C’era quella faccenda del dipingere,
c’era sempre, anche se si presentava più raramente, perché poche erano le pause
tra la città ed il lavoro e la gente, la vita. C’era quella faccenda del
dipingere ma lo imbarazzava ricordarla, a se stesso, agli altri…no gli altri
non lo sapevano, non lo sapeva nessuno, eccetto lei che non aveva più rivisto.
C’era sempre quella faccenda del dipingere, ma aveva paura di ricordarla perché
si sarebbe sentito vecchio, perché si invecchia cominciandoti a deridere,
perché ora lui era diverso, ma forse non del tutto. Forse non era poi così
diverso se c’era ancora una faccenda del dipingere, se quel quadro era ancora
appeso li, di fronte alla scrivania, dove lavorava e venivano i clienti. Fu
l’unica cosa che portò dalla casa in paese, dove era cresciuto, dove lasciò la
foto in Patagonia, il poster di Gandhi e la Les Paul. Il quadro non riuscì a
lasciarlo. Qualcuno dei clienti lo notava e gli chiedeva chi era il pittore e
lui, un amico, diceva. Un amico. Ma senza distogliere gli occhi dal computer,
impegnato. Poi qualche volta, quando era solo, gli capitava di alzare lo
sguardo dallo schermo, perché gli facevano male gli occhi, o perché basta
per oggi ed eccolo ancora li, sulla parete di fronte. Quei tre vecchi che
giocano a carte e che ci giocheranno per sempre, i suoi vecchi sul suo quadro.
E allora ricordava di aver finto di dimenticare, tutto. Meglio anticiparsi il
lavoro di domani allora, almeno avrò il weekend libero, almeno… no ormai era
tardi. Quella notte, le pennellate, vedersi le mani sempre più sporche, sopra
la tela, ad afferrarla e vedere che è tanto più bella quanto più è tua, la
possiedi, geloso del pennello, è mia! E dichiararlo con una firma.
Sperare che il colore non si secchi mai, perché non è ancora finita, perché è
perfetta così, da continuare a completare, per sempre. Quella notte il suo
quadro era bello, quanto essere macchiati di lui ed anche il suo nome era
bello, li in basso a destra. Piacque anche a lei, lei a cui non riuscì mai a
fare un ritratto e che quella notte guardò poco, mentre fecero l’amore tra il
sudore ed i colori, perché forse con un po’ di giallo, li, dove quel verde
scuro proprio non lo convinceva… Ora il colore era secco tra i se ed i
congiuntivi, troppi. Almeno il weekend libero… ma prima un bicchierino dalla
bottiglia che metteva tra lui e il quadro e quanto avrebbe voluto un whisky più
scuro, che lo sguardo non attraversasse la bottiglia. Gli toccava svuotarla,
quella, ogni volta, per non vedervi più il quadro attraverso. Quelle volte si
addormentava li e al mattino aveva lavoro in arretrato, per fortuna.
Tanerc.
Schubert, impromtu
op. 142, n.3.
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