mercoledì 30 novembre 2011




Faye e gli attacchi di panico, la fine della caffeina, i calmanti che frequentava, frantumandoli in bocca per tenere a freno l’ansia che montava come tuorlo d’uovo. L’avevo vista molte volte, la conoscevo, ci frequentavamo, “stiamo insieme” diceva a quelli che ci vedevano arrivare “ma non in quel senso.” Faye aveva la capacità di sfuggirti e io, dal canto mio, dicevo sempre “di tutte le Faye Goddard del mondo, tu sei la più Faye Goddard di tutte, Faye Goddard.” Sembrava padrona di una pace apparente per cui tutto le scivolava, una pace che non aggrega. L’irrequietezza ti spinge sempre a cercare, la pace ti isola. Così Faye Goddard sembrava capace di scomparire persino nella mia piccola macchina, di rannicchiarsi nelle feritoie. Ci piaceva a tutti essere un po’ retrò, i capelli corti, i fazzoletti in testa, gli occhiali da sole, i pantaloni a tubo e i cappotti lunghi, voler essere apres garde, perché a guardare avanti, solo avanti, finisce che ti senti da solo.

“Si tratta di sopravvivere, signore e signori” diceva lei “non è stato mai diverso, a prescindere dalle situazioni circostanziali, a prescindere dagli obiettivi, questo è il senso della vita in un piatto da portata misura pollicino, da consumarsi preferibilmente freddo, con le mani gelate.


martedì 29 novembre 2011


E’ troppo tardi stanotte e credimi lo era anche ieri. E’ troppo tardi e basta. Faye si annullava in un cappello di lana calato fino agli occhi, non le riusciva di capire come sia possibile che si finisca che poi è troppo tardi, non poter recuperare è come stare in alto mare. Forse poteva essere piacevole che fosse tardi, c’è una dose di libertà nella rassegnazione nella stessa percentuale della codeina nello sciroppo per la tosse. Come un metadone blando contro l’accanirsi. E’ troppo tardi, ti dici, lasci perdere e hai una base per ricominciare. Quando scade il tempo è senza tempo, non c’è spazio in cui sia possibile collocarlo, il passato e il presente non hanno futuro.



Faye Goddard.