Chinese is nice è un luogo di sperimentazione, è un banco di lavoro, una rivista letteraria, il trapianto a cuore aperto di un romanzo.
sabato 31 marzo 2012
Di radici. di elmi e di armi nuove.
Ci sono cose che non avremmo mai capito
eppure avremmo continuato a fare
la cui ciclicità bastava
senza chiedersi il motivo
cose che si facevano
che si facevano così.
Cercavo di non perdere il contatto con certe radici
ma in qualche modo mi pareva di fallire ugualmente
non sarei stato come il giovane guerriero
che partiva con elmo ed armi nuove
ma sarei stato il figlio
che tornato dalla guerra ne avrebbe ricevuto gli onori
per poi scoprire di non meritarli
per non aver mai combattuto veramente.
Faye Goddard.
La voce di Milo. La colazione.
venerdì 30 marzo 2012
Intercity Sette Uno Zero
Fuori dal finestrino passavano veloci istantanee di
primavera, gli alberi da frutto erano in fiore, il grano cominciava a
lievitare. Erano da soli in quello scompartimento, non si conoscevano. Lei si
trincerava dietro un grosso paia di occhiali da sole e degli splendidi e
lunghissimi capelli, neri come le notti a Gotham City. Le mani affusolate
picchiavano freneticamente sul display del touchscreen. Aveva l’aria
imbronciata di chi non voleva essere scocciata. Lui la spiava furtivamente
dietro le pagine di un noiosissimo romanzo che gli avevano consigliato. Ad ogni
capoverso pensava che era sempre meglio sbagliare di testa propria e nel
frattempo rimaneva in attesa del momento propizio per poterle parlare. Ogni
tanto riponeva il libro e prima di chiudere gli occhi per riposarli si chiedeva
quale fosse il colore dei suoi. Quando li riaprì per l’ultima volta lei aveva
aperto il giubbino di pelle leggera che aveva tenuto per tutto il viaggio
nonostante il caldo. Si sorprese nel vederle indosso una maglietta dei Mother
Love Bone. La faccia di Andrew Wood si deformava meravigliosamente sul
rigonfiamento dei suoi seni. Prese coraggio e le disse: “Eppure sei troppo
giovane per conoscere i Mother Love Bone…”. Lasciò la frase interrotta, quasi pronunciando
i puntini di sospensione, in attesa di una sua risposta. Lei alzò leggermente
la testa e protendendo l’orecchio verso di lui, come per sentire meglio, disse
infastidita: “Chi scusa?”. Intimorito lui farfugliò: “I maderlovbon…il gruppo
che hai sulla maglietta, primi novanta…un gruppo grunge”. Lei si guardò
schifata la t-shirt come se le avesse detto che aveva una grossa chiazza di
merda sul petto, ma poi, non trovandone traccia, esclamò offesa: “Ma è di Patrizia
Pepe!”. Abbassando lentamente le palpebre, rassegnato le disse: “Ah! Non
ricordavo che suonasse anche lei”. Riaprì il libro, calò lo sguardo e
ricominciò a leggere quella noiosissima solfa.
Darwes in China.
Mother Love Bone. Stardog Champion.
Il Ritorno dell'Huligano.
Autoritratto.
Alla finestra, fumando tabacco
la cravatta sottile, la camicia bianca
sentendosi scemo, restando a lavoro
come una staccionata conficcata nella sabbia del Sahara
sulle gambe aperto Il Ritorno dell'Huligano
buttandoci un'occhio, per il resto tenersi fuori.
Difficile era sentirgli dire io
più facile per lui era perdersi nella coralità
mascherando un selvaggio egocentrismo
superato il peggio
per lui e per tutti, ognuno a modo suo
eppure a guardarlo capivi a volte
quello che scrisse quando scrisse
che il fiore
per mancanza di luce
contorcendosi ci assomiglia.
Faye Goddard.
Badea Blues. Verdena.
giovedì 29 marzo 2012
Für Tamburino.
Non
riesco a pensare all’idea che torno e non ci sei
alla
fine del disastro nella mia stanza
alla
tua senza quella gabbia assurda
vuota,
vicino al letto, di cui avresti voluto fare una lampada
tu
che non hai mai fatto una lampada in vita tua
e
ci scommetto che nemmeno stavolta ce la farai.
Cercherò
la tua valigia rossa aperta come una bancarella
che
non posso aprire l’armadio
cercherò
cibo nel mio letto
e
i peperoni lasciati nel forno a marcire
non
ci saranno più infusi a pendere dalle tazze ricolme
che
come dei segnali avevamo imparato a leggere
per
sapere dov’eri, se c’eri oppure no.
Ci
siamo presi in giro un sacco ed era il nostro modo per dirci
che
ci vogliamo bene.
Ti
ho conosciuta per prima in questa mia nuova vita
quel
pomeriggio molto caldo in cui avevo acceso per errore i termosifoni
e
ho ricominciato a muovermi tra le macerie fiutando la nostra amicizia
adesso
che te ne vai sembrano passate undici vite
in
un tempo passato troppo in fretta
noi
tre come un vento insistente
come
i tre triangoli che incastrati fanno il cerchio
come
le lauree del Trivial
come
il simbolo dell’atomica
parleremo
sempre di te
con
nostalgia, sorridendo
e
tanti ricordi
lasceremo
ancora un po’ del cibo sotto il letto di Marta
così
ci sembrerà che ancora un po’
ci
sei.
Faye Goddard.
Quando tornerai dall'estero. Le luci della centrale elettrica.
lunedì 26 marzo 2012
Lo scatto di Emil.
“Non ho abbastanza talento per correre e sorridere insieme.” (E. Zatopek)
“Corri Emil! Corri”, gridò suo cugino Aleksander. La loro palla di stracci, appesantita dall’acqua, stava rotolando rapidamente verso il dirupo, prendendo velocità sull’erba bagnata. Se avesse varcato quella linea sarebbe scivolata giù fra le rocce e fra i rovi che costituivano il confine naturale della campagna del nonno. Non l’avrebbero più recuperata e sarebbero passati mesi prima di poter mettere insieme tutti gli stracci necessari per dare forma ad un altro pallone. Questo pensava angosciato Aleksander in quei pochi interminabili secondi. Emil puntava i piedi per terra, mulinava le sue brevi leve mettendo nelle gambe tutta la forza che un bambino di 6 anni poteva avere. Era veloce Emil, ma era anche il più piccolo fra i suoi cugini ed i loro amici e per questo veniva sempre confinato a fare il portiere. Aveva però uno scatto bruciante che gli altri bambini potevano solo sognare. Agguantò la palla proprio sull’orlo del precipizio tuffandosi come aveva visto fare al suo idolo Planicka quando il papà l’aveva portato a Praga a vedere qualche mese prima Cecoslovacchia – Italia.
Tutti i bambini, compresi quelli della squadra avversaria, gli corsero incontro e lo abbracciarono come se avesse fatto gol all’Ungheria. Aveva salvato il bene più prezioso che quei pochi ragazzini di campagna possedevano. Aleksander gli strofinò forte il pugno sui capelli tagliati cortissimi per via dei pidocchi, come se stesse strigliano il dorso di un mulo. Poi lo abbracciò e lo sollevò e gli disse: “Sarai un grande Emil!”. Per quel giorno e per molti altri a venire sarebbe stato un eroe.
Dwarves in China
Run baby run. Garbage
domenica 25 marzo 2012
Santi in sciopero.
Lanciavamo piccole emozioni a questo mondo girando con il materasso sulle spalle. I cuori aperti con le serrature a pezzi. Sognavamo io e te, ingenuamente. Le nostre danze quotidiane dentro le lenzuola come due folli, aggrappati alla paura che il tempo stava finendo. Le nostre promesse angoscianti, con l’ardore delle labbra, e il fumo delle sigarette, mangiando carne in scatola, ci aiutavano ad allungare i piedi e guardare l’alba di domani. I nostri racconti mentre ci consumavamo a vicenda sugli scogli del lungo mare, non erano parole dedicate alle onde del mare ma sputi in cielo che ripiombavano sulle nostre facce. Le minuscole gesta quotidiane che abbattevano la monotonia e l’ansia delle giornate, ci salvavano dai muri bianchi che ci circondavano. Il nostro amore che fioriva in questa città senza preghiera, chiusa ermeticamente dentro le coscienze prosciugate dai supermercati e dai motorini, ci chiudeva come una bomba a grappolo pronta a schiantarsi. Il tuo, il mio, il nostro, di noi, di noi ,di noi, di te, di me, di me e te, di noi tre, io con lui, tu con lui, noi con lei, lei tra me e te, avanti, dietro, il 69.L’orizzonte e il tramonto, erano applausi gelidi. L’ordine ti ha cancellato, ti ha espulso da questo grembo di normalità. L’amore è come il cane randagio che ogni notte al buio scava nei cassonetti dell’immondizia e ringhia con i denti da fuori a ogni passante, per paura di essere derubato. Cosi anche l’amore , mangia gli avanzi dell’altro. Le tope non guariscono un cuore e tu non puoi più correre e oggi non sei un miracolato perché i santi hanno scioperato, i loro miracoli erano sottopagati da un padrone senza pietà.
Shpati.
Somebody to love. Jefferson airplane.
sabato 24 marzo 2012
Ancora Marocco. Ponzio Pilato. Mescal.
Il sole in Marocco sembrava bloccato in mezzo all'orizzonte, costantemente del colore arancione.
Le avevano detto che c'erano stati dei problemi coi documenti, che doveva aspettare.
Passava molto tempo in terrazza, e guardava il paesaggio.
Il console britannico beveva tutti i giorni una bottiglia di mescal messicano.
Faye osservava il verme riemergere in superficie come un veliero in miniatura.
Era un uomo di poche parole e odiava essere lì.
Una volta disse che si sentiva come Ponzio Pilato, che capiva come doveva essersi sentito.
Per punizione fu trasferito
e ovunque avrebbe voluto essere
tranne che in Galilea.
"Sono quelle le situazioni in cui si commettono degli errori" disse
"il posto sbagliato, le persone sbagliate...
"nessuno dovrebbe fare quello che non vuole fare."
Faye Goddard.
La fretta di Annabell.
Le avevano detto che c'erano stati dei problemi coi documenti, che doveva aspettare.
Passava molto tempo in terrazza, e guardava il paesaggio.
Il console britannico beveva tutti i giorni una bottiglia di mescal messicano.
Faye osservava il verme riemergere in superficie come un veliero in miniatura.
Era un uomo di poche parole e odiava essere lì.
Una volta disse che si sentiva come Ponzio Pilato, che capiva come doveva essersi sentito.
Per punizione fu trasferito
e ovunque avrebbe voluto essere
tranne che in Galilea.
"Sono quelle le situazioni in cui si commettono degli errori" disse
"il posto sbagliato, le persone sbagliate...
"nessuno dovrebbe fare quello che non vuole fare."
Faye Goddard.
La fretta di Annabell.
Le donne di Marrakech e i gatti del consolato.
Mi disse che le donne di Marrakech sono diverse da come uno poi finisce che se le immagina
molte non hanno il burqa
la faccia scoperta
i bambini per mano
nei mercati affollati.
Mi parlò dei lunghi scialli rossi
dei simboli nelle piazze
delle proteste contro il governo.
Beveva tè tiepido sulla terrazza del consolato
in compagnia di gatti silenziosi
aspettava il visto per tornare
non mi disse che ci era andata a fare
mi disse solo
che aveva voglia di tornare
e che presto lo avrebbe fatto.
Faye Goddard.
La voce di Joe Strummer. Cercando di ricordare.
molte non hanno il burqa
la faccia scoperta
i bambini per mano
nei mercati affollati.
Mi parlò dei lunghi scialli rossi
dei simboli nelle piazze
delle proteste contro il governo.
Beveva tè tiepido sulla terrazza del consolato
in compagnia di gatti silenziosi
aspettava il visto per tornare
non mi disse che ci era andata a fare
mi disse solo
che aveva voglia di tornare
e che presto lo avrebbe fatto.
Faye Goddard.
La voce di Joe Strummer. Cercando di ricordare.
giovedì 22 marzo 2012
Piccole Apocalissi.
Faye Goddard fa la svizzera e abita a Nuova York
fuori dalla sua camera con vista
progetta piccole apocalissi
come diceva Karl Kraus a proposito di quella Vienna
che non è per niente la nostra Vienna.
S'inabissava tra le carte
dall'orizzonte arrivava l'eco della Balena
una piccola rivista cinese
una redazione immaginaria
come quegli uffici postali di periferia
in cui lo stesso è postino, direttore e impiegato.
Faye Goddard.
La fretta. Il lavoro. Il treno.
fuori dalla sua camera con vista
progetta piccole apocalissi
come diceva Karl Kraus a proposito di quella Vienna
che non è per niente la nostra Vienna.
S'inabissava tra le carte
dall'orizzonte arrivava l'eco della Balena
una piccola rivista cinese
una redazione immaginaria
come quegli uffici postali di periferia
in cui lo stesso è postino, direttore e impiegato.
Faye Goddard.
La fretta. Il lavoro. Il treno.
L'ultima Bugia
Sei la prima bici senza
rotelle di un bambino
Sei la prima canna da pesca
di Sampei
Sei la prima pagina di un
libro di Pennac
Voglio nidificare tra le tue
gambe
Come un airone in volo verso
sud
Come un pinguino su un’isola
di ghiaccio
Come una tartaruga nella
sabbia di Corfù
Voglio appisolarmi sul tuo
ombellico
Come un gatto sul cuscino di
un divano
Come un fringuello sul ramo
di un ciliegio
Come un leone all’ombra di
una roccia
Sei l’ultima canzone di un
disco di Tom Waits
Sei l’ultima magia di un
grande illusionista
Sei l’ultima bugia di un pigro
bohemien.
Dwarves in China
I hope don't fall in love with you. Tom Waits.
Iscriviti a:
Post (Atom)