giovedì 6 settembre 2012

Gli anni in tasca.

Da tanto non mi ritrovavo in simili ristrettezze economiche, non avevo prospettiva, non vedevo un futuro da nessuna parte. Non avevo lavoro e i miei libri si vendevano come videocassette nel Congo Belga, lo stato ignorava ogni mia richiesta di aiuto eppure mi sentivo allegro.
So che non c'era proprio niente di cui stare contento eppure come Miller nel Tropico io mi sentivo artista adesso che stavo tra i pidocchi più di quando potevo dirmi agiato e con abbastanza soldi in tasca da non riuscire a finirli prima che finisse il mese, quando ogni tre settimane mi sceglievo una meta e partivo per una bevuta a Madrid, una canna ad Amsterdam o per vedere il mare a Barcellona in pieno freddo autunno. Mi restavano le strade della mia città, la miseria mia e quella di tutti, la scelta tra fumare o bere, le stanze piccolissime, il re del cavone, la gioia di avere almeno un tetto e le storie degli amici di strada.
I film che vedevo a ripetizione per rimbambirmi di vite e di storie, e scoprire che non t'importa di niente se non del sole e della pioggia. Avere tanto tempo, tutto il tempo per passare a casa sua la notte, darle un bacio prima che s'addormenti e poi rotolare via come i sacchi presi a prendere dai netturbini, fischiettando fino a casa, coi tossici che volevano derubarti ma quando ti fermano annusano la puzza di miseria e ti salutano come vecchi commilitoni nella trincea della strada, la fanteria della vita e la morte a cavallo, baionette arruginite e moschetti napoleonici dietro barricate di sabbia in riva al mare, ci si può sentire vivi, vivi davvero, senza niente da fare, il vuoto nello stomaco e un sorriso sulla faccia come il cingolo laterlale del carro armato.


Faye Goddard.


Vita mia. Teatro degli orrori.

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