sabato 28 novembre 2020

BARDAMU.

 La notte nasconde e rivela, pensò, mentre provava a trattenerne il profumo e il cielo s’incupiva e si addobbava di stelle. La strada non si svuotava, ma cambiava forma. Da basso, i pakistani facevano sfrigolare la carne sugli spiedi e i vagabondi, sotto i portici della stazione, rassettavano i cartoni di fronte a Garibaldi.

Gli ambulanti facevano il conto della merce, abbracciavano le rose, armavano i sorrisi, tenendo a bada la nostalgia. I cani cercavano padroni, le donne di casa slacciavano il bucato perché l’umidità non impregnasse le fibre dei tessuti. Gli anziani guardavano la televisione, i malati pregavano il Signore, i tossici facevano il conto delle vene e degli spiccioli rimasti. La notte era il purgatorio delle anime che aspettano, uno sguardo verso i cieli e un piede nell’abisso. Gli abitanti del buio, più di quelli del giorno – pensava quella sera seduto sul balcone – hanno davvero bisogno di Dio e, per questo, con grande tenerezza si possono amare. 

Quando si voltò alla sua sinistra, li vide uscire dal vicolo. Lui aveva le mani in tasca, lo sguardo basso, lei era di spalle e camminava spedita. Il prete pensò, per un istante, a Bardamu, alla canaglia che a tentoni viaggiava fino al termine della notte, l’uomo che aveva attraversato oceani e continenti, accolto con disprezzo, dal cuore buono ma duro, votato alla sconfitta più violenta: non essere capito.

Aveva molte storie nella testa, padre Augusto, perché era vecchio e perché possedeva un passato fatto di carta più che di eventi. Aveva affrontato il male da seduto, le mani in grembo e questa era l’unica colpa capace di non farlo dormire. Gli uomini sono barbari, il più delle volte e reagiscono con violenza di fronte al prodigio, alla bellezza e a tutto ciò che li sconcerta. Il prete si ricordò di Lazzaro di Betania, il più grande dei miracoli, resuscitato dai morti e ucciso, di nuovo, dai saggi del sinedrio. Gesù fu condannato per quello e perché la fama che gliene derivò era troppo grande perché la si potesse contenere.


"Come il buio per le stelle" estratto,


 Pier Angelo Consoli, 2020, Ioscrittore, euro 15.

lunedì 26 giugno 2017

Yerma

Juan Orelledo osservava la pioggia d'estate. Non toccava l'asfalto, si prosciugava prima. 
La camicia arrotolata fino ai gomiti, i pantaloni di stoffa lisa, la sigaretta spenta.
Una stella nera dentro un cerchio riposava sul braccio sinistro.
Un passato che poteva nascondere, impossibile da dimenticare.

La pistola era avvolta in uno straccio, non ci sparava più.

E' morto, si disse ed era quasi orgoglioso, come se avesse contribuito. Non a Granada, nella fossa comune. A Oviedo, nel suo letto. Felice.

Checca fino all'ultimo, immaginò, perché non c’era stato ma lo conosceva, senza un prete. Fino all'ultimo secondo, un uomo.
Dopo aveva abbassato lo sguardo, dato un calcio alla terra che si era fatta polvere.
«Il tempo passa e ci lascia da soli» sussurrò al vento come il vecchio che era, «la rivoluzione…» Avrebbe voluto sputare, ma la gola era prosciugata, ai lati delle labbra increspate due chicchi di riso. Anche solo averci provato, pensò, vincere e perdere è per le macchine avrebbe detto a suo nipote, se solo ne avesse avuto uno, la vita è esserci stato.

 

Pierangelo Consoli.

martedì 14 febbraio 2017

Il San Valentino di Mario.

Tutto quello che ho scambiato per amore, in quei mesi, è stata solo ostinazione infantile, possessività e paura di restare solo. C’era questa stupida illusione di poter recuperare, come se si potesse, attraverso certe scelte, far tornare indietro il tempo. Le persone hanno questa discutibile ossessione: voler riparare…
Da troppo tempo non amo nessuno, e mi sono scordato com’era. Forse, per questo, davo a tutti i sentimenti lo stesso nome, per ignoranza. 

martedì 20 settembre 2016

Il tempo perso a leggere non ve lo rimborsa nessuno

Quando ho deciso di acquistare questo libro, sapevo dall'inizio che stavo dando credito ad una truffa.
Perché Rizzoli, per farti spendere 15 euro, ha deciso di editarlo con l'interlinea tripla e il carattere 16, e stamparlo su fogli di cartone.
Come si faceva con le tesine delle superiori per tramutare 20 pagine in 60.
Ma questo lo sapevo appena sfogliato, avrei potuto comunque evitare di comprarlo, per rispetto agli alberi, quantomeno.
Ma non ho saputo resistere. C'entra il calcio, certo, ma non Maradona, sebbene il Pibe e le storie che lo riguardano hanno, su di me, lo stesso effetto del nuovo singolo di Madonna per il giovane omosessuale medio.
C'entra il Magico Gonzalez, il leggendario attaccante numero 11 del Càdiz, il più grande giocatore di tutti i tempi, che Marsullo, per sua stessa ammissione, non conosceva, e che io e il mio amico Alban, fanatici rigattieri di tutto ciò che riguarda la storia del pallone, conoscevamo da tempo.
Certe storie noi ce le scambiamo come numismatici senza una vita, la cui pelle ha finito con l'assumere lo stesso colorito delle antiche banconote che adorano.
Le nostre compagne ci odiano, per questo, sia chiaro. Siamo dei nerd del pallone...
Il libro di Marsullo non è un romanzo, tanto per cominciare, anche se, nell'ambiente editoriale, ormai chiamano romanzo qualsiasi cosa, pure gli snack in sala ristoro.
E' un racconto, per scriverlo ci vorrà qualcosa come tre giorni, a essere pigri, per leggerlo, due ore...
Ciononostante, quelle due ore non ve le rimborsa nessuno (da qui il titolo di questa recensione), magari potevate andare al parco e conoscere la persona della vostra vita, o pestare la cacca di un cane, che si dice porti fortuna, sarebbe stato comunque un investimento per il futuro...
La prosa di Marsullo è costellata di frasi fatte, retorica talmente trita che nemmeno più sanguina.
Un "Baricchino" compreso che trovo spesso stucchevole pure l'originale.
Un'altra cosa che proprio non capisco è perché invece di mettere il punto, questi scrittori lo scrivono proprio, a un certo momento del fraseggio, "punto", ma che senso ha?
Non la voglio tirare per le lunghe, ma ci sono rimasto male.
Quando ho comprato questo libro ho chiamato il mio amico di cui sopra, tutto contento che avevo trovato un libro che parlava del Magico. Non mi piace parlare male dei libri degli altri, e sfido a cercare su questo blog altre volte in cui l'ho fatto, ma immaginerete la delusione...
Oggi torno dal mio libraio di fiducia, non voglio certo i soldi indietro, ma magari me lo cambia con qualcos'altro che non ingolfi il poco spazio che ho in libreria...

Pierangelo Consoli.

lunedì 15 agosto 2016

La figlia del piromane







Per quanto si ritenga evoluto
l'uomo
resta un animale da branco
solo 
è stato in grado di rendere 
il branco
apparentemente 
invisibile.


pa.c. 

sabato 23 luglio 2016

Il Totalitarismo al tempo dei Pokemon




L'aggregazione spontanea è stata sempre il peggior nemico di ogni sistema di governo.
Diamo per assunto, non c'è nemmeno bisogno di spiegarlo, che quello in cui viviamo non è un sistema di governo liberale, né, tanto meno, democratico, poiché, solo questo voglio dirlo, dal momento che alla popolazione non è dato decidere nulla di concreto, cadono tutti i principi basilari del Démos Cràtos.
E come tutti i sistemi fino ad ora conosciuti, per auto conservarsi, questo ha bisogno che le persone restino isolate e non si confrontino, poiché lo scambio di idee rischia di diventare sedizioso.
In passato è stato avvertito il problema di separare, controllare, e condannare, l'aggregazione, il che comportava un utilizzo cospicuo di risorse e mezzi, oltre al fatto che si trattava di negare un qualcosa che le persone sentivano di desiderare e la cui negazione era genesi di scontento.
Oggi i governi dispongono di mezzi più sottili.
L'aggregazione non è scoraggiata, ma si dispone che i cittadini abbiano accesso a surrogati assai più semplici da gestire.
Internet fornisce forme di aggregazione governabili e assai più facili da controllare, oggi non è difficile vedere di cosa parlano due persone e archiviare quanto scritto come interessante o inutile.
Non è difficile capire da che parte potrebbe soffiare il vento dell'opinione e correggere il tiro.
Si viene persuasi, quindi, che sebbene sia possibile aggregarsi, che non è vietato, le persone preferiscano non farlo, che trovano, cioè, assai più soddisfacente fare altro, isolandosi e trovando piacere in un intrattenimento interattivo, privo d'interazione reale.
Distrarre le persone è il sistema più semplice per detonarle.
Detto questo, non sarà difficile capire l'utilità del Pokemon Go, ovvero veicolare l'attenzione in un sistema virtuale capace di generare io ipertrofici, acuirne la competizione, e distrarre le persone dalla catastrofe del reale.
Per fare questo è stata utilizzata una tecnologia non invasiva, con la quale le persone avevano già una certa dimestichezza, così da rendere il tutto facilmente assimilabile.
Chiamati ad utilizzare elementi con i quali abbiamo già familiarità, essi non ci sembreranno invasivi, nocivi e sconvolgenti.
Utilizzo, come già prima facevo, un sistema gps, un videogioco, il mio smart phone, solo tutto insieme e in maniera assai più allettante, perché la nuova app mi fornisce uno scopo e una fuga virtuale dalla realtà, aiutandomi a sviluppare estensioni del mio ego le quali sono capaci di cannibalizzare le mie potenzialità sovversive.
L'uomo Social, si rifugia in un mondo solipsistico e asociale, asservendosi ad una distrazione di massa che permette al sistema di controllarlo con grande facilità.

  

giovedì 21 luglio 2016

La banda dei peggiori


1


Lui è Howard il papero. È alto quanto un bambino di cinque anni, ma una volta ha salvato il mondo...
Ho fatto la sua conoscenza intorno al 1988, avevo sette anni. Ho visto quel film decine di volte. È stato un grande amore.
Viene fatto a pezzi quasi ogni giorno, ma poi ritorna...
Lei, invece, è Lolita, in bianco e nero. È rimasta bloccata in bichini, non cambia nemmeno d’inverno. Indossa quello strano cappello a falda larga che sembra un lampadario di schiuma. Ha il leccalecca perennemente tra le labbra, come Maigret con la pipa, e anche se ha dodici anni, - dodici e mezzo - ciancica lei... 
-   dodici e mezzo dal 1955... 
-   stronzo...        
Dodici, o dodici e mezzo, eppure sento che certe volte potrei persino scadere nell’ondinismo, mentre altre, avrei soltanto voglia di spararle una palla in bocca... Purtroppo è come un cromosoma, non c’è modo di eliminarla. Quello che gli tiene saldata una mano sulla coscia, mantenendo uno sguardo da zio traviato, è Wolverine, e credo che non abbia bisogno di troppe presentazioni.
È arrivato relativamente tardi, per gran parte della mia adolescenza mi ero affezionato a Ciclope, poi sono cresciuto, e non so proprio cosa ci trovassi...Wolverine ha gli artigli che gli escono dalle mani e uno scheletro di adamantio. Non è forte quanto Superman, ma non si veste così male... è un cartone animato, certo, come Roger Rabbit.
Il tizio che non lascia in pace la mia chitarra, è Paul è morto.
Ci tiene che lo si chiami così, perché non vuole essere frainteso col fantoccio ancora vivo che lo ha sostituito dopo l’incidente stradale del 1966. Non parla molto, e odia quasi tutto quello che i Beatles hanno fatto dopo. Soprattutto Come togheter...
Il suo peggior nemico è John Lennon, certi giorni apre bocca solo per dire qualcosa di osceno su di lui.
Io adoro Ticket to ride, a lui piace molto I’ m a loser, e proprio perché la detesto, spesso la canta, ma forse vuole solo dirmi qualcosa.
Alle sue spalle c’è Allen Ginsberg, fortunatamente oggi non è nudo, o meglio, sono certo che sotto quell’orrenda salopette di jeans sia senza mutande, ma almeno oggi tiene le bretelle sulle spalle.
È la mia parte creativa, o forse soltanto quella sessualmente ambigua. Disturbo dell’identità di genere, nei manuali la chiamano così. Il vecchio che armeggia, senza successo, con il telecomando della televisione è Armando Cossutta, un acquisto recente. 
Era un membro dell’ala più intransigente del PCI. Uno
 che, se avesse potuto, ci avrebbe felicemente traghettato a bordo di una Volga, tutti a fare un giro panoramico delle isole Solovetskij, lì dove la coscienza dell’occidente è andata spesso a farsi una vacanza. Una volta il mio Armando ha visto Lindo Ferretti alla televisione, il Lindo di adesso, emaciato e stralunato, rapato a zero, credeva fosse uno Zek. Pianse di gioia, credeva ce ne fossero ancora, e ce ne sono, ma pare che non li trattino più così male come allora, ma questa è solo la versione che le Nazioni Unite vogliono sentire, nessuno può esserne certo.
Armando è la mia morale, non credo sia il caso di aggiungere ancora...