Ti
dovevi fumare sei pacchetti di Ducados e forse o non avresti più avuto voce o
avresti avuto una voce come la sua. Aveva ventiquattro anni quando si disse
non ci vengo in America, mi vedo la
Ballata di Strojsek, metto su un disco di Iggy Pop, prendo la corda del bucato
e faccio un salto nel vuoto alto come può essere alto uno sgabello. Ventiquattro
anni, era il mese di maggio, questo numero, ventiquattro, e mica è uno scherzo
avere una voce da oltretomba come quella e dire “salve, mi chiamo Ian e ho
ventiquattro anni.” Dirlo ed essere credibile. E poi c’era tutta quella storia
dell’epilessia, e una moglie e una figlia, un’amante belga che ti rompe le
palle, che vuole che lasci tutto e vai a vivere con lei, i tuoi genitori che ti
asfissiano con un posto nelle risorse umane, un posto fisso e lascia perdere
sta cazzata della musica che hai una figlia, una figlia che di solito tremi
così tanto che nemmeno te la lasciano tenere in braccio, e tutto questo basta
per mandare in pappa il cervello di chiunque, pensa quello di uno che
praticamente è un adolescente. Ma molte di queste cose se le era cercate lui,
non che Ian non fosse una persona tremenda, insicura e possessiva, cattiva
molto spesso, maniacale nel voler stare sempre al centro dell’attenzione,
svogliato, pigro e indolente, Deborah Curtis per tutto Così lontano così vicino, la sua personale versione della storia,
non fa che ripetercelo. E io, ormai lo sapete, sono più incline alle cadute che
alle altezze, ma stavolta proprio non ci riesco, per affetto, per come ballava,
sciamanicamente davvero esorcizzava il male in un ballo che era un manifesto,
che era come dire si sono fatto così, io sono così, ho questo guaio nella
testa, e tutta un’altra serie sparsa a vetri rotti sul pavimento di gelido
linoleum della mia vita. Uno per cui la disperazione era il paesaggio mentale
come per i poeti romantici lo erano le foreste e i grandi laghi. Ian Curtis
scrisse “quando l’abitudine corrode a fondo e le ambizioni sono mediocri, e il
risentimento impenna, mentre le emozioni non crescono, e noi cambiamo rotta,
imboccando direzioni differenti. Allora l’amore, l’amore, ci farà a pezzi,
ancora.” Odialo tu, adesso, un ragazzo che scrive così, in una canzone pop, se
ci riesci.
Pier Angelo Consoli.
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