martedì 19 marzo 2013

Suicidi Squisiti N°8 (Bowie è scemo come la merda! disse chi lo conosceva bene.)



Si uccise perché
non aveva più
nessuno con cui
litigare.




Certe vite quando si spezzano non sono roccia o acciaio, ma come il mese di maggio non fanno nessun rumore quando succede.
Voi forse non ve lo ricordate ma io Lester me lo ricordo perfettamente. Lo so che era un disastro, che non era facile restargli accanto, ma mi ostinai a restargli amico anche quando, verso la fine, era chiaro che avesse perso la bussola. Scriveva articoli che non spediva più a nessuno, se li teneva in casa a prendere polvere nelle scatole delle scarpe.
Ci sono persone cui devi dare una guerra da combattere se vuoi che respirino. Ci sono cose che scrisse e disse che avresti voluto anche solo aver pensato; ti veniva voglia di attaccarti i suoi fogli al collo come un sanbernardo, per poterlo citare e sembrare altrettanto brillante. La lettera che mi scrisse mi venne recapitata un paio di giorni dopo che era morto. E fu come se davvero mi fosse giunta dall’altro mondo.
Era un giorno di gennaio del 1986.

Caro Marsh-
Hai presente quella menata che “se esiste un paradiso del rock, di sicuro hanno un gruppo della madonna?”. Be’, non crederci amico mio.
Tutto il talento è finito dritto all’inferno. Proprio tutto. Qui le attrazioni più grandi sono Jim Croce, Karen Carpenter, Cass Elliot e – soprattutto- Bobby Bloom! È un incubo! Cazzo, se mi tocca riascoltare un’altra volta “Montego Bay” mi suicid… (ecco, vedi, me lo dimentico sempre.)
Ad ogni modo, faccio domanda di ammissione all’inferno ogni sei mesi ma continuano a respingermela, perché secondo loro – beccati questa- sono troppo buono! Scrivigli e spiegagli un po’ come stanno le cose, per favore. Digli che razza di stronzo so essere quando voglio, Dì alla Uhelszki di farlo anche lei. E a Marcus. (A proposito mettilo al corrente di quanto apprezzo che si stia scervellando su tutti i miei vecchi arzigogoli.)
Appena arrivato ho conosciuto Dio. Gli ho chiesto perché . Sai com’è, a soli 33 anni, eccetera. Ha detto solo : “MTV”.
Non voleva che mi toccasse sciropparmela, di qualsiasi cosa si tratti.
Devo scappare, sul serio. Sta arrivando un altro armento di anziani apprendisti arpeggiatori. Che suonano “Stairway” degli Zep, naturalmente. In sta città del cazzo è l’inno nazionale. Non c’è nessuno che conosce gli Elgins, non capisco perché. Dammi retta, Dave. Il paradiso era Detroit, nel Michigan. Chi lo avrebbe mai detto?
Tuo per l’eternità, Bangs.  


Per vivere aveva fatto il critico musicale,  oggi le sue recensioni sono state raccolte in grossi volumi e non sono più considerate semplici pezzi per fanzine. Aveva formato una band, i The Delinquents. Cantava e suonava l’armonica. Era davvero un musicista tremendo ma sarebbe stato meglio mentire e dirgli che non sapeva scrivere, piuttosto che dire la verità col fatto che come cantante non valeva una vacca indiana, lo avresti ferito.
Parte del problema era la consapevolezza, molto dell’incanto svanisce quando conosci bene gli ingranaggi. Parlava di Bowie e diceva che nonostante il talento era stupido come la merda. Lo aveva conosciuto quando non era ancora così famoso. Quello che mi piaceva di Les è che era sempre capace di vedere le cose per quelle che erano.
Il suo eroe era Lou Reed. Stessa cosa per Peter Laughner che fondò i Pere Ubu. Lui di Lou Reed ci era morto. Si disse pancreatite, ma noi sapevamo che era per Lou, per imitarlo e farsi di quello che si diceva si facesse lui, così come la diagnosi corretta della morte di Elvis era stata “PANINO!”
Volevano tutti essere Lou Reed, ma erano finiti male, tutti tranne Lou.
Quando a Lester toccò intervistarlo si ubriacò tanto da non riuscire a stare in piedi.
«Com’è Lou?» Chiesi
«una testa di cazzo, UNA GRANDISSIMA TESTA DI CAZZO!»
Non disse altro.
Si rispettavano e si odiavano come l’America e la Russia. Sentivano entrambi di appartenersi con odio anche solo per avere un motivo per superare se stessi. Dopo quell’intervista salutò nel suo articolo Metal Machine Music come l’opera di un genio e credo che fosse l’unico critico musicale di tutto l’occidente a pensarla in questo modo.   
Aveva poco più di trent’anni quando lo trovarono sul pavimento della sua stanza pieno di Quaalude e Darvon e Valium e alcool. Magari nemmeno intendeva farla finita ma ci sono volte in cui una, due, tre il numero poi te lo scordi e continui a ingoiare merda fino a svenire.
Non era molto felice negli ultimi tempi, si era isolato, un tipo così rissoso e polemico come Les e nessuno con cui litigare.
Aveva corso sul cuore del rumore, qualunque forma di pace lo avrebbe fatto sentire come un plutoniano abbandonato sulla terra.
Ci sono degli anelli spezzati in ogni generazione, la mia, quella prima, la vostra, il mio si chiama Lester Bangs.

Aldo Consoli.

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