venerdì 16 maggio 2014

Senna.

Balleremo come sassi lanciati su uno stagno
attraversando portici con la pioggia
le nostre finestre verso il disastro
le fiamme degli accendini
le sigarette spente
le corse da finire in sesta marcia
i mal di testa
Il Brasile e
le canzoni di Lucio Dalla
gli abitacoli che perdevano pezzi alla partenza
le partite di calcio alla televisione
le coppe nazionali
e tutti ci tenevamo stretti in una mano e l'altra alta a dire vinciamo ancora
con la gente che nuotava di notte nelle fontane
e ci ho messo degli anni a capire che la colpa era anche mia
e che un vinvitore vale quanto un vinto
potevo fare qualcosa 
provare a cambiare qualcosa...
e tu mi hai detto i tuoi occhi non riposano mai
sotto c'erano solo troppi sogni
che aspettavano il verde
il semaforo
il via...



Pier Angelo Consoli.
 

martedì 13 maggio 2014

KID A : OVVERO COME TI RACCONTO L'11 SETTEMBRE UN ANNO PRIMA





Lo so, lo so… L’11 settembre ha fatto la palla…
Non dico che non è stata una tragedia, lo è stata eccome, dico solo che ci hanno ricamato troppo.
Tutti, per anni, sembravano avere un episodio della propria vita che volevano raccontare, il tema dell’antologia era: “che stavo facendo quel giorno?”
È stato un esercizio planetario, per anni quasi…
Per quanto mi riguarda non saprei dire il giorno in se, ma la sera prima me la ricordo benissimo, stavo a Palinuro e sono quasi stato ucciso da una pannocchia.
Mi stava soffocando.
Hanno dovuto farmi la presa da dietro e l’ho sputata.
Una pannocchia che manco volevo…
In ogni caso l’altro giorno ho trovato una cosa in un libro che voglio condividere.
Chuck Klosterman, un critico rock americano con la faccia di una donna, di una zia per la precisione,  ha scritto un libro così così intitolato “il giorno in cui il rock è morto” intorno a pagina cento se n’è uscito con una cosa su Kid A dei Radiohead, che mi ha dato da pensare.
Lui stesso è pronto a considerarla quasi una paranoia, più che una teoria, ma riascoltando  l’album con le orecchie tese, devo dire che la cosa si è fatta davvero interessante.
Prendiamo le 11 tracce una per una:
Come se fosse un racconto in versi l’album si apre con una frase:Everything in its right place (ogni cosa al suo posto…) ed altrimenti non poteva essere quel giorno, appena cominciato, tipo alle otto del mattino, se non un giorno uguale a tutti gli altri, storto o morto, in cui ogni cosa era al suo posto…
Si passa al secondo pezzo, quello che da il titolo all’intero album. Questa è una canzone tranquilla, quasi trasognante, in cui John Greenwood suona le onde Martenot, uno strumento famoso più che altro perché usato nella sigla di Star Trek. La canzone scivola tranquilla come l’inizio di una normale giornata di lavoro, solo che alla fine c’è qualcosa che non va, non si capisce bene cosa, un cambio di rotta, infatti…
Il terzo pezzo è The National Anthem (l’inno nazionale) in questo preciso momento il primo aereo si infrange sulla prima torre.
Qui la musica cambia totalmente dai due pezzi precedenti e diventa inquietante.
Il pezzo dice: what’s going on? (Che succede?)  Fino a verso la fine della canzone in cui tutto si fa più caotico e il secondo aereo si schianta, i fiati sembrano le sirene delle ambulanze e della polizia.
Il quarto pezzo è How To Disappear Completely, e qui si ha la netta sensazione che il mondo stia per finire. Le persone continuano a non capire perché sono lì e continuano a dire “This isn’t happening” (non sta succedendo…) e per assurdo nel testo le persone letteralmente fluttuano, leggi pure cadono, sulla Terra.
Nel testo ci sono anche luci stroboscopiche, altoparlanti esplosi e fuochi d’artificio. È una canzone sul bruciare vivi e cadere dalle finestre.
Il quinto è un brano strumentale dal titolo Treefingers, è strumentale, quasi che non ci siano parole per quello che poco prima è accaduto.
Il sesto è Optimistic, qui siamo in pieno Ground Zero, nel testo si parla di “avvoltoi che volteggiano sui morti” e di “pesci grossi che mangiano pesci piccoli…, non è un mio problema, datene un po’ anche a me…”
Poi c’è In limbo, brano numero sette.
E parla di “nessun luogo dove nascondersi…”  e di “trappole che si aprono, cado a spirale…” ed è un po’ come si sentivano gli americani in seguito all’attentato.
Scoperti, per la prima volta, vittime in casa propria.
Segue Idioteque, il brano più inquietante e famoso dell’album.
Nella prima fase si parla di “ chi è nel Bunker?”, di “donne e bambini per primi” e si osserva una prima fase dell’accettazione, allo sgomento dei primi pezzi in cui ci si chiedeva cosa sta succedendo, qui la canzone dice “thi si really happening” (sta succedendo per davvero…)
Yorke dice:  we’re not scaremongering ( non stiamo diffondendo il panico)” eppure alcuni lo fanno già, (un era glaciale in arrivo, un’era glaciale in arrivo!!!!  Prendi i soldi e scappa!!!)
In Morning bell, una nazione in stato di shock diventa ovviamente molto compassionevole, “everyone wants to become a friends (tutti vogliono diventare amici)”
Ma non c’è modo di affrontare la perdita infatti nel pezzo successivo, Motion picture soundtrack Yorke canta “red wine and sleeping pills (vino rosso e sonniferi) help me get back to your arms (mi aiutano a tornare tra le tue braccia)” la gente non riesce a dimenticare, a dormire, così ha bisogno di vicodin, di sonniferi e di più vino.
L’album si chiude con Genchildren ovvero la fede che dietro tutto questo si nasconda comunque qualcosa di più grande, “i will see you in the next life (ti rivedrò in un’altra vita)”
In conclusione quello che voglio dire è che Kid A è stato inciso un anno prima, nel 2000.
Ovviamente Thom Yorke non è un profeta, ma un artista, e a volte capita agli artisti visionari di raccontare cose non ancora successe e che poi veramente succederanno, come il Nautilus di Giulio Verne in Ventimila leghe sotto i mari, il Grande Fratello di Orwell, e alcune visioni di Philip K Dick.
La morale di tutta questa storia, secondo il mio modesto parere, è: Fate sempre attenzione a ciò che dite o scrivete, a sparare cazzate, certe volte ci si azzecca…   

 

   

Pier Angelo Consoli.