venerdì 21 settembre 2012

Dopo tanto tempo...tornano.

Cercavo di spiegare quando i palazzi barcollavano tenendosi alla luna
e tu eri via
io ero stanco, molto stanco
e mia madre mi credeva un chiromante
chiedendomi al telefono del mio futuro
i miei tre sette col morto
noi che nessuno aveva un lavoro e solo tu lavoravi
io facevo finta e qualcuno nemmeno faceva più finta
i guai che si ammassavano come la polvere
e noi che come gli acari sorridevamo nella posa
dei giorni che ci passano addosso come macchine
e non ci resta che ridere
e non abbiamo mai finto
mai smesso di saperci ridere
nel bar come un orfanotrofio
e noi tutti dentro
più caldi che fuori
la felicità in cui non credi mai
io che le davo da mangiare ora che quasi non avevo niente da mangiare
i soldi che avanzo e che non vedrò mai passare
come brocchi zoppi su cui avevo scommesso tutto
ma proprio tutto il mio avvenire
i sinfoforum in cucina per recuperare certe radici
le brutte notizie che ci raggiungono via satellite
dialogando con Leucò
e tutto quello che scrivo
vale quanto i coriandoli
quando il funambolo cade
entrano i clown.

Faye Goddard.

lunedì 17 settembre 2012

Il sale.


Puis après ces quelques mots qui n'ont plus de sens pour moi aujourd'hui je suis partie.
Je suis partie de Naples et puis j'ai connu l'horreur du retour difficile. Puis je suis repartie, vers le sud, et c'est chez les Cathares que j'ai eu envie de répondre à ma promesse.
J'ai donc pensé à ceux et à ces choses que j'appelais le sel de ma vie, sans pour autant dire qu'elle eut moins de saveur.
J'ai pensé au silence blessant de l'aigle dans une ronde aux bras ouverts lorsque j'ai vu ce rapace descendre de la montagne. J'ai pensé à l'attente de celui que j'appelais l'aimant, celui qui cherchait à fuir sa solitude pour mieux la créer à son image lorsque j'ai vu une forêt. J'ai pensé à l'enfant aux yeux de lumière qui m'a appris à fuir ce que je ne voulais absolument plus. J'ai pensé à ces êtres qui m'ont fait et qui vont partir, à leur peau ridée, à leurs esprits fatigués et à l'amour inconditionnel que je leur porte. J'ai pensé à celui consommé au bout de 5 ans d'attente ou celui que j'aimais sans doute
beaucoup trop, au premier amour que j'imagine dans les étoiles, j'ai pensé à l'homme fait et mûr pourtant si fragile, j'ai pensé à l'ami de toujours avec qui se fut évident que non..
Mais mon sel de la vie c'est aussi découvrir et redécouvrir des paysages et pas seulement des visages ; quelque part c'est peut être aussi souffrir de l'incompréhension humaine ; au petit Bonheur de se dire que je roule à 69 avec des gens connus de longue date ; au bonheur de retrouver des maisons aimées, de sentir le vent, de voir ma chair avoir froid, de prendre une belle photo, de trouver un nouveau vase, de lire une belle phrase, de chanter un peu faux, de caresser mon chat, de regarder le paysage, d'écouter Brassens ou d'entendre le rire de ma nièce.
Et puis, il n'y a pas que le sel, finalement : le sel est cette petite part de superstition qui m'aide à protéger ce que je construit avec Lui. Je lance une poignée de sel au dessus de mon épaule, je l'aime cette poignée, elle est à moi, elle est dans mon esprit, et elle me permet de me dire que je suis protégée et que ma vie n'est pas fade... même si... il y a encore cela à dire...

 

 

 

Poi dopo queste alcune parole che, oggi, non hanno più senso per me, sono andata via. Sono andata via di Napoli come un ladrone (senza dire niente perché... ma si, perché ?) e poi ho conosciuto l'orrore del ritorno difficile. Sono ripartita, verso il sud, nel « Pays Cathare » e qua ho avuto la voglia di rispondere alla mia promessa.
Ho pensato a quelli e queste cose che avevo deciso di chiamare 'il sale della mia vita', senza per questo dire che la mia vita non aveva sapore.
Ho pensato al silenzio offensivo dell'aquila in una ronda alle braccia aperte quando ho visto questo rapace scendere dalla montagna. Ho pensato all'attesa di quello che chiamavo l'aimant (giocco di parola francese su la calamita), quello che cercava di fuggire la sua solitudine per crearla alla sua immagine. Ho pensato al bambino agli occhi di luce che mi ha imparato a fuggire ciò che, assolutamente, non volevo più. Ho pensato a questi esseri che mi hanno fatto e che vanno partire, a loro pelle rugosa, ai loro spiriti stanchi ed all'amore incondizionato che porto per loro. Ho pensato a quello consumato alla fine di 5 anni di attesa o quello che amavo probabilmente troppo, al primo amore che immagino nelle stelle, ho pensato all'uomo fatto e maturo tuttavia così fragile, ho pensato
all'amico di sempre con chi fu evidente che no (nun c'era niente a fare).
Il mio sale della vita è anche scoprire e riscoprire dei paesaggi non solo dei visi ; da qualche parte questo può essere soffrire anche dell'incomprensione umana ; alla piccola felicità di dire che circolo a 69 km/o con le persone conosciute di lunga data ; alla felicità di ritrovare delle case amate, di sentire il vento, di vedere la mia carne avere freddo ma non troppo, di prendere una bella foto (…) o di sentire il riso di mia nipote.
Ma non c'è solo il sale, finalmente: il sale è questa piccola parte di superstizione che mi aiuta a proteggere ciò che costruisco. Lancio un pugno di sale al disopra della mia spalla, l'amo questo pugno, è mio, è nel mio spirito, e mi permette di dirmi che sono protetta e che la mia vita non è insipida... ma c'é...
Storia senza fine.

 
 
Nig Labornez

giovedì 6 settembre 2012

Gli anni in tasca.

Da tanto non mi ritrovavo in simili ristrettezze economiche, non avevo prospettiva, non vedevo un futuro da nessuna parte. Non avevo lavoro e i miei libri si vendevano come videocassette nel Congo Belga, lo stato ignorava ogni mia richiesta di aiuto eppure mi sentivo allegro.
So che non c'era proprio niente di cui stare contento eppure come Miller nel Tropico io mi sentivo artista adesso che stavo tra i pidocchi più di quando potevo dirmi agiato e con abbastanza soldi in tasca da non riuscire a finirli prima che finisse il mese, quando ogni tre settimane mi sceglievo una meta e partivo per una bevuta a Madrid, una canna ad Amsterdam o per vedere il mare a Barcellona in pieno freddo autunno. Mi restavano le strade della mia città, la miseria mia e quella di tutti, la scelta tra fumare o bere, le stanze piccolissime, il re del cavone, la gioia di avere almeno un tetto e le storie degli amici di strada.
I film che vedevo a ripetizione per rimbambirmi di vite e di storie, e scoprire che non t'importa di niente se non del sole e della pioggia. Avere tanto tempo, tutto il tempo per passare a casa sua la notte, darle un bacio prima che s'addormenti e poi rotolare via come i sacchi presi a prendere dai netturbini, fischiettando fino a casa, coi tossici che volevano derubarti ma quando ti fermano annusano la puzza di miseria e ti salutano come vecchi commilitoni nella trincea della strada, la fanteria della vita e la morte a cavallo, baionette arruginite e moschetti napoleonici dietro barricate di sabbia in riva al mare, ci si può sentire vivi, vivi davvero, senza niente da fare, il vuoto nello stomaco e un sorriso sulla faccia come il cingolo laterlale del carro armato.


Faye Goddard.


Vita mia. Teatro degli orrori.

martedì 4 settembre 2012

L'Humphrey Bogart dell'Eta.

Un uomo che non fuma
è un uomo spento, disse mentre si accendeva una sigaretta
lui che aveva detto che avrebbe smesso presto, lo aveva detto altre volte
non lo aveva fatto mai.
Non puoi credere ai sicari
ai malviventi
ai fascisti e agli Stalinisti
alle spie di professione e a quelle che solo lo fanno per piacere
non puoi credere ai figli unici
e alle donne sole
non puoi credere agli esseri umani se non hanno visto
o fatto una stronza di guerra
se non hanno mai avuto un coltello puntato verso il proprio petto
se non sono stati minacciati da un arma
se non sono stati feriti dai sensi di colpa
e non hanno mai sentito la puzza che si sente quando sei così vicino
dal perdere la vita e capisci che non vale niente, ed è tutto quello che hai
e la vuoi e daresti tutto per un po' di sole ancora.
Borja aveva questo suo modo di fare, non so dove le avesse
pescate certe teorie, ma era il vademecum che applicava alla sua vita
e non ci si poteva che fare i conti.
Era l'Humphrey Bogart dell'Eta, lo spagnolo meglio vestito
che si fosse mai visto dai tempi di Franco
tempi che Borja per certi versi intricati
rimpiangeva.


Faye Goddard.

La fretta, il treno, sensazioni sepolte.