C’era
molto traffico
ebbe
tutto il tempo di collegare un tubo
alla
marmitta
e
farlo scivolare dal finestrino dell’abitacolo.
Imparai a diffidare dei
bambini quando capii che erano i migliori amici del Gabibbo. E adesso ne avevo
uno in arrivo. Come si fa a farsi piacere un enorme pomodoro rosso col papillon
che parla genovese?
Che dice a tutti “TI
SPACCO LA FACCIA!”Come Toro scatenato?
Avevo sempre immaginato
di torturare un uomo legandolo a una sedia nel buio di un garage e costringerlo
ad ascoltare un’intera compilation del Gabibbo.
“Mea… Mea…” dallo
stereo
e il prigioniero “No!
No! Basta ti prego, parleròòòò...”
Stavo cercando di
distrarmi per non dover pensare al fatto
che sarò padre senza averlo scelto: è
capitato e nemmeno posso dire bene come.
Adesso sono bloccato in tangenziale. In
ritardo per l’ennesimo colloquio di lavoro. Forse la cosa peggiore che mi possa
capitare è essere assunto. Anno dopo anno a invecchiare in un ufficio di merda,
a fare fotocopie per un capo ottuso che a stento ha finito le medie. Mi ero immaginato
un futuro tutto diverso, ma ci sono volte in cui è impossibile rimandare il ring
con la maturità, quando ti dice “fatti sotto” con la guardia alta, un
avversario enorme come Primo Carnera.
Sarei voluto partire,
allontanarmi senza pensare allo sguardo
di lei con in mano il test di gravidanza che dice “e adesso?” E adesso non lo
so… Vorrei che il mio sguardo non si perdesse nella scia di ogni singolo culo
che passa, che quelle gambe non urlassero tutta la libertà che non potrò più
avere.
Lo stereo trasmette
orribili canzoni vuote come i jingle della coca-cola. Bloccato qui nel mese di
agosto, in mezzo a gente che si prepara ad andare in vacanza. Gli abitacoli
stracolmi di cose inutili mi raccontano una vita impossibile.
Mio padre è notaio.
Passerà lo studio al suo miglior praticante.
Un giorno passerà presso
quel civico per vedere sulla targa un nome diverso. Era stato di suo padre e
poi il suo, quando nacqui non poteva immaginare che le cose sarebbero andate
così. Non ha mai nascosto la sua delusione, avevo voluto studiare filosofia e
adesso ero senza lavoro. Volevo essere
come Henry Levy: sono l’unica speranza per questo paese, solo che questo paese
non lo sa.
Sono tre quarti d’ora
che sto bloccato. Le persone cominciano a scendere impazienti dalle macchine
cercando con lo sguardo di capire che cosa, all’orizzonte, c’impedisce di
scorrere. Alla fine scendo anch’io. Apro il cofano e tiro fuori una vecchia
pompa da giardino. La marmitta è fredda e fisso il tubo con del nastro adesivo.
Faccio tutto con calma e nessuno si cura di me. Faccio scorrere il tubo di
gomma lungo la fiancata e lo blocco nel finestrino. Un bambino dalla macchina
affianco mi guarda curioso. Suo padre ha cominciato a litigare con un altro
automobilista. Sua madre urla al marito di smetterla, ma quei due come degli
oranghi si sbracciano e non vogliono sapere altro che sfogare la propria
frustrazione urlandosi contro. Intanto mi chiudo dentro e accendo la macchina.
Per un attimo immagino di stare in uno di quei dirigibili alla Giulio Verne. Il
Nautilus di ventimila leghe sotto i mari. O come il viaggio sulla luna di Méliès,
sarebbe bello poter sconfiggere i propri nemici con un ombrello, vederli
sparire in un innocuo scoppio di fumo bianco. Sarebbe una romantica vita in bianco e nero,
senza madri e padri, ma solo zii e cugini, come a Paperopoli.
La testa mi si fa
leggera e ho il fiato corto. Il bambino della macchina affianco mi saluta, io
lo saluto. È tutto finito, o almeno sta per finire. Mi dispiace Claudia, se tu
non vuoi abortire, lo farò io, per tutti e due.
Aldo Consoli.
Nessun commento:
Posta un commento