giovedì 21 luglio 2016

La banda dei peggiori


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Lui è Howard il papero. È alto quanto un bambino di cinque anni, ma una volta ha salvato il mondo...
Ho fatto la sua conoscenza intorno al 1988, avevo sette anni. Ho visto quel film decine di volte. È stato un grande amore.
Viene fatto a pezzi quasi ogni giorno, ma poi ritorna...
Lei, invece, è Lolita, in bianco e nero. È rimasta bloccata in bichini, non cambia nemmeno d’inverno. Indossa quello strano cappello a falda larga che sembra un lampadario di schiuma. Ha il leccalecca perennemente tra le labbra, come Maigret con la pipa, e anche se ha dodici anni, - dodici e mezzo - ciancica lei... 
-   dodici e mezzo dal 1955... 
-   stronzo...        
Dodici, o dodici e mezzo, eppure sento che certe volte potrei persino scadere nell’ondinismo, mentre altre, avrei soltanto voglia di spararle una palla in bocca... Purtroppo è come un cromosoma, non c’è modo di eliminarla. Quello che gli tiene saldata una mano sulla coscia, mantenendo uno sguardo da zio traviato, è Wolverine, e credo che non abbia bisogno di troppe presentazioni.
È arrivato relativamente tardi, per gran parte della mia adolescenza mi ero affezionato a Ciclope, poi sono cresciuto, e non so proprio cosa ci trovassi...Wolverine ha gli artigli che gli escono dalle mani e uno scheletro di adamantio. Non è forte quanto Superman, ma non si veste così male... è un cartone animato, certo, come Roger Rabbit.
Il tizio che non lascia in pace la mia chitarra, è Paul è morto.
Ci tiene che lo si chiami così, perché non vuole essere frainteso col fantoccio ancora vivo che lo ha sostituito dopo l’incidente stradale del 1966. Non parla molto, e odia quasi tutto quello che i Beatles hanno fatto dopo. Soprattutto Come togheter...
Il suo peggior nemico è John Lennon, certi giorni apre bocca solo per dire qualcosa di osceno su di lui.
Io adoro Ticket to ride, a lui piace molto I’ m a loser, e proprio perché la detesto, spesso la canta, ma forse vuole solo dirmi qualcosa.
Alle sue spalle c’è Allen Ginsberg, fortunatamente oggi non è nudo, o meglio, sono certo che sotto quell’orrenda salopette di jeans sia senza mutande, ma almeno oggi tiene le bretelle sulle spalle.
È la mia parte creativa, o forse soltanto quella sessualmente ambigua. Disturbo dell’identità di genere, nei manuali la chiamano così. Il vecchio che armeggia, senza successo, con il telecomando della televisione è Armando Cossutta, un acquisto recente. 
Era un membro dell’ala più intransigente del PCI. Uno
 che, se avesse potuto, ci avrebbe felicemente traghettato a bordo di una Volga, tutti a fare un giro panoramico delle isole Solovetskij, lì dove la coscienza dell’occidente è andata spesso a farsi una vacanza. Una volta il mio Armando ha visto Lindo Ferretti alla televisione, il Lindo di adesso, emaciato e stralunato, rapato a zero, credeva fosse uno Zek. Pianse di gioia, credeva ce ne fossero ancora, e ce ne sono, ma pare che non li trattino più così male come allora, ma questa è solo la versione che le Nazioni Unite vogliono sentire, nessuno può esserne certo.
Armando è la mia morale, non credo sia il caso di aggiungere ancora...


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