martedì 31 luglio 2012

Talmud. Flusso quantico e cose stupide...

Smise di volerla capire, non ci aveva più pensato, se non certe volte,
in certe situazioni precise, e si convinse di aver trovato cose più importanti
mentre lei ancora pensava di potergli mentire
come se non sapesse che lui fosse capace di leggere nelle cifre matematiche
dei suoi occhi violenti e azzurri,
come spesso i cieli capricciosi d'autunno a Napoli.
Aveva imparato a memoria il Talmud segreto dei suoi sentimenti,
sfiorando il braille nei suoi capelli, su quel corpo ancora così giovane
riuscendo a far germogliare i sussulti di quel suo cuore che passa,
mentre almeno con lei cercava di rinunciare all'immagine irreale che
sceglieva di portare, come saper cesellare il senso esatto delle parole
che lei gli aveva sussurrato cinta da una stanchezza che non era fatica
ma era stanchezza di vincere, che se hai sempre tutto ciò che vuoi
poi non sai più cosa vuoi.
Ma a lui piaceva tenersi stretti più che altro i ricordi, lui che per non
perderla aveva provato a nasconderla in poesie di poche righe
costruendo cortine di versi, ma come il futuro lei non poteva stare davvero
ferma, in un quantico flusso di particelle i suoi vent'anni la costringevano
all'irrequietezza, come la luce che filtrata dal prisma esonda in direzioni
cromatiche che l'occhio non riesce a raggiungere e a prevedere.
Provò a tenerla stretta piuttosto che assecondarne il moto
e fu una cosa stupida, ma come disse Wittgenstein: se non ci fossero
cose stupide, niente di veramente intelligente sarebbe mai fatto.


Faye Goddard.

Muse. pezzi a cazzo. 

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