mercoledì 28 novembre 2012

Ogni cosa è illuminata...

-venivo a vederti tutte le sere-
-non ti ho mai visto-
 -tu non potevi vedermi-
-dove?-
-non importa dove ma quando, e quando era tutto il tempo
dove poteva essere la Siberia
e la miseria
dove poteva essere in casa mia
o in una fotografia
in cui non c'ero
dove poteva essere nella mia testa
ma non mi avresti visto lo stesso
non mi avresti visto mai
mentre tutti partivano in cerca di altre vite
per dimenticare
delusi e chissà che anch'io non avrei fatto meglio
a stare alla larga
da certi ricordi
lontano a guardare
il soffio sui tulipani
e il tuo sguardo 
ovunque si posa
ogni cosa è illuminata.-

Faye Goddard.

Il vento che nel sole cerca la pioggia.  


sabato 17 novembre 2012

La morte avrà i tuoi occhi e io la saprò vedere.

Un giorno vorrò avere la tua mano stanca sui miei occhi
quel giorno ti verrò a cercare
ci sono persone che in punto di morte
vorranno vedere il mare
o le piramidi
e le cose belle che non hanno mai visto
o quelle che vorranno vedere ancora
quelle cose grandi che creano la tranquillità
tanto sono enormi
e troppo grandi
e se io conoscerò quel giorno
quel giorno mi farò dare un telefono
e non mi dovrò muovere
per me sarà facile o forse impossibile
ma io
ti chiamerò
per vederti una volta ancora
una volta sola.

Faye Goddard

Nick Cave una cosa non ricordo cosa...


mercoledì 31 ottobre 2012

Manuali di sopravvivenza.

bere alcolici massimo 2 volte a settimana
mangiare il piu sano possibile e con meno glutine possibile
almeno due volte a settimana passeggiare la mattina presto, ma molto presto, vicino al mare
studiare francese
ascoltare wolof
uscire la sera massimo due volte a settimana ( a meno che non ci siano feste, compleanni, concerti imperdibili)
trovare un lavoretto
capire come recuperare i miei soldi
leggere almeno un libro ogni due settimane e andare al cinema anche
non dimenticare le parole Di Elisabeth
imparare a fare il pane.

Carmen Spiniello.


mercoledì 24 ottobre 2012

Come fiori nati a Hiroshima nascevano le riviste letterarie gratuite.

Nascevano le riviste letterarie
le intenzioni si univano per carburare
per non perderci
e non sarebbe stata del tutto una rivoluzione
ma comunque un cambiamento
nascevano come fiori a Hiroshima
i reading per starci vicini
e nessuno che ci pagava mai
una generazione autoprodotta
per non smettere di urlare
per un malinteso senso del progresso
vienimi a prendere alla stazione di Roma
ti aspetterò con le poesie nella borsa
sventolandole come petizioni per la bellezza
la notte prima di andare nel letto a scieglierle
e noi tutti che avremo fatto qualcosa
che un giorno
ne potremo scrivere
nel ciclostile di quei giorni
nessuno potrà dire domani
furono tutti uguali.


Faye Goddard.

Prima di dire auguri alla giovane rivista del padre di Caino.

domenica 21 ottobre 2012

Numeri.



L’odore impregnato nella pelle. Le luci si nascondo lasciando spazio al giorno, dietro con ordine si spengono, senza paura. Guardo il mondo girare sopra un bicchiere e mi rendo conto che la felicità gira sopra un ritmo balcanico. Perennemente siamo li, a guardare ed ammirare l’ultima nostra pazzia. Raggiungere un numero perfetto, quello che ci mette sopra la piramide, che ci regala una cintura, quello che ci porta a contare in ordine. Mi sveglio con la voglia di contare, di mettere ordine, di sentire le pulsazioni fino alla gola ma sempre con ordine. La prima cosa che ricordo fu una teoria della vita, non pisciare ovunque, poni un equilibrio, conta i passi. Camminai e diventai grande contando: una pecora si una pecora no, una pecora si e una pecora no. Ma puntualmente per una sfortuna mi trovavo con un numero mancante. Certo pensare che il mio codice era quello a poche cifre, quello che veniva regalato ai poveri mi  dava una sorta di ribellione. Era stampato dietro le mie spalle. Le spalle, che creazione divina regalata dall’innominabile, per le tante tipe. Le mie spalle da piccolo le guardavo mentre si formavano, mentre crescevano, mentre raggiungevano la forma dell'uomo grande e pregavo...pregavo che tante labbra si fermassero li, stampate. Volevo fermarmi, volevo raggiungere la perfezione, essere ciò che ogni donna desidera, essere in loro. Come sempre una questione di numeri, una matematica in cammino, un conto all’infinito. Ma poi diventi grande, e i tuoi numeri iniziano a scomparire. Devi essere bravo a raggiungere il cinque. Il cinque è il moto di noi mediani, di noi sognatori cementificati. Anche la forma del cinque è perfetta, mezzo cerchio e una mezza linea dritta. Tutto mezzo, tutto si ferma prima di arrivare all’apice. Anche noi sognatori ci fermiamo sempre li, sempre in un mezzo tramonto e una stella pronta a nascere. Sempre a promettere di arrivare alla fine, per primi, di essere per una volta sola i capitani della nostra nave. Maratoneti della nostra vita. Ogni giorno svegliarsi con un sogno, con la voglia di bere per la vittoria, per le trenta volte di orgasmo, per i tanti numeri che portiamo a mente, per i conti da pagare con i pochi spiccioli. Numeri e numeri che danzano nei nostri battiti, solo per farci diventare grandi.

Shpati
 
Après la Classe - Un Numero

venerdì 19 ottobre 2012

Non capirò mai chi viene dalle montagne, è più forte di me, ncia facc...

Tutte le persone che vengono dalle montagne, quelli che ho conosciuto io, non vedevano l'ora di ritornarci. Soffrivano la distanza dai loro piccoli paesi arroccati da qualche parte, posti in cui non ci sta niente e io non ho mai capito tutta la loro nostalgia. Scendevano nelle città vicine per studiare o per fare qualcosa che ovviamente non potevano fare nei loro paesi, ma appena avevano un secondo ci tornavano e soffrivano la distanza come cani abbandonati.
Che poi ci sta sempre quello che dice "fanno bene, e vedi tu... là si sta bene..."
"ma bene a fare che? Il formaggio? Ma levt a miez..."
Noi, forse perché si veniva dalla pianura, non lo so, però ce ne siamo scappati con la stessa velocità con cui quel pazzo di Baumgartner si era fiondato sulla terra.
Scappavamo dal paese a tremila chilometri orari, come una fionda e col cazzo che ci volevamo tornare, ci dovevano venire a prendere le camionette.
I nostri genitori imploravano al telefono la nostra presenza che tutte le volte accettavano con una gratitudine pari alla pioggia per gli africani, era na cosa rara vederci a tavola la domenica, benediciamo il pane, facciamo na preghiera, è tornato.
Così la prima domanda che ti facevano non è mai stata come stai, ma quando te ne vai?
E quando tu dicevi domani o addirittura stasera, facevano sempre la faccia
Anna Magnani in mamma Roma.

Continua...

Faye Goddard.


Eddie Vedder, qualcosa non so cosa...

mercoledì 17 ottobre 2012

La letteratura ti ha fottuto!

In quello che scrivi ci sono solo ricordi
disse
e io non potei che restare in silenzio, nella mia solitudine
che mai mi aveva abbandonato
con tutte le paure di non provare più niente
di essersi inceppati in una fase precedente della vita
in cui avevo sofferto molto e mi ero promesso come un mantra
che non ci sarebbe mai più stato lo stesso me
e come un esorcismo mi liberai da tutti i mali
e il male peggiore me lo ero inflitto io
perché senza soffrire io nemmeno riuscivo ad amare
solo con la voglia di sparire
cercando di perdonarmi di essere fatto così male.


Faye Goddard.

sabato 6 ottobre 2012

Ma che ce frega, ma che ce mporta...

Vivevamo come i protagonisti di certe canzonacce romanesche
cantate da Nino Manfredi
con l'abbacchio, le galline,
e i ma che ce frega, ma che ce mporta...
Eravamo arrivati a congegnare sistemi per mangiare sempre
tutti insieme così da dividere il cibo
e lettere alla Fao offrendoci come cavie
per la sperimentazione sul cibo geneticamente modificato 
dal momento che ci erano rimasti a stento i soldi per pagare
l'affitto delle stanze singole che occupavamo
sparpargliati nella città.
Eppure pareva proprio che ci bastasse poco per sorridere
nella clandestinità s'impara a fare a meno
che le cose di troppo rallentano
la bellezza e i nostri tutto sommato
pochi anni su questa terra
nessuna crisi globale ce la potevano togliere.
Un computer da cui tirare fuori musica come carillon
il vino in offerta
e qualcuno da pensare come l'uomo o la donna
che inseguivamo da una vita
per il resto qualcosa sarebbe accaduto
come un meteorite di felicità
o un editore, almeno per me, che mi tolga 
dalla strada.

Faye Goddard.

Pezzali. Unorsominore. 

giovedì 4 ottobre 2012

Tutta la verità, Valentina...

Da quando Fago era andato via, non potendo più mettere piede in casa mia per ragioni su cui preferisco soprassedere, la mia casa si era tramutata in una Babele.
Ci eravamo ritrovati con due giapponesi che da Kioto si erano trovati a Napoli come prima esperienza fuori casa. Tu dimmi se uno che ha sempre vissuto con sua madre a Kioto tu lo prendi e lo porti a Napoli, francamente temo che possano finire sotto le macchine o che come minimo gli rubano pure gli occhiali dalla faccia. Satoru e Helio non parlano nemmeno l'italiano, ne masticano giusto un pezzettino ma niente di più e non parlano ingelese, sono fottuti, punto. Poi ci sta Nev un simpatico angloindiano proveniente da Bristol convinto che per ragioni generazionali nel suo sangue scorra whisky.  Per fortuna Nev parla inglese. Poi c'era l'immancabile Alban che quando si metteva a parlare con i parenti in Albania ti pareva pure di cogliere certe parole, ultimamente io avevo capito "Capitone" per esempio, ma poi ci ho pensato e mi sono reso conto che era impossibile che stesse da ore a parlare di capitoni con sua madre a Skutari, anche se con Alban tutto può essere, sempre.
Al momento sbarcavo il lunario con gli aperitivi del giovedi e parlando in inglese con un bambino di quattro anni cercando di far entrare un qualche vocabolo in quella piccola testolina indifferente e ribelle. Ma non riuscivo che a fare i soldi per una buona bevuta, per il resto non potendo smettere di fumare avevo deciso di risparmiare sul cibo, un pasto al giorno, e ammetto che a volte nemmeno quello. Ascoltavo Max Gazzé e più precisamente la canzone Valentina. Ma chi cazzo è sta Valentina? Boh. In ogni caso ero felice e mi piaceva guardare la mia ragazza, che assolutamente non mi perdona di pensarla già come la mia ragazza, che la mattina si vestiva per andare, almeno lei, a lavorare. Io che restavo ancora nel letto mi sentivo la schifezza dell'uomo, ma infondo mai ho avuto la pretesa d'essere migliore di un orango, migliore di quello che sempre sono stato.

Faye Goddard.

Valentina non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento...

venerdì 21 settembre 2012

Dopo tanto tempo...tornano.

Cercavo di spiegare quando i palazzi barcollavano tenendosi alla luna
e tu eri via
io ero stanco, molto stanco
e mia madre mi credeva un chiromante
chiedendomi al telefono del mio futuro
i miei tre sette col morto
noi che nessuno aveva un lavoro e solo tu lavoravi
io facevo finta e qualcuno nemmeno faceva più finta
i guai che si ammassavano come la polvere
e noi che come gli acari sorridevamo nella posa
dei giorni che ci passano addosso come macchine
e non ci resta che ridere
e non abbiamo mai finto
mai smesso di saperci ridere
nel bar come un orfanotrofio
e noi tutti dentro
più caldi che fuori
la felicità in cui non credi mai
io che le davo da mangiare ora che quasi non avevo niente da mangiare
i soldi che avanzo e che non vedrò mai passare
come brocchi zoppi su cui avevo scommesso tutto
ma proprio tutto il mio avvenire
i sinfoforum in cucina per recuperare certe radici
le brutte notizie che ci raggiungono via satellite
dialogando con Leucò
e tutto quello che scrivo
vale quanto i coriandoli
quando il funambolo cade
entrano i clown.

Faye Goddard.

lunedì 17 settembre 2012

Il sale.


Puis après ces quelques mots qui n'ont plus de sens pour moi aujourd'hui je suis partie.
Je suis partie de Naples et puis j'ai connu l'horreur du retour difficile. Puis je suis repartie, vers le sud, et c'est chez les Cathares que j'ai eu envie de répondre à ma promesse.
J'ai donc pensé à ceux et à ces choses que j'appelais le sel de ma vie, sans pour autant dire qu'elle eut moins de saveur.
J'ai pensé au silence blessant de l'aigle dans une ronde aux bras ouverts lorsque j'ai vu ce rapace descendre de la montagne. J'ai pensé à l'attente de celui que j'appelais l'aimant, celui qui cherchait à fuir sa solitude pour mieux la créer à son image lorsque j'ai vu une forêt. J'ai pensé à l'enfant aux yeux de lumière qui m'a appris à fuir ce que je ne voulais absolument plus. J'ai pensé à ces êtres qui m'ont fait et qui vont partir, à leur peau ridée, à leurs esprits fatigués et à l'amour inconditionnel que je leur porte. J'ai pensé à celui consommé au bout de 5 ans d'attente ou celui que j'aimais sans doute
beaucoup trop, au premier amour que j'imagine dans les étoiles, j'ai pensé à l'homme fait et mûr pourtant si fragile, j'ai pensé à l'ami de toujours avec qui se fut évident que non..
Mais mon sel de la vie c'est aussi découvrir et redécouvrir des paysages et pas seulement des visages ; quelque part c'est peut être aussi souffrir de l'incompréhension humaine ; au petit Bonheur de se dire que je roule à 69 avec des gens connus de longue date ; au bonheur de retrouver des maisons aimées, de sentir le vent, de voir ma chair avoir froid, de prendre une belle photo, de trouver un nouveau vase, de lire une belle phrase, de chanter un peu faux, de caresser mon chat, de regarder le paysage, d'écouter Brassens ou d'entendre le rire de ma nièce.
Et puis, il n'y a pas que le sel, finalement : le sel est cette petite part de superstition qui m'aide à protéger ce que je construit avec Lui. Je lance une poignée de sel au dessus de mon épaule, je l'aime cette poignée, elle est à moi, elle est dans mon esprit, et elle me permet de me dire que je suis protégée et que ma vie n'est pas fade... même si... il y a encore cela à dire...

 

 

 

Poi dopo queste alcune parole che, oggi, non hanno più senso per me, sono andata via. Sono andata via di Napoli come un ladrone (senza dire niente perché... ma si, perché ?) e poi ho conosciuto l'orrore del ritorno difficile. Sono ripartita, verso il sud, nel « Pays Cathare » e qua ho avuto la voglia di rispondere alla mia promessa.
Ho pensato a quelli e queste cose che avevo deciso di chiamare 'il sale della mia vita', senza per questo dire che la mia vita non aveva sapore.
Ho pensato al silenzio offensivo dell'aquila in una ronda alle braccia aperte quando ho visto questo rapace scendere dalla montagna. Ho pensato all'attesa di quello che chiamavo l'aimant (giocco di parola francese su la calamita), quello che cercava di fuggire la sua solitudine per crearla alla sua immagine. Ho pensato al bambino agli occhi di luce che mi ha imparato a fuggire ciò che, assolutamente, non volevo più. Ho pensato a questi esseri che mi hanno fatto e che vanno partire, a loro pelle rugosa, ai loro spiriti stanchi ed all'amore incondizionato che porto per loro. Ho pensato a quello consumato alla fine di 5 anni di attesa o quello che amavo probabilmente troppo, al primo amore che immagino nelle stelle, ho pensato all'uomo fatto e maturo tuttavia così fragile, ho pensato
all'amico di sempre con chi fu evidente che no (nun c'era niente a fare).
Il mio sale della vita è anche scoprire e riscoprire dei paesaggi non solo dei visi ; da qualche parte questo può essere soffrire anche dell'incomprensione umana ; alla piccola felicità di dire che circolo a 69 km/o con le persone conosciute di lunga data ; alla felicità di ritrovare delle case amate, di sentire il vento, di vedere la mia carne avere freddo ma non troppo, di prendere una bella foto (…) o di sentire il riso di mia nipote.
Ma non c'è solo il sale, finalmente: il sale è questa piccola parte di superstizione che mi aiuta a proteggere ciò che costruisco. Lancio un pugno di sale al disopra della mia spalla, l'amo questo pugno, è mio, è nel mio spirito, e mi permette di dirmi che sono protetta e che la mia vita non è insipida... ma c'é...
Storia senza fine.

 
 
Nig Labornez

giovedì 6 settembre 2012

Gli anni in tasca.

Da tanto non mi ritrovavo in simili ristrettezze economiche, non avevo prospettiva, non vedevo un futuro da nessuna parte. Non avevo lavoro e i miei libri si vendevano come videocassette nel Congo Belga, lo stato ignorava ogni mia richiesta di aiuto eppure mi sentivo allegro.
So che non c'era proprio niente di cui stare contento eppure come Miller nel Tropico io mi sentivo artista adesso che stavo tra i pidocchi più di quando potevo dirmi agiato e con abbastanza soldi in tasca da non riuscire a finirli prima che finisse il mese, quando ogni tre settimane mi sceglievo una meta e partivo per una bevuta a Madrid, una canna ad Amsterdam o per vedere il mare a Barcellona in pieno freddo autunno. Mi restavano le strade della mia città, la miseria mia e quella di tutti, la scelta tra fumare o bere, le stanze piccolissime, il re del cavone, la gioia di avere almeno un tetto e le storie degli amici di strada.
I film che vedevo a ripetizione per rimbambirmi di vite e di storie, e scoprire che non t'importa di niente se non del sole e della pioggia. Avere tanto tempo, tutto il tempo per passare a casa sua la notte, darle un bacio prima che s'addormenti e poi rotolare via come i sacchi presi a prendere dai netturbini, fischiettando fino a casa, coi tossici che volevano derubarti ma quando ti fermano annusano la puzza di miseria e ti salutano come vecchi commilitoni nella trincea della strada, la fanteria della vita e la morte a cavallo, baionette arruginite e moschetti napoleonici dietro barricate di sabbia in riva al mare, ci si può sentire vivi, vivi davvero, senza niente da fare, il vuoto nello stomaco e un sorriso sulla faccia come il cingolo laterlale del carro armato.


Faye Goddard.


Vita mia. Teatro degli orrori.

martedì 4 settembre 2012

L'Humphrey Bogart dell'Eta.

Un uomo che non fuma
è un uomo spento, disse mentre si accendeva una sigaretta
lui che aveva detto che avrebbe smesso presto, lo aveva detto altre volte
non lo aveva fatto mai.
Non puoi credere ai sicari
ai malviventi
ai fascisti e agli Stalinisti
alle spie di professione e a quelle che solo lo fanno per piacere
non puoi credere ai figli unici
e alle donne sole
non puoi credere agli esseri umani se non hanno visto
o fatto una stronza di guerra
se non hanno mai avuto un coltello puntato verso il proprio petto
se non sono stati minacciati da un arma
se non sono stati feriti dai sensi di colpa
e non hanno mai sentito la puzza che si sente quando sei così vicino
dal perdere la vita e capisci che non vale niente, ed è tutto quello che hai
e la vuoi e daresti tutto per un po' di sole ancora.
Borja aveva questo suo modo di fare, non so dove le avesse
pescate certe teorie, ma era il vademecum che applicava alla sua vita
e non ci si poteva che fare i conti.
Era l'Humphrey Bogart dell'Eta, lo spagnolo meglio vestito
che si fosse mai visto dai tempi di Franco
tempi che Borja per certi versi intricati
rimpiangeva.


Faye Goddard.

La fretta, il treno, sensazioni sepolte.

giovedì 30 agosto 2012

Sull'incoerenza che incoraggio.


La contraddittorietà, ne vogliamo parlare?
Un’altra cosa che non mi è mai scesa sono i coerenti, quelli sempre coerenti con se stessi, con la vita, i duri e puri, che sanno sempre cosa sia giusto fare. Quelli stoici, che si negano per il bene comune, che vivono male e te lo fanno pesare. Quelli che cacano secco e non si sbracano mai.
Io sono sempre stato un incoerente convinto, patentato. Uno con la volubilità di un bambino di cinque anni, un lunatico, uno che non è mai stato tutto d’un pezzo, capace di tutto, con qualsiasi soluzione a portata di mano, uno che decide alla fine e che in ogni caso si lascia lo spazio per cambiare ancora. Non ci puoi fare affidamento, ma non mi è mai dispiaciuto. Ho cercato la vita e anche adesso che mi accorgo che le cose non sono affatto andate come pensavo, è cazzo che tornando indietro, di fronte agli stessi bivi, io faccio tutto uguale, le medesime mosse sbagliate.


Faye Goddard.

Da Varese a quel paese. Dente.

mercoledì 29 agosto 2012

Paure e pregiudizi.

Lo sai che non mi fermeranno mai
lo sai
che verso vuoi che ci sia
e non mi credi mai
e le capriole per aggirare la tua razionalità
sorrido e non mi credi
tu che non ti vuoi fidare
con la paura persino di pronunciare
il mio nome per bene
paura che ti entri nella fantasia
e poi se mi pensi finisce che ti affezioni
e hai paura
che sia troppo presto
e non mi fermeranno
le paure
e i pregiudizi
il tuo sesto senso come una barriera
l'istinto
lo stesso succede da un sacco di tempo
e ci provi ancora
ma non ci riusciranno mai
lo sai
anche se non mi credi
anche se non ci credi.


Faye Goddard.

domenica 26 agosto 2012

Il verso della Morna.

Affondare nel tuo profumo
mi significa il verso della Morna
una vita sprecata
è sprecata in ogni dove...
che mi hai offerto un letto
ed era quello che avevi
io che ti dissi mi ricordi il tulipano
mentre come un randagio mostravo ancora
i denti alla vita
giocando a fare il duro
io che non sono attrezzato
e a dormire sulla terra rischiavo seriamente
di rimanerci bloccato.
Adesso la giovane distanza
mi regala il gesto di una certa speranza
e la paura che il cambiamento
possa non far rifiorire tutta la tenerezza
al primo nuovo sguardo.
Io voglio conoscerti ancora
e ancora non provare imbarazzo
a far correre incontro
le mie labbra verso i tuoi capelli.

Faye Goddard.

sabato 25 agosto 2012

Un vecchio amico è tornato.


 
 
Un  vecchio amico è tornato
erano tredici anni
qualcuno diceva di averlo visto in giro
ma io credevo che fosse morto.
E’ tornato come un circo
con una donna molto alta che forse è un uomo
e un bambino coi capelli lunghi
parlavano francese e non riuscivano a farsi capire.
Portava un nome nuovo e dei documenti falsi
diceva che lo stavano cercando
che non aveva fatto niente
che aveva solo tirato un sasso a una vetrina.
Non so se fosse vero
se erano solo le fissazioni di un paranoide
o se glielo avevano detto i suoi per non farlo tornare.
Non sapevamo perché fosse tornato
dopo tanto tempo
forse aveva bisogno di soldi
o di mandare i suoi peccati in prescrizione
era molto stanco
disse solo me ne vado il due
me ne vado il due.
Era tornato e si rigirava i ricordi
di quando suo padre lo picchiava per niente
di quando era piccolo e da poco era stato adottato.
I suoi quando lo videro non gli dissero come stai
gli dissero “lo sai che tuo cugino si è laureato”
“che il figlio della vicina si è sistemato e si è fatto una famiglia”
gli mettevano a confronto quello che non era diventato
con le tribolazioni che aveva vissuto.
“forse sarei potuto diventare qualcuno
se mi avessero voluto veramente bene”
disse
aveva i denti neri, non lo si riconosceva
erano passati tredici anni
e io avevo creduto che fosse morto.


Faye Goddard.

La vida è tombola. Manu Chao.

sabato 18 agosto 2012

Rielaborazione, traduzione da le tre, quattro parole più difficili del mondo

rien, rien, je ne regrette rien
j'écris pour sauver les souvenirs de l'érosion
et encore je pense à toi
suspendue
dans les 3 mots les plus difficiles à dire au monde
...
à une femme qui s'en va
même si tu vois toute l'existence qui prend l'avantage
mais rien, rien, rien ne se regrette
la vérité je te dis
susurrant que tu ne pouvais pas m'entendre
et je ne voulais pas que tu m'entende
moi je t'aime
et puis de ces trois mots les plus difficiles en partiront un quatrième
bastarda
qui ne leur ressemble pas mais qui est là malgré tout
capable de générer une continuité dans les générations
malgré tout
au delà du temps
moi je t'aime encore
(d'un personnage qui ne regrette rien et tant mieux, j'ai repris les mots de monsieur Consoli)
 
 
Nig Labornez.

Le tre, quattro parole più difficili del mondo.

Niente, niente, io non rinnego niente
scrivo per salvare i ricordi dall'erosione
e ancora ti penso
sospesa
nelle tre parole più difficili del mondo da dire
a una donna che parte
mentre la vedi tutta l'esistenza che prende il sopravvento
ma niente, niente, non si rinnega niente
la verità ti dissi
sussurrando che non potevi sentirmi
e non volevo che mi sentissi
Io ti amo
e poi le parole difficilissime ne partorirono una quarta
bastarda
che non assomiglia ma che è comunque
capace di generare la continuità nelle generazioni
nonostante tutto
al di là del tempo
io ti amo ancora.

Faye Goddard.


Non je ne regrette rien. Edith Piaf.

venerdì 17 agosto 2012

Sul mestiere di scrivere.

Certi giorni ti svegli e ti senti svuotato, completamente, come un rifiuto. Guardi la tua scrivania, i fogli che ti aspettano, la macchina per scrivere già sveglia e pronta che quasi saltella come un bambino e chiede tutta la tua attenzione. Provi una repulsione molto forte per il tuo lavoro, non era previsto che fosse facile, lo sapevi, eppure pensi a quelle mattine in cui non vedi l'ora di cominciare e quasi preferiresti uscire e lasciar perdere, ma una voce dentro di te ti ripete che hai lasciato tutto per questo, è tutto il tuo lavoro e hai fame e devi tirare fuori qualcosa di buono, devi andare avanti col lavoro, perché hai voluto con tutto te stesso che fosse il tuo lavoro, ti sei fatto nemici tutti i tuoi parenti che avrebbero voluto vederti sistemato, con una posizione sicura e una donna pronta ad essere tua moglie, ma tu sapevi che non ce l'avresti fatta mai, non così.
Persino le virgole ti pesano e puntelli con tenacia la tua attenzione sulla carta, cerchi di allontanare ogni stanchezza, accendi lo stereo per non pensare ad altro se non a scrivere, per non ascoltare la noia nel tuo cuore, ci passerai due ore, hai detto fino alle undici e starai seduto fino alle undici, uno scrittore non è un pittore, o un poeta, uno scrittore deve stare seduto e scrivere, deve fare molto con poco, non potendo essere in due posti contemporanenamente, come disse Mencken, deve trovare nella sua testa ogni ubiquità, nel suo cuore tutte le braccia che servono per abbracciare.


Faye Goddard.


giovedì 16 agosto 2012

Trovare Alban. Provare a partire. Lucio Battisti.

Di nuovo in partenza con la valigia aperta, i biglietti da fare, l'albanese da trovare
che non risponde al telefono e forse è ubriaco, da qualche parte, forse nemmeno a casa sua.
La lavatrice lavorava in solitaria mentre ascoltavo vecchie canzoni di Lucio Battisti che non ascoltavo da un sacco di tempo, ma ieri mentre io e Sasic tornavamo dalla montagna l'autoradio me le ha rimesse nella testa e le avevo caricate su youtube appena ho acceso il computer, non so quale fosse di preciso quella che la radio aveva trasmesso ma per me si assomigliano un po' tutte, almeno quelle che scrisse con Mogol per cui non fa differenza, è un clima che cerco qui, un clima che mi è sempre congeniale prima d'ogni partenza, anche breve, anche non lontana. Una strana tristezza mista ad arrembaggio, una voglia di andare e di restare, non esistono vacanze, ma viaggi, spostamenti, lunghe o brevi convalescenze dai giorni consueti, alloggiamenti, abbordaggi, traversate e navigazioni per mare, per aria, su strada.
Avevo pensato di portare dei racconti di Scerbanenco ma nel treno venendo a Napoli li avevo letti tutti e così non mi restava che la lunga raccolta di poesie polacche di Wislawa Szymborska che non era proprio una lettura leggera e non so per quanto mi avrebbe tenuto compagnia nel bus fino a Crotone, ma mi restava comunque in testa quel verso su Ofelia che diceva "Morirò con le ali e vivrò con le umili unghie..." che mi pareva potesse sempre starci nella mia e nella vita di tutti, oggi, anche se non c'è più la guerra, come se vivere non fosse comunque un battaglia, non dico tutti i giorni, ma tre volte a settimana si.


Faye Goddard.

29 Settembre. Lucio Battisti..

domenica 12 agosto 2012

Insania o perfezione?



 
luce che si placa nella mia bocca sbavante, a spasso, indelicato sono e la mia faccia smunta ne è la prova. imperfezione che bagna le mie mucose irritate, ozono elettrico, grido supplicante di crepuscolo in fiamme, a spasso, palle gonfie di noia, Sistemi da provocare e poi uccidere, eccomi, vibrante cane infernale che strazia le nuvole e macina kilometri neri come la morte, scarto, parto uterino illegale, città venefica, vene appena abbozzate, muscoli incancreniti neri come strade percorse milioni di volte, corpo tatuato, in debito d'ossigeno, paura di tutto ciò che è bellezza, eccomi, nero su bianco in totale assenza di clemenza!


dai contorni acidi il mattino genera flussi cupi come la normalità della maggior parte delle persone. in bella mostra il mio cuore sanguinante. scontro. nessuno sconto. qualcosa di nocivo infilato tra i denti. occhi punzecchiati da chele radioattive. cerco ispirazione in sogni stravaganti che ancora sciamano nella mia mente arroventata. fottuti trabocchetti preludio per l'insania? o invito alla perfezione?



Otto Blasi.

White Album. Beatles.

venerdì 10 agosto 2012

Quattrocento colpi e gesti lenti.

Amore mio il tempo appartiene ai privilegiati
la luna stanotte è piena d'acqua
osserva i nostri quattrocento colpi
un saluto dal treno
non ci rivedremo mai
scendi alla prossima stazione
e non ci incontreremo più
tutto è perduto stavolta
e io che mi ricordo e solo ti ricordo
come ti voglio ricordare
il tempo non è affar nostro
la luna piena d'acqua
ne piangerà il cielo
in quattrocento colpi
e gesti lenti
una rivoluzione stanchissima
amore mio
una rivoluzione stanchissima.


Faye Goddard.


Genua. Gustav.

giovedì 9 agosto 2012

In clandestinità. (lettera ad Alban Hila.)




Mio fratello dice che dovresti andare
Ma tu hai detto resto
E se ti prenderanno, ho detto io
Non mi prenderanno, hai detto tu
Non ho scelta
non posso più tornare in un posto cui non appartengo
Così ho capito che era meglio così
Che qui avremmo potuto proteggerti
Parlare con altri avvocati
Fare collette, non so
Qualcosa ci saremmo inventati
e  in ogni caso sarebbe stato meglio restare vigili sul campo
Che la distanza avrebbe frantumato ogni possibilità
Costruita in quindici anni
Non eravamo rimasti in molti
Ma era rimasta l’appartenenza
e chi c’era non ti avrebbe abbandonato mai
e magari sembrano solo chiacchiere
Ma non resta che l’amicizia
Mentre fumavamo come ciminiere tutti e due
Provando a riderne
Le mie battute stupide
Vuotando il congelatore di birre
Così pensai dobbiamo restare uniti
Provare a restare uniti
Non ci resta altro
Non abbiamo altro.


Faye Goddard.

Il suono di quella strana lingua con cui parli con tua madre. 

mercoledì 8 agosto 2012

L’ULTIMA PIETRA DI SOGNO DELL’EDIFICIO IMPOSSIBILE.




Sei stato la mia palestra d’ansie

senza te, ingrasso.



Ci siamo mai conosciuti davvero

nel nostro tempo di liti?

Eppure il tuo niente

per me fu tutto.



E dove potevo mai andare

se eri tu il mio luogo.

Ora fuggo dal ritrovarti

in posti sconosciuti.



Ma come Il Marinaio

continuo a sognare

una patria che non ho mai avuto.



                                                                                                        Cattina.

martedì 7 agosto 2012

Saluto ai supersonici.

Volevano coprire il pianeta di parole
di versi e di racconti
lasciarono imboccare di qualsiasi cosa i loro pensieri
e ascoltarono musica spesso
e si scambiarono titoli di film
come lettere d'amore tra adolescenti.
Dormirono a volte negli stessi letti
per difendersi dai fulmini
e accettarono la malinconia 
ovunque il loro sguardo si posasse.
Annegarono la noia delle piccole città
nelle bevute e nelle risate.
Si mantennero vicini anche nelle distanze siderali
e ingannarono la crisi poiché
non avendo mai avuto molto
togliergli qualcosa non fu più facile che togliere
il calore al sole
o la capacità alle nuvole di fare disegni.
Organizzarono viaggi ovunque ci fosse qualcuno disposto
ad ospitarli
e portarono la loro gentilezza in tutte le case
in cui gli fu permesso dormire.
Non cercarono mai di annegare
e di considerarsi parte di una generazione.
Sulle loro tombe da un foglietto, lessero:

1 Erano ragazzi

2 Erano solo dei ragazzi

3 Nessuno aveva tenuto conto che fossero solo dei ragazzi.


Faye Goddard.

Martellate da qualche parte come locomotive zoppe.



lunedì 6 agosto 2012

Punti distanti. Sciupare la città. Guardare l'acqua.

Nel caldo dissanguante
la città si sciupava
e tutti correvano verso l'acqua
mentre io restavo ad osservarla
spegnendo sigarette sul davanzale
coltivando molte distanze
senza allungare le mani
e se vuoi qualcosa te lo devi prendere, dicevi
ma io non volevo niente
e non sapevo cosa prendere mentre ti guardavo
allontanarti come molte foglie
attaccate a rami in cui non credono
tutte le malinconie delle mie piccole poesie
che mi tenevo cucite agli occhi
come arabeschi violenti
e in tutto ciò che scrivo
(ho annotato nel pomeriggio su un libro polacco di poesie)
c'è sempre un io e un tu
e sono due punti
e sono sempre molto distanti
perché è in quella distanza che io vedo chiaramente
persino le costellazioni più lontane
e un amico balcano mi suggeriva di buttarmi di più
in quella che è la vita
ma io
non sono convinto
di sapermi
fino a quel punto
violentarmi
e non corro verso l'acqua
e resto a guardarla.


Faye Goddard.

il rumore del caldo che fa rumore credimi.

NUVOLE DI TEMPO.






Mentre le nuvole di cotone

baciano il profilo delle colline

lungo la strada

dei graffi sui miei palmi

mi perdo a fissare la cupola del cielo

come fosse il tetto della mia memoria.



Vorrei svuotare le vene dai ricordi

per librarmi leggera in aria

ma in fondo sono già morta tempo fa.



il tempo

passa velocemente per me,

dovrebbe essere meglio.

Cattina.

Your Hand in mine. Explosions in the sky.

domenica 5 agosto 2012

I propositi di Faye Goddard per il prossimo autunno




Provare a fumare solo 20 sigarette al giorno
andare a dormire a orari decenti almeno 3 giorni su 7
mangiare cibo vero almeno 1 volta al giorno
chiamare mia madre almeno 2 volte al mese
non ubriacarmi 7 sere su 7
mettersi sulle tracce dei miei soldi
e capire dove vanno a finire
trovarmi 1 lavoro vero
trovarmi 1 ragazza sola e provare a fare in modo che tutto
non vada a puttane entro 3 settimane
volermi almeno un po' più bene
comprarmi 1 sciroppo per la tosse
riprendere a suonare con i Billy
provare a scrivere 5 canzoni nuove entro natale
almeno provarci
checcazzo
ultimare Salta Tutto e venderlo
salvare 1 amica dalla malinconia
e tirarmene fuori a mia volta
pulire la mia stanza almeno una volta a settimana
e non 1 volta ogni due mesi
leggere i Karamazov
o forse no
non lo so
organizzare reading al Mamamù
e non farmi cacciare dal Mamamù
comprarmi un ombrello
e ridere anche se piove e non c'è nessuno a farmi compagnia
non diventare molesto
e non diventare cattivo con chi non mi ha fatto niente
ma mi sta solo sul cazzo
se riesco a fare almeno la metà di queste cose
io sono convinto
che sopravviverò
non prometto
però ci provo.


La Peggiore Faye Goddard.


Eleanore. The Turtles.

sabato 4 agosto 2012

La rivoluzione in super 8

Rivoluzione è un accordo distorto, un lacrima che non può fare a meno di rigarti la faccia, un verso strambo, un abbraccio, un'esplosione di pensieri che all'improvviso vengono fuori, un formicolio all'inguine, Rivoluzione è amicizia in un'epoca dubbiosa e precaria, è bere fino a vomitare, è ricominciare da zero, è tutto quello che accade senza averne il controllo, è perdere il controllo, è una dichiarazione d'amore, è spostarsi da un posto all'altro, è un jeans vecchio di dieci anni, è presenza, Rivoluzione è follia in un mondo talmente folle da sembrare già vecchio. Rivoluzione siamo noi, insieme, deliranti e postmoderni...


Otto Blasi.

venerdì 3 agosto 2012

Vive la révolution.

Rivoluzione è una parola stupenda. Ha in se una carica di indipendenza, di freschezza, la rivoluzione non è una cosa per vecchi. Fare la rivoluzione significa operare un cambiamento radicale, è un colpo di mano, un girotondo, è partiamo stanotte solo noi e non torniamo mai più. E' arrecare una sofferenza particolarmente forte, essere molto felice.
La rivoluzione è un atto poetico e come la poesia la rivoluzione è ovunque, ovunque siamo capaci di vederla. 
Qando mi è stato chiesto se è possibile oggi operare una rivoluzione, la mia risposta è si, assolutamente. Come microevento personale essa ci accompagna costantemente e ci tramuta in guarriglieri impavidi.
Innamorarsi significa lasciar entrare qualcuno nella tua vita, dargli un ruolo, lasciarti cambiare, operare un cambio di prospettiva che non avevi considerato, far aderire parte dei tuoi progetti a quella nuova presenza è sempre un atto rivoluzionario che cambia radicalmente il tuo paesaggio mentale. Lasciarci arare dalle storie che ci raccontano, dai libri che leggiamo, che coinvolgendoci ci aprono di più gli occhi, e nascere è di per se un agente di cambiamento molto forte con un'incidenza enorme, nascere e far nascere è un atto così profondamente rivoluzionario che ha una portata enorme sulla propria vita e sulla vita di un sacco di persone.
Scegliere di essere presenti, niente a che vedere coi pugni chiusi e le braccia alzate, con le falangi e con i battaglioni, la rivoluzione siamo noi, che sorridiamo sempre e non ci facciamo abbattere mai del tutto, è una questione di principio, è una cosa stupida, uno sfizio che ti devi togliere, è quando dici lo so che non capisci ma credimi, devo farlo, e tutte le volte come i girasoli cambiamo lato come cambia il sole, perché questa è una cosa per noi, non è una cosa per quando saremo vecchi.


Faye Goddard.


Y Control. Y.Y.Yeahs.

giovedì 2 agosto 2012

Gli anni che passano.

Io non ritornerò mai
cercami nella malinconia
quando un cielo diverso
quando il sole sarà verso il tramonto
e ti abiterà tutta la malinconia
saprai che non tornerò mai
e forse una piccola lacrima
che scorre senza motivo
ti riporterà in quell'angolo della casa
che dividevamo
e dove scrivevo
e dove non ritornerò mai
e se un giorno io sarò solo
come disse qualcuno a proposito di Jack La Motta
così disperatamente solo
io vorrei essere bello come lui
e danzare
e vorrei che ci si vedesse la neve
anche se non c'è
io non ce la metterò
ma tu
ce la vedrai
la neve.


Faye Goddard.

Il nonno è un bastardo.

Scopare non è un invito per una cena a base di erbe diuretiche ma è l’apice della gioia. Bisogna guardarsi intorno, rendersi conto che intorno a te non esiste il mondo sopra un palmo ma un palmo attaccato al suo corpo. Un corollario di eccitazione che fa da collante tra te e il suo corpo. La gerarchia delle posizioni è un girotondo per bambini, una miscela di ansimi e sudore, un purgatorio per il paradiso. Una zattera in fiamme, l’ecstasy notturna nella grande pineta. È linfa che ribolle dentro le tue vene, sorriso dolce e passione che funge come coperta di due corpi che si trasformano in ribelli, in antipolitici e rivoluzionari del mondo moderno. Non sentire vergogna e paura, non sentirti oppresso, già il padrone lo fa tutti i giorni con costanza e violenza. Siamo sempre dei cuccioli docili. Ci svegliamo la mattina e la nostra vita prende il volo come fosse un codice stradale da rispettare. Valori, santi, consumo e coca cola. Devi rispettare, sei un codice a barre, hai un numero stampato dietro, sei un binomio elettronico. A letto puoi uscire, non sentirti precario, bastonato,inutile, misero con il marchio del fallito, senza rimorsi e rimpianti, nessuna dominazione, niente sbarre per evadere, non sei crivellato dalla pubblicità: sei tu. Sei il detonatore delle tue emozioni, il tuono dell’uragano per lei, la teoria della relatività in persona. Sei tutto. La mano sul collo, mentre premi forte e spingi con voglia per entrare dentro di lei, è un meccanismo ad incastro, un lego da finire. Non esitare a scoprirle. Lei è tutto e tu sei il suo piacere, la sua galassia, la megalomania egocentrica del primo mattino, l’orgoglio incondizionato delle tue certezze, solo lei. E la discussione andava avanti, mentre il nonno si preparava la sigaretta di tabacco. Ad un certo punto si alzò, mise le mani in tasca, prese una carta da 50 euro e disse, e ora vai in farmacia a prendermi le pillole, quelle blu, che la ragazza delle pulizie sta per arrivare...

Shpati.


mercoledì 1 agosto 2012

Ora d'Aria.




Eccomi
seduto nel ventre
oscuro
della Poesia
a dirmi che tutto
è intricato,
come un intestino
vomitato
sull’asfalto,
e mi scaglio
contro
sogni
irraggiungibili,
contro
amori
irripetibili,
contro
il sole
che ci cucina
alla brace,
la mia voce
è un lamento
( mordace )
sofferto,
e aspetto
qualcosa
che mi faccia
da guida,
una sponda,
una teoria sconosciuta,
un’esplosione di note
che m’indichi
la strada,
un balletto
di emozioni
anarchiche
che nel vuoto puerile
di queste ore silenti
possa spingermi
fuori.
ora.
d’aria.
pura.
risorgi.
ora.
dalla cenere.


Otto Blasi.

Anarchia. Ritmo Tribale.


martedì 31 luglio 2012

Talmud. Flusso quantico e cose stupide...

Smise di volerla capire, non ci aveva più pensato, se non certe volte,
in certe situazioni precise, e si convinse di aver trovato cose più importanti
mentre lei ancora pensava di potergli mentire
come se non sapesse che lui fosse capace di leggere nelle cifre matematiche
dei suoi occhi violenti e azzurri,
come spesso i cieli capricciosi d'autunno a Napoli.
Aveva imparato a memoria il Talmud segreto dei suoi sentimenti,
sfiorando il braille nei suoi capelli, su quel corpo ancora così giovane
riuscendo a far germogliare i sussulti di quel suo cuore che passa,
mentre almeno con lei cercava di rinunciare all'immagine irreale che
sceglieva di portare, come saper cesellare il senso esatto delle parole
che lei gli aveva sussurrato cinta da una stanchezza che non era fatica
ma era stanchezza di vincere, che se hai sempre tutto ciò che vuoi
poi non sai più cosa vuoi.
Ma a lui piaceva tenersi stretti più che altro i ricordi, lui che per non
perderla aveva provato a nasconderla in poesie di poche righe
costruendo cortine di versi, ma come il futuro lei non poteva stare davvero
ferma, in un quantico flusso di particelle i suoi vent'anni la costringevano
all'irrequietezza, come la luce che filtrata dal prisma esonda in direzioni
cromatiche che l'occhio non riesce a raggiungere e a prevedere.
Provò a tenerla stretta piuttosto che assecondarne il moto
e fu una cosa stupida, ma come disse Wittgenstein: se non ci fossero
cose stupide, niente di veramente intelligente sarebbe mai fatto.


Faye Goddard.

Muse. pezzi a cazzo. 

lunedì 30 luglio 2012

Non ho mai usato le ciabatte.

Ho sempre voluto che tutto fosse un disastro
senza avere programmi
che non riguardassero la giornata
con cose sparse ovunque
e affetti poco duraturi
un disordine bulimico
capace di ingurgitare tutto e poi risputarlo
in una forma magmatica che non avevo previsto
e volervi fare i conti
perché m'immagino che certe grandezze
si fanno forza su un certo margine di spreco
un disavanzo che posso guardare
come una vallata in cui
avrei potuto ma non metterò mai piede
ho sempre voluto che tutto avesse
il contorno di una gioia finita
come la sabbia tra le mani
osservarla passare
e ridursi e mentre ciò accadeva
poterlo raccontare
non ho mai usato le ciabatte
perché ti calpestano i piedi e poi
con le scarpe stai sicuro che puoi scappare più veloce
e su qualunque superficie.

Faye Goddard.

I'm still here. Pearl Jam.

venerdì 27 luglio 2012

Bevo coca cola e mollo cazzotti.

39) Faye Goddard ora tocca a te.
Niente sedatol, e niente sigarette
Perché le sue mani diventano gialle,
e sai la gelosia.
Dille di correre sugli altari delle spose,senza il vestito bianco
Niente tono addolorato, o vestiti neri
Sovversiva, affonda alle radici la ribellione.
Regalale un lego, per le sue smanie di mettere ordine.
Non chiedere e non guardare, ascolta.
Domani tregua, senza infliggere follìa
In caduta libera. Accontentati
Io giro l’angolo, in cerca di nuove forme geometriche
Per vestire i vari Spock, il capitano Kirk, e la mia “stella libera” Nyota Uhura
Insegnale  a scrivere con la matita,
per il pregio di poter cancellare, riscrivere.
Cancellare e scrivere,
in una mano la gomma
e nell’altra il temperamatite per le punte sottili.
Avevo il diritto del suo profumo.
Peggio. Peggio per tutti.
Ma non rimpiango, niente smorfie
Bevo coca cola e mollo cazzotti.


Shpati.

Afrodite.

37) Il solito pensiero “allacciare i lacci intorno al collo”. Il noir della tua vita, delle tue emozioni delle ultime boccate di sigaretta, era presente ormai da mesi. Il ricordo di quelle parole. Lui e lei, e tu con le tue scarpe verdi e lacci bianchi. La passione è rosso, ripetevi sempre. I dettagli erano il tuo forte, rosso e lacci. Pronti per l’uso. Per mesi ore e minuti avevi consegnato i tuoi sogni, le tue timidezze. Il tuo cuore per lui non era più un grande castello, con una miriade di stanze, ma era diventato un grande salone per un unico ospite, per un unico amante, notturno e non. Orgoglio. Ti piaceva sentirti donna. Quando faccevi l’amore non toglievi mai le scarpe, perché pensavi sempre meglio fuggire nuda e piedi caldi che coperta e senza scarpe . Eri quella che per ogni attimo attingeva dalle noie degli altri e li rendevi forza per te. I loro insuccessi erano la tua adrenalina quotidiana, la droga notturna. I loro sogni irrealizzati erano l’eiaculazione perfetta, e le loro masturbazioni impotenti erano la tua virilità. Li guardavi negli occhi e vedevi solo corpi che ronzavano intorno come mosche intorno alla carne scaduta. Ma per lui, avevi fatto il miracolo di San Gennaro, amavi scalza. Perché ogni emozione bisogna sentirlo pervadere dal palmo del piede, senza scarpe antinfortunistiche . Pensieri e lacci. Amavi il mondo, non eri l’uomo della caverna platoniano, neanche il dubbio cartesiano, sentivi il bisogno di portare un paio di scarpe sotto i piedi e un paio di stivali sulle spalle, come fine della ragion pura. Perdeva sempre le scarpe lui, e tu non chiedevi. Le lasciava all’entrata, alle amanti come segno di riconoscimento. Amante perfetto. Non capivi, credevi che l’uomo ormai ha raggiunto la parità anche nelle scarpe. Credevi a lui, al suo cuore e alle sue parole. Ma basta, quel giorno avevi guardato i suoi piedi mentre ti accarezzava, mentre ti sussurrava le sue bugie, e avevi visto quello stivale femminile, e avevi chiesto e questi. E lui impaurito si era girato, si era stretto intorno a se, aveva guardato i tuoi occhi lucidi e disse “ chiamami Afrodite”



Shpati

giovedì 26 luglio 2012

Bufere violente e vecchie scarpe da passeggio.

Volevi quelle scarpe
e nel non poterle avere
passeggiavi con quello che riuscivi
a trovare abbastanza pertinente
e principi da ogni parte
s'inginocchiavano lusingandoti con le loro ultime trovate
cercavi ciò che fosse almeno coerente col tuo stile
qualche volta persino azzardavi soluzioni
che non avresti previsto mai
ma sono quelle le scarpe che sai
porteresti volentieri per il centro
che vanno bene con le tue piccole e grandi
contraddizioni stilistiche
calzature calzanti che quando le guardi
capisci che l'America è vicina
e quello che voleva dire Einstein
su certe relatività temporali che senza numeri
lui faceva fatica a spiegare
tempo che si ferma e riparte
come il flusso del sangue
che obbedisce al battito del cuore
in certe ferite particolarmente profonde
tempo che pensavi fosse uno solo
e invece ti sbagliavi.


Faye Goddard e le sue ultime bufere violente.

La versione di Shpati. La sfida atto secondo.

Shoesaholic. Un legame intimo, particolare, un poco come svegliarsi la mattina e avere tanti amanti, stipati in quell’armadio. Scarpe, scarpe e ancora scarpe. Seduzione in armadio, pronte, tutte in fila, collezionate come i propri pensieri, con un ordine di importanza e di colore. Stivali a tutta coscia sul fondo per sostenere il movimento ondulatorio del corpo. Décolleté dal tacco impetuosso, zatteroni, anfibi, pantofole pelose a muso di topo e ciabattine oro con tanto di piume di pavone. Il tutto mescolato a infradito miste. E lì, inciso sulla fibbia dell’ultimo sandalo, un grande scritta ” Prendimi “. Mai disfarsi di loro, dentro a quell’armadio che diventa il museo personale di ogni donna, il trofeo della seduzione, le figlie di Afrodite, nuda ma con i sandali. Le cenerentole moderne. La glorificazione del tempo, di quei momenti eccitanti, nelle strade. Mai disfarsi neanche quando si fa l’amore, togli tutto ma non quel gigantesco tacco, che ti eccita sopra al petto, simbolo dell’eros. E il loro girotondo mentale rispecchia il tipo e il colore, la grandezza e la comodità. Il movimento psichico coincide alla perfezione con scarpe,scarpe e scarpe. Azzurre, rosa, verdi fosforescenti, e tanti colori, l’arcobaleno nella casa, nell’armadio. Arcobaleno per i piedi. Ossessione eccellente, sintomo pragmatico del loro essere, mezzo di attrativa e fascino. Scarpe, scarpe, e ancora scarpe, e tu con la tua coppia di mocasini, cerchi di dare ordine, di farla innamorare per l’ennessima volta, come la prima volta, come fosse la primavera, come fosse il coriandolo che scoppia, ma non hai fatto il conto con la sua mente che eguaglia alla perfezione il numero di scarpe.


Shpati.

mercoledì 25 luglio 2012

Le donne hanno armadi di uomini.

Questa è una piccola sfida
per cui potreste ritrovarvi con più
di un post sull'argomento:



Alle donne piace tenere un piede in più scarpe
ragion per cui hanno armadi pieni di scarpe
quante scarpe hai tu?
mi ha chiesto il mio amico albanese
una sera che stavamo tornando a casa
due o tre ho detto io
io di meno sicuro, ha risposto lui
ma le donne
ha continuato sulla scìa della sua teoria
ne hanno armadi pieni
perché a loro piace stare
con i piedi in scarpe diverse.
Questo è quando mi sento un mocassino
un mocassino delicato
o una scarpa di vernice
quando l'occasione si fa ufficiale
e magari lui diventa una scarpa antinfortunistica
ma magari
sbaglio perché dovrei vedere noi come scarpe che
una donna vorrebbe indossare
allora
amico mio
io sono una scarpa col tacco
da tenere alle feste
e tu qualcosa da ginnastica
che va bene spesso
quando devi camminare, ho pensato io
ma il punto, ho capito poi
è che sempre scarpe siamo
e non c'è un cazzo da fare
per quanto ci agitiamo
saranno loro ad aprire l'armadio e a sceglierci
quando di volta in volta
l'abito sarà adatto.

Faye Goddard.

I bambini che giocano al pallone...

lunedì 23 luglio 2012

L'inconsolabile.

saltavamo sul letto
in una di quelle sere che poteva essere
la svolta
con gli occhiali anni ottanta
fingendo di essere Morrisey senza glicini
la classica sera prima di una vita diversa
che poi dici
cosa accadde io me lo ricordo
quando qualcuno verrà a casa tua a chiedertelo
e tu lo dirai con gli stessi occhi di adesso
mentre mi fai la valigia
il libro che era il tuo
e io non l'ho mai nascosto a nessuno
e la pioggia ci entrava in casa
e ci pareva di essere sulla spiaggia
saltiamo sul letto e sembriamo quello che siamo
piccoli e dolci
e innocenti dopo tanto tempo
mentre soffiavo via gli insetti
e scegliamo una cravatta con cui
domani posso andare alla televisione
e mi vedrai vestito come suggerivi
e sarò una cartolina da lontano non così lontano
la vita non ce lo aveva detto
ma adesso siamo qui
e non è come ce lo saremmo aspettato
ma così innocenti
come ora
ce lo siamo augurati
e adesso
guardami
ti voglio solo bene
e persino mia madre te ne vorrebbe
più di quanto te ne voglia già.


Faye Goddard.

La battaglia delle bande. Dente.