sabato 9 giugno 2012

Hai lavorato di nuovo tutta la notte tesoro?


C’era quella faccenda del dipingere, c’era sempre, anche se si presentava più raramente, perché poche erano le pause tra la città ed il lavoro e la gente, la vita. C’era quella faccenda del dipingere ma lo imbarazzava ricordarla, a se stesso, agli altri…no gli altri non lo sapevano, non lo sapeva nessuno, eccetto lei che non aveva più rivisto. C’era sempre quella faccenda del dipingere, ma aveva paura di ricordarla perché si sarebbe sentito vecchio, perché si invecchia cominciandoti a deridere, perché ora lui era diverso, ma forse non del tutto. Forse non era poi così diverso se c’era ancora una faccenda del dipingere, se quel quadro era ancora appeso li, di fronte alla scrivania, dove lavorava e venivano i clienti. Fu l’unica cosa che portò dalla casa in paese, dove era cresciuto, dove lasciò la foto in Patagonia, il poster di Gandhi e la Les Paul. Il quadro non riuscì a lasciarlo. Qualcuno dei clienti lo notava e gli chiedeva chi era il pittore e lui, un amico, diceva. Un amico. Ma senza distogliere gli occhi dal computer, impegnato. Poi qualche volta, quando era solo, gli capitava di alzare lo sguardo dallo schermo,  perché gli facevano male gli occhi, o perché basta per oggi ed eccolo ancora li, sulla parete di fronte. Quei tre vecchi che giocano a carte e che ci giocheranno per sempre, i suoi vecchi sul suo quadro. E allora ricordava di aver finto di dimenticare, tutto. Meglio anticiparsi il lavoro di domani allora, almeno avrò il weekend libero, almeno… no ormai era tardi. Quella notte, le pennellate, vedersi le mani sempre più sporche, sopra la tela, ad afferrarla e vedere che è tanto più bella quanto più è tua, la  possiedi, geloso del pennello, è mia! E dichiararlo con una firma. Sperare che il colore non si secchi mai, perché non è ancora finita, perché è perfetta così, da continuare a completare, per sempre. Quella notte il suo quadro era bello, quanto essere macchiati di lui ed anche il suo nome era bello, li in basso a destra. Piacque anche a lei, lei a cui non riuscì mai a fare un ritratto e che quella notte guardò poco, mentre fecero l’amore tra il sudore ed i colori, perché forse con un po’ di giallo, li, dove quel verde scuro proprio non lo convinceva… Ora il colore era secco tra i se ed i congiuntivi, troppi. Almeno il weekend libero… ma prima un bicchierino dalla bottiglia che metteva tra lui e il quadro e quanto avrebbe voluto un whisky più scuro, che lo sguardo non attraversasse la bottiglia. Gli toccava svuotarla, quella, ogni volta, per non vedervi più il quadro attraverso. Quelle volte si addormentava li e al mattino aveva lavoro in arretrato, per fortuna. 

Tanerc.

 
Schubert, impromtu op. 142, n.3.

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