via
come il Mossad fece con Eichmann
al fine di aggirare le leggi Argentine sull'estradizione
decise di trasportarlo avvolto in un tappeto, come pezzi di mobilio.
L'avrei tenuta al caldo, a casa
almeno fino a quando sarebbe stata in grado di resistere
prima di respingere le mie attenzioni
le lusinghe di tutti, le cure e le carezze
per rimettersi in strada
e tenere ancora la vita e la morte per i capelli
nelle due mani
e poi scuoterle per vedere se ancora
ne viene fuori la scintilla.


Su Faye Goddard.


Skopje. Teatro degli Orrori.

mercoledì 22 febbraio 2012

Sopravvivere a se stessi sempre.

Lo incontrai in una piccola stazione
il vento che teneva fermi
la sigaretta accesa
il bavero alzato, il cappotto scuro
sembrava un animale orfano del branco
sopravvissuto alla caccia
e non gli pareva vero.
Devi tornare da lei, dissi
io la vedevo passando davanti a scuola, seduta che aspettava l'uscita dei bambini
degli altri, come a cercare di capire come sarebbe stato se...
ho saputo tardi che aspettava un figlio
un figlio tuo
e che lo aveva perso convinta che così in fretta Dio non se ne sarebbe accorto.
Non dirmi che vuoi proteggerla
non dirmi che puoi nasconderla
non capirò mai perché andare sia più facile che tornare
ma capisco come qualsiasi cosa sia più facile che restare.


Faye Goddard.

 I can't win. The Strokes.
 

lunedì 20 febbraio 2012

Castelli. mare. Conoscere la strada.

Eravamo tra le macerie di un castello quando mi hai detto andiamo al mare
nonostante le minacce di pioggia
il tempo che cambiava a ogni curva
la spiaggia desolata
tu che mi parlavi della tua vita a Ratisbona mentre raccoglievi le conchiglie
e m'impedivi di spegnere le sigarette sul bagnasciuga
mi parlavi del coraggio di tua madre
che molto giovane decise di tenerti
le corse nel carnevale per prendere il treno senza biglietto
le gocce del desiderio
e poi io e te nel mio letto piccolo come una culla
è bello adesso sapere che ci sei
che mi tieni la mano
che sei lì quando ho smesso di suonare
e venirti a cercare dopo il concerto è stato come sapere dove andare
conosco la strada e mi sento tranquillo
e poi i piccoli addii alle sei del mattino
ognuno al suo lavoro
e i nostri ci vediamo domenica
e in mezzo la promessa di scriverti da Barcellona
la morte che mi metteva di cattivo umore
e la voglia di fare qualcosa per le persone che ami
e strapparmi dalle tue braccia si fa sempre più pesante
un peso piacevole
molto piacevole
sul serio.

Faye Goddard.

Una guerra fredda. Le luci della centrale elettrica. 

MA GIURO CHE MI TROVERAI MEGLIO QUANDO TORNERAI!



Passo giornate stanche e scomode sul letto
“congelo i gavettoni con i detersivi
per i figli dei vicini”
Immaginando che le stanze in cui passo si ricordino di me, o almeno dell’insopportabile rumore dei tasti che tormento, delle note che ammazzo come zanzare lentamente, senza voglia di farlo correttamente.
L’amore passeggia sulle mani degli altri arcieri e sembrano tutti, senza accorgersene, poesie in francese non traducibili
“lascia perdere che poi non è tutto come sembra o almeno bombardiamo una nazione amica, basterebbe a scuotere le cose?”
 Giornate stanche e scomode sul letto e un ritornello senza radici, immaginandomi in un letto d’ospedale inerme o inerme davvero con una siringa ammaestrata e docile affogata nel braccio sinistro, per terra raccolto nello sconforto con occhi bui pesti.
 “MA GIURO CHE MI TROVERAI MEGLIO QUANDO TORNERAI!”
 Lasciami qualcosa che possa trovare in un posto che dovrei ricordare perché ci avvicina ma non ricordo, un posto che mi indicherai con un gesto non troppo lontano. Magari qualcosa di piccolo come una briciola o un bottone da giubba militare dell’aviazione russa.
“Cerca lì tra le bambole, vicino alle porcellane, ma ti ricordi…”
Vorrei che fosse nostro il tempo delle nausee di birra scura nelle interminabili attese nelle piazze di Dublino, nelle cabine rosse che, mi raccontavi, costruiscono in Italia, tutta seria, e io che lo sapevo dissi di non saperlo, per non ridicolizzare col mio sapere l’attimo in cui ogni squillo era come il filo del ragno sottile.
Quando mi arrivò il messaggio di Klaus notammo entrambi che il cellulare raccontava di un’ora diversa da quella dell’orologio da polso, tramutando quel piccolo oggetto in una macchina del tempo.
Sempre tardi ci si accorge di quanto la poesia sia alle spalle, superandoti solo quando non resta che il rammarico, come una scopata che era solo una scopata o qualcosa di gratuito che hai detto e avresti potuto non dire.
 “ANTICAMENTE NELLE CITTA’ UOMINI SONO RIMASTI SEDUTI IN SALE D’ATTESA NELLA NOTTE GONFI DI CIBO E ALCOOL, ASPETTANDO ASPETTANDO COME SE LA CITTA’ NON ESISTESSE”
 Entrambi protetti da cappelli a tese strette, avvolti da fumo d’importazione che ci faceva tossire.
Il tempo in cui il mio mignolo con imbarazzo cercava il tuo era come una briciola o un bottone di giubba dell’aviazione russa.
 “Ho visto un orsacchiotto, aveva gli occhi incavati e troppo stretti, come di quelle persone di cui senti che non ti puoi fidare.”
Sospirò un secondo per pesare le parole prima di dirle, come se sapesse il valore di un gesto sconsiderato e volesse evitarlo. “Non so come dire, ma sembrava implorasse aiuto.”


Tratto da "Cartoline dal XXI Secolo" Pier Angelo Consoli. Romanzo.

sabato 18 febbraio 2012

Super Billy.


Piove e tante volte sono stato alla finestra sperando che smetta. Il 6 febbraio è stata la prima volta che gli A.C.Billy si sono esibiti nel centro sociale in cui sono nati.
Il tetto che non stava in piedi, le poltrone rovinate dal bivacco, il pavimento nero come la strada.
A.C.Billy non è punk, è anche punk.
A.C.Billy è alzare il volume dell’amplificatore, suonare la chitarra e cantare male, tentare di far stare insieme una canzone e concluderla in maniera corale.
A.C.Billy è la feccia orgogliosa coi cappotti neri, il punk che tornava a vivere senza folklore, la crisi che non ci sfiorava, che non mi passava per la testa.
A.C.Billy è quattro persone che stilisticamente non potrebbero essere più diverse.
Quattro teste pensanti come pallini chiusi a forza in una pallottola prima che spari, poi ognuno sarà libero di ferire dove vuole.
A.C.Billy è un progetto iconografico
un libro, una piccola storia che affonda le radici nella storia
A.C.Billy è uno scherzo, è la cosa che tiene unite quattro persone, che le spinge a uscire nonostante sia inverno e a sperare che non piova dall’acciaio del cielo di febbraio.


Faye Goddard.

Piccolo cinema onirico. Tre allegri ragazzi morti. 

giovedì 16 febbraio 2012

Napoli.

Sono sempre stato convinto di avere un asso nella manica. E per questo motivo io sono sempre stato spreco, non sprecato, che il valore di una persona si saggia alla fine, ma spreco. Mi è sempre piaciuto pensare che ci fosse un pezzo ancora immaturo nella mia risacca, che avessi un colpo, un colpo solo stipato in tasca, che posso ma non voglio sparare.
In cosa consistesse questo asso proprio non saprei dirlo, ma in virtù di esso mi sono fatto dissipatore, non ho mai voluto conservare niente, soldi e lavoro, tempo, amore, cibo, oggetti, tutto ho regalato, regalando me stesso al primo venuto, rapportandomi alla fine come fanno i bambini, come una giostra immobile che genera sorrisi.
Non ho mai conosciuto il pentimento se non per pochi attimi che come petali sono caduti rivelando che non m'amava, e ho camminato senza meta, ho preso treni e navi, aerei, tutte le volte che la vita e le città nuove di zecca mi erano sembrate troppo opprimenti.
Napoli mi pareva una Parigi che potevo capire. Sotto la pioggia si faceva bulevard, nascondeva la Senna sotto l'acciottolato. La mattina alle sei mi appariva come m'era apparsa Praga spesso, isolante e leggera, metafisica e cattiva, stracciona, senza denaro in bocca, capace di tirare fuori sempre il peggio dalle persone eppure era la mia città e tanto ci eravamo cercati, evitati, per anni odiati, picchiati e derubati e poi eccoci ad amarci, città immensa, che non ho mai voluto scrivere per impotenza, città che mi saluta, di cui solo ora capisco l'idioma.

Faye Goddard.

Io Cerco te. Teatro degli Orrori.

mercoledì 15 febbraio 2012

Nozze Bulgare.

Sono tornato anche se non di molto mi sono allontanato
resto fermo
figuriamoci se mi muovo
ancorato alla festa
nozze bulgare
infinite e rumorose
solo la miseria sa cos'è l'amore
ancora e aspetta, dove vai?
una bevuta ancora
non mi sottraggo mai
parlare con la prossima sconosciuta
costruire fortezze immaginarie
raggiungere altezze che si sbriciolano nel sonno
la notte si resta a guardare dove siamo rimasti
dove sono andati tutti
rimango sempre sperando che domani non arrivi
e poi pregare che il sole si faccia notte ancora
che passando mi saluti allegro con promesse strascicate
con parole di fumo
di vodka e cetrioli
una canzone ancora e poi smetto
non cresceremo mai
non faremo mai le spese mensili al supermarket
i passeggini
i pannolini
i carrelli solo pieni di sfizi
di schifezze
l'orizzonte è la prossima festa
per non pensare al futuro
deridere la crisi
solo il tempo ci costa
il resto lo regaliamo volentieri.

Faye Goddard.

Guiro. Vinicio Capossela.

domenica 12 febbraio 2012

Essere Via. Essere Strada. Essere modo di fare.

Ero ormai fuori da ogni forma di passato
di futuro
sospeso nell'assenza di prospettiva
"e ti racconterò una storia" ti dissi
mentre Atene bruciava alla televisione
e la pioggia non la spegneva
senza aver voglia di alzarsi
e seguire i rumori dalla cucina
lasciarsi a guardare
muoversi piano
maneggiando con cura
per la paura che ogni piccolo cambiamento potesse rompere
l'incanto di una vita stupenda
che ci stavamo cesellando sul togliere
siamo via
siamo strada
siamo modo di fare
siamo parlare
come chi vede la Madonna
semplicemente siamo il gesto che compiamo
i guaiti dei gabbiani
il mio poco spazio nel letto piccolo
le risate stese sul cuscino
non dormire mai
le foto alle sei del mattino
leggeri come in vacanza
la nostra vita adesso era meglio di tutte le altre vite passate prima.

Faye Goddard

Niente.

La ragazza che ballava senza saper ballare.

La ragazza che ballava senza saper ballare
non si poneva il problema
aveva dei colori molto accesi che la facevano venire bene in fotografia
le smorfie continue
la pelle molto bianca
i capelli arancione
le labbra molto rosse
la ragazza che ballava senza saper ballare
suonava il sintetizzatore
non aveva visto gli anni ottanta ma avrebbe tanto voluto vederli
Berlino
Bauhaus
e i troppi ragazzi con lo stesso mome
tutti lasciati e persi.
La ragazza che ballava senza saper ballare
mi ripeteva sempre che stava bene e che mi voleva bene
bene adesso dopo tanto tempo
infondo non è mai troppo tardi per essere felici.

Faye Goddard.

Sea within A Sea. The Horrors.

sabato 11 febbraio 2012

Sentirsi in un milione di piccoli pezzi.

Dimmi addio
il resto lo troverai tra le cose che hai
col cuore come un melograno aperto
ti sarà utile scoprire
che anche senza di me
potrai ancora respirare
e  se tutti sono più belli quando se ne vanno
allora non guardare mentro mi allontano
dimmi addio
senza alzare le mani
senza piccoli sussurri e maledizioni
ci ripenserai poi sorridendo
tutto in piccoli pezzi
e non sarò che una fase
la fase senza senso
la fase in cui ti lasciasti andare
sarai il sogno di qualcun altro
e io ti penserò con altrettanta leggerezza.

Faye Goddard.

Smokers outside the Hospital doors. Editors.

Sid Vicious. Vince Frascone. A.C.Billy.


In quel periodo Billy prese a scrivere pezzi di canzoni sui muri, a volte per riuscire a ricordarseli li fotografava, ma le foto venivano spesso sbiadite e Billy era sempre troppo fatto per riuscire a decifrarle.
“Dell’eroina mi piaceva che fosse tutto il mio mondo. Quando ti fai non hai bisogno di niente, sei un cerchio chiuso, non hai bisogno di scopare, di mangiare, non hai bisogno dell’amore, dei fan, dei sogni, è che sei troppo preso dal farti o dal cercare il modo di farti. Naturalmente quella roba ti uccide e io solo so se non è così, ma d’altra parte nessuno di noi sarebbe voluto morire di vecchiaia.”
Il 1978 fu un anno davvero molto importante per gli A.C. Billy, incisero il loro primo e unico album dal titolo Me and you we are two, ma soprattutto fece il suo ingresso nella band quello che è passato alla storia come il quarto Billy, ovvero Vince Frascone.
Avete presente la svastica tatuata sul culo di Sid Vicious? O Il murale della Thatcher con il Big Bamboo che le usciva da sotto alla gonna?  Era tutta opera sua. Dall’ultima volta che Billy lo aveva visto al pub di Ashton, questo strano Biker aveva fatto in tempo a sparire e ricomparire un paio di volte. Nessuno sapeva cosa facesse per vivere, e adesso che era comparso sulla scena londinese aveva questo giubbotto di pelle che si diceva avesse vinto a Dee Dee Ramone in una mirabolante sfida a whiskey a morte. Fu per questo motivo che Vince e Sid fecero conoscenza e proprio mentre Vince stava con le chiappe di Sid davanti alla faccia, intento a tatuargli la svastica, Billy fece il suo ingresso nella stanza.
Vince non era un fattone, era un alcoolizzato di professione, nel senso che riusciva a restare produttivo nonostante i suoi ritmi alcoolici. Per lo stesso motivo un alcoolizzato cronico come Bukowski finì con il pensare che forse la sua non era vera dipendenza visto che riusciva comunque a scrivere e ad andare a lavorare. Ma Vince non era altrettanto ingenuo, sapeva di avere dei problemi ma non se ne curava, era la vita che aveva scelto e non impazziva per questo.
Estratto da "Solo seghe punk n'roll" Mockumentario Letterario sugli A.C.Billy. Pier Angelo Consoli.
Boy George. A.C.Billy.

giovedì 9 febbraio 2012

Essere Scrittori Oggi.


Dopo la seduta del Martedì alla essere scrittori oggi Veronica vuole che andiamo insieme a bere un caffè.
Seduti nella penombra autunnale, in quella strana alba che è la luce delle sette di sera del settembre italiano, Veronica vuole sapere cosa ne penso di The End dei Doors.
“In che senso?” dico.
“Come colonna sonora”
“troppo scontata, non credi?”
“Hai ragione” ammette.
“E Frankly, Mr. Shankly?”
 “Non la conosco”
“E’ dei The Smiths” dice e cerca di accennarla per farmela capire, ma io non ricordo di averla mai sentita, “mi dispiace.”
“Sai è così leggera e carina, potrebbe essere molto d’effetto inserire una canzone divertente in una situazione così solenne, no?”
“Immagino di si” dico.
Mentre Veronica si allontana per andare alla toilette penso a tutto questo come alla realizzazione di un film, come alla costruzione dell’ultima scena di uno spettacolo teatrale.
E’ difficile rendersi perfettamente conto che quello che si pianifica qui è una soluzione finale domestica e personale.
Veronica, Carl, Kyle e Logan sono tutti aspiranti scrittori, ognuno di loro ha pubblicato almeno un libro ma nessuno di successo. Stanchi di aspettare la gloria e l’immortalità hanno deciso di dare un colpettino al mappamondo delle loro vite. “Ognuno di noi ha già scritto la grande opera della propria vita” ha detto Kyle il giorno che mi ha costretto a seguirlo, “solo che nessuno se n’è accorto.”

Piccolo estratto da "Essere scrittori oggi." Pier Angelo Consoli. Racconto lungo.

La Banda Baader Meinhof. Achab e Anna Frank.

Fu relativamente alla banda Baader Meinhof che sentii di nuovo parlare di lei
furono i giornali a portarmi la notizia
una breve cronistoria dal 1977
un autunno tedesco da trentaquattro morti
Horst Mahler e Gudrun Ensslin
si disse che la morte di Baader avesse per certi versi accelerato il deterioramento
che la Revolutionare Zellen era troppo forte per essere contrastata dalla piccola RAF
che il venti aprile del 98 fosse finito tutto con una lettera
ma certe idee cristallizzate in organizzazioni sopravvivono tutte le volte
e Faye Goddard non riusciva a non farsi stregare
erano per lei come le sirene
sirene che come per Ulisse la trattenevano parlandole della sua gloria
perché la vanità è il vizio più grande di tutti
per Faye vita era quella in una soffitta
essere la Anna Frank dei nostri giorni
ficcarsi in strane storie per rivivere la storia
i persecutori e le persecuzioni lei se le andava a cercare
e non sarebbe stata mai contenta se non in carcere col pugno alzato
rifiutandosi di parlare
non era il popolo che voleva sciogliere
questo era l'alibi
ma la sua vanità
il poter raccontare un giorno la grande storia della sua vita
le utopie perseguite
le morti sfiorate e quelle causate
capii molto in fretta che se lei era Achab io ero Ismaele
e tutto quello che ci legava era questa Pequod di carta
bianca come la balena.

Su Faye Goddard.

Stella Maris. Neubauten Einstürzende

mercoledì 8 febbraio 2012

Paradisi Fiscali. Posti sempre caldi. Donne mai viste.

Il freddo ci stancava
come l'ansia
e noi che sognavamo paradisi fiscali dove non faceva mai freddo
dove si poteva vivere senza avere fretta
senza aver bisogno di scarpe
e adesso il lavoro e tutta la vita che ci era piaciuta
ci pareva stretta
strettissima
e allora andiamo
e come mai tutto quello che si pianifica è andare?
Camminare
e domani non lavoro
ed è solo giovedì
ma non ne posso più
lavoriamo sul coraggio
tutto quello che ci vuole
per lasciarsi alle spalle le convenzioni
la famiglia
e questa piccola vita in una piccola casa
le donne, il lavoro
il monossido di carbonio
la vita tranquilla
il governo che in bilico non cade
le sorprese che ci apsettavamo per posta elettronica
il silenzio
la crisi è un trampolino, ti dicevo, non è la sciagura che sembra
questa è la fine di ogni belligeranza
amico mio
la fine di ogni belligeranza
mi tiro indietro e vado avanti
avanti che il progetto "palle all'aria"
è la soluzione finale senza sangue che ci possiamo permettere
che abbiamo escogitato e che forse
da sola
lascerà un segno nelle vite di tutti
per sempre.

Faye Goddard.


Helen of Troy. Telefon Tel Aviv.

Perdersi come stare in un campo da calcio.

Vi ritrovaste distanti come due terminali offensivi
strano sentire di voler accorciare le distanze
quanto meno provare
l'orgoglio, forse, era l'ostacolo maggiore
la stronzata del restare amici
come se fosse possibile retrocedere in tema di sentimenti
ridimensionare la passione che c'era stata e inquadrarla in un sistema più piccolo
con margini e bordi
qualcosa come dire
non avrai tutto ma avrai comunque qualcosa
partecipare sapendo che non sarai mai il primo
mai al centro dei desideri
dei progetti
dopo esserlo stato
per un tempo che era il tempo che vi è stato dato e che vi siete tolto. 
Certe scelte
certe decisioni
anche quando sembrano comuni
sono sempre di uno
l'altra parte si adegua come a sforzarsi di combaciare
di aderire alla realtà
essere all'altezza del gioco.
Quello che manca quasi sempre è il coraggio
e come in guerra
spesso è colui che ha paura
a mostrare la forza, guidare i reggimenti
prendere tutte le decisioni.

Faye Goddard.

Strane canzoni caraibiche durante il recupero.










lunedì 6 febbraio 2012

Fagotto & I.

Il lavoro ci toglie la forza, ed è questo che il governo vuole
toglierci la forza
creare mansuetudine attraverso il consumismo
confezionarci i sogni
regolarci i finesettimana
ma voi conoscerete la nostra velocità
ci vedrete bruciare da qualche parte
e noi rideremo tutto il tempo.

Faye Goddard.

La stanchezza ha un suo rumore, credimi.

Tenerife.Autostrade. Stanza 206.

La risacca vuota
l'oceano è sordo, indifferente, come i gatti di Tenerife
le città si assomigliano sempre e sono stanco di viaggiare
gli ostelli, le camere d'albergo, i letti come le autostrade
ci passa un sacco di gente e non ci passa niente
i giorni qualunque, le sigarette
non voglio vivere un solo passo senza di te
e la tua vita che senti così breve
puoi dire a tua madre che ho le braccia pulite, i polsi illesi
le gambe stanche, la birra vuota e se ho avuto sguardi tristi è perché a volte la tristezza
s'incanala in me come le vene.
Tu che mi credi, che manchi alle stelle, ai lampadari, ai profumi d'asfalto
alle manifestazioni, manchi alla penna
e poi le chiamate internazionali per troppi euro e ti sento titubante...
gli amplificatori rotti che inquinavano la vita
la tua bellezza leniva il dolore
seccava il sangue, asciugava per terra
la troppa distanza per dirti ti vorrei toccare
e spero di trovarti uguale quando tornerò.

Faye Goddard.

Tenerife, Hotel Gran Tinerfe. Anno 2010. Stanza 206 vista su strada.

sabato 4 febbraio 2012

Utrecht ovvero Le storie si cominciamo per finirle.


Si stava per partire e qualcosa nell’aria si lamentava, “per Utrecht” disse Faye, la mia bocca si espresse senza necessariamente parlare.
“Voi ragazzi e le vostre faccine espressive…”
La malinconia era la tua macchina sempre sporca, paesaggio vissuto di chi ci vive.
Non ci si poteva spostare senza udire il rumore di una bottiglia, del rudere di una notte.
Lasciami andare, non chiedo altro.
“Per Utrecht?”
“Oh mio Dio”rise abbracciando il volante curvandosi con la schiena come si fa con un randagio piccolissimo “Amsterdam non è l’unica città dell’Olanda.”
Forse era la prima volta che vedevo così chiaramente nel cuore di qualcuno, o forse solo mi illudevo che ciò fosse possibile.
Le gocce sul finestrino sembravano seme che non ce l’avrebbe fatta. Per tutto il tempo il sole e la pioggia si erano alternati come piedi in cammino.
Di notte, sulle Alpi dovemmo fermarci, la neve era alta e non eravamo abbastanza equipaggiati. Sembrava che nelle orecchie si sciogliessero piccole sfere di lush, “forse è l’effetto che fa la felicità, non credi?” disse
“non so.”
L’avvolsi con un braccio perché non sentisse freddo e perché sembrò che fosse il caso di farlo, come una scenografia.
Senti che niente è reale, mentre gli adolescenti si rincorrono nei viali alberati, urlando la loro gioia appena sbocciata, con l’autunno, una stagione romantica.
L’amore d’ottobre ha i calzini di lana, le sciarpe lunghissime e il camino che fa un sacco di fumo.
L’amore talvolta ha il sapore del vino caldo e dei biscotti svedesi di zenzero e cannella.
Non puoi sapere che è finita mentre la pioggia tiene svegli i più piccoli ricordi, mentre tutte le battaglie si fermano e si rattoppano le giubbe, rispolverando i vecchi cappelli.
Senti che niente è reale mentre tutto va come non deve, e tu che ti affezioni al gatto di qualcun altro.

Faye Goddard.

C'mere. Interpol.

Hans. Klaus. La dieta della Banana.


Hans e le dita sul pianoforte, le dita di sua sorella, lo smalto smangiucchiato, i suoi sedici anni. Due centimetri di Whisky nel bicchiere. Hans e le dita sul pianoforte. Blueberry entrava senza fare rumore già ai tempi del liceo, il suo modo di fare, le sue scarpe, le suole di velluto, come un ladro molto esperto. Il camino acceso e tutti intorno come gatti, le caldarroste. Delicatamente si nasconde l’imbarazzo di un complimento.
Sillabare l’Africa: salvare i pargoli, salvare gli anziani.
Albert in ritardo, Marta e l’orologio da polso, e poi Klaus, sempre Klaus, con distacco e ironia, con gelosia. Ovunque ci si incontra c’è sempre qualcuno che muore dalla voglia di parlare di Klaus.
Cloe è appena tornata dall’India, due volte l’anno ogni sei mesi per un mese.
Per rinnovare la fede, “come un lifting all’anima” dice, “un restyling, per riempire di botox spirituale le parti in cui il tempo l’ha afflosciata.”  
Connie non c’è, proprio stasera che volevo parlarle.
Quando sono arrivato molti non mi hanno riconosciuto. Un brusio di ma come, come se fossi diventato una donna, come se fossi venuto sporco di sangue.
Quando tra me e Connie è finita sono ingrassato di quasi trenta chili, ma adesso sto dimagrendo rapidamente per via del male, eppure tutti mi danno solo gran pacche sulle spalle.
Ciò che mi sta uccidendo non lascia segni e mi ritrovo alla fila per il bagno con Marta che cerca di estorcermi i segreti di una dieta miracolosa che non sto facendo. “Cos’è?” Dice “dieta del minestrone?”
Faccio di no con la testa, “io una volta ho provato quella della banana” ride di un doppio senso che inizialmente non avevo colto e adesso mi chiedo se davvero si riferisca alla frutta, “ma non ha funzionato, tutto  quel seme.”
C’è una ragazza sui sedici anni che mi sembra non sia amica di nessuno. Ha lunghi capelli rossi che le coprono le spalle nude, tutte le altre non l’avvicinano mentre resta in disparte a pensare che non sarebbe voluta venire. Non capisco chi dei presenti se la scopa, se ci fosse Klaus avrei detto Klaus.


Tratto da CARTOLINE DAL XXI SECOLO. Romanzo. Pier Angelo Consoli.

venerdì 3 febbraio 2012

Buona Vita Faye Goddard.

Quando la guardavi, Faye Goddard, capivi che certe persone, come Dio, sono nel mondo ma non sono del mondo; che si può vivere senza appartenere e trovare così l'individualità.
Era là, dentro di lei, come la pietra, una certa tristezza.
Se la teneva stretta oserei, dentro di lei, che ti faceva venire certe domande, su come si fa, su come faccio io, come fanno tutti.
Come un sentiero per la saggezza, Faye Goddard, suggeriva domande.
E poi ti sembrava sempre che stesse al centro di una bufera e spesso quella bufera se l'andava a cercare.
Ma aveva un cuore, il suo cuore, che l'avresti detto piccolo e non grande quanto il suo pugno serrato suggeriva, Faye Goddard aveva la testa da un'altra parte, le mani infilate nelle maniche lunghe, le gambe leggere e le scarpe blu.
Ci serravamo, provammo davvero a non lasciare entrare il freddo, ma quello che ci fu tra noi, qualunque cosa fosse, visse nella sua fase adulta un giorno solo, come l'Effimera fa nel suo destino d'insetto.
Il resto fu un tentativo di recuperare, di trovare strade, fare breccia in una fortezza costruita sulla sabbia al solo scopo di tenere l'onda a tiro, illudendosi di poterla cavalcare, senza perderla d'occhio, con la clama e la pazienza del cacciatore di cinghiali.
Ti tengo stretta Faye Goddard, ci sei o non ci sei
da qualche parte rimani.

Per faye Goddard.

La pioggia.

giovedì 2 febbraio 2012

Aspettando Maggio in veglie funebri.


Fumando troppo
bevendo senza riuscire ad esagerare
senza più riuscire ad esagerare in niente
che per provarci sarebbe il caso di rotolarsi nel ridicolo
sentire un senso di colpa che infinitamente ti avvicina all’uomo
e al suo claudicante abisso
essere amico dell’esagerato
il disperato che abbindola la morte con parole allo zolfo
con le frasi pirotecniche e i gesti teatrali
varrebbe la pena farsi qualche nemico qualche volta per diventare la negazione di ciò che sarebbe stato giusto
affinché, per essere stati retti e corretti
non ci si perda le avventure migliori.
Aspettammo maggio in veglie funebri
per le madri cadute troppo in fretta
stroncate da destini che non ci riusciva di capire
tumulate con la faccia scoperta, per non sprecare i soldi delle fotografie
coi ceri consenzienti
le lucciole che si ammassavano intorno alle nostre anime talvolta per pochi attimi visibili mentre ti tenevo in grembo per fare l’amore
non sei mai stata innocente e mai sei stata colpevole
venti anni abbiamo dovuto attendere che fossi abbastanza grande da trovarti adorabile fino alla bestemmia.
Forse ci riuscirà un giorno con il giusto carico
di scrivere qualcosa che ti assomigli almeno un poco.

Faye Goddard.

Haiti. The Arcade Fire.

mercoledì 1 febbraio 2012

Troverò Faye Goddard...

Non c'era più motivo di avere paura di questa città che aveva smesso di mordere
nascevano rivoluzioni culturali nella mia cucina
ma io non ne facevo parte
cominciavo a pensare che non sarei più riuscito a trovarla
avrei cercato ancora
ma Faye Goddard era preda del suo passato
di certi sogni
eppure mi riusciva difficile rassegnarmi
qualcosa rimane sempre imperituro
mia madre aveva spento il telefono
nella mia miope ricerca che non voleva compromessi
avrei smosso le pietre di Pompei per trovarla
ma cominciavo a dubitare che Faye Goddard volesse farsi trovare
il mio lavoro andava a rotoli e io non sapevo più se cercavo lei o solo un motivo
per resistere come se fosse una linea verso l'orizzonte che cerchi di raggiungere per capire se davvero
la terra non sia piatta.
Il suo silenzio era come uscire fuori dall'orbita
osservare il mondo e scoprire che a differenza di quello che credevi
non è lì che morirai.

Su Faye Goddard.

40 secondi di niente. Verdena.