Matteo
infilò la chiave nella serratura di casa, entrò nel piccolo monolocale in cui
si era trasferito da qualche mese e lasciò cadere pesantemente la borsa a
tracolla sul pavimento. Aveva concluso il suo turno di lavoro, come sempre,
alle 8 del mattino. Era nella sorveglianza di un centro commerciale. Un lavoro
senza particolari pretese, l’unico che aveva trovato dopo diversi mesi di
disoccupazione. La cosa più difficile da fare era rimanere svegli, ogni notte
prosciugava il distributore di caffè che gli era stato messo a disposizione nel
gabbiotto. Si tolse rapidamente la divisa, fece una lunga pipì e si fiondò a
letto. Prima di farsi rapire definitivamente dalla stanchezza pregò che anche
quella mattina non cominciassero a giocare alle nove in punto.
Quando
aveva preso casa aveva fatto un errore fondamentale. La casa era carina si, da
poco ristrutturata, aveva un buon prezzo e si trovava in una bella zona della
città, ben collegata, con del verde attorno e diversi negozi nelle vicinanze.
Tanto che quando andò a vederla, raccontò subito agli amici di aver trovato
finalmente una sistemazione degna, una vera occasione. Aveva tralasciato un
unico particolare. La finestra della stanza da letto, difatti l’unica apertura
di casa, dava, al primo piano, su un campo da tennis. Un club esclusivo,
frequentato da gente che sapeva giocare, non dai classici attempati tennisti
della domenica.
Le
sue speranze furono però vane. Si era infilato sotto le coperte da pochi minuti
e sentì cominciare quell’odioso palleggio da fondo campo. Col tempo aveva
imparato a distinguere anche il numero dei giocatori dal solo rumore che faceva
la pallina quando veniva colpita, se stessero giocando un doppio o un singolare.
Anzi era in grado di immaginare le fasi di gioco, riconosceva chiaramente le
battute, dalle volée, dai passanti di rovescio. I giocatori di volo, quelli che
spesso si spingono sotto rete, ed i doppisti gli davano un po’ di tregua, il
gioco era più spezzettato, gli scambi corti e i momenti morti erano molto di
più.
Purtroppo
quella mattina sul campo c’erano due palleggiatori incalliti, di quelli che non
rischiano un colpo e che portano all’infinito gli scambi. Impossibile dormire
con quel continuo tram-tram della pallina che gli rimbombava nella testa, da un
lobo frontale all’altro come nel Pong, il vecchio gioco dell’Atari. Continuava
a rigirarsi nel letto, aveva un disperato bisogno di dormire. A causa di quel
maledetto sport non riusciva più a riposare, andava al lavoro sempre più stanco
e la notte era sempre più difficile tenere gli occhi aperti. Un circolo vizioso
da cui non sapeva più uscire. Mise la testa sotto al cuscino nel vano tentativo
di attutire il rumore ma ormai non c’era verso di dormire. Sentiva le orbite
intorno agli occhi incavarsi. Per quanto tempo avrebbe potuto reggere quella
situazione, si chiedeva.
Ad
un tratto gli montò in petto una rabbia che non gli apparteneva. Si alzò
infuriato facendo volare il piumone dal letto, ma non andò a sbraitare alla
finestra contro i due arrotini, ma nel piccolo ripostiglio in cui teneva
conservato il suo vecchio arco di quando era nel giro della nazionale ed aveva
rischiato più volte di diventare campione italiano di tiro. Strappò la lunga
faretra dalla sua custodia, passò le dita lungo la corda per saggiarne la tensione.
Era ancora scintillante e non chiedeva altro che scoccare una freccia. Matteo
si avviò alla finestra, la spalancò con violenza ed in una frazione di secondo
caricò il tiro, prese la mira ed infilzò uno dei due tennisti al collo proprio
mentre questi stava per infilare un dritto incrociato con la sua racchetta. Un
lungo getto di sangue partì nel punto in cui era stato colpito, la freccia
aveva sicuramente reciso la giugulare. Il malcapitato stramazzò al suolo senza
essersi nemmeno reso conto di ciò che era successo. Il suo compagno di gioco,
sbigottito da quella scena da film dell’orrore di serie b, cominciò a scappare
per avere salva la vita. Impalcabile l’arciere caricò rapidamente un’altra
freccia e la scoccò. Un sibilo silente accompagnò la traiettoria del dardo che attraversò
l’intero campo di gioco e raggiunse alla schiena il povero tennista che
strisciò rovinosamente sulla terra rossa. Matteo, senza batter ciglia, fiero
del fatto che la sua mira fosse rimasta quella di un tempo, chiuse la finestra
e se ne tornò a dormire.
Darwes in China.
The Match - Boom-Boom Boris (The All Wimbledon Boy)