i cani di pezza con gli occhi allucinati
il presidente in lacrime
e noi che siamo la feccia orgogliosa coi cappotti neri, il punk che tornava a vivere senza folklore, la crisi che non ci sfiorava, che non mi passava per la testa
i semafori coi cuori rossi e le stelle verdi
le auto che si scansavano da sole
la pioggia acida e l’elettronica
i paesi che si fingevano città in cui non ci restava che bere al buio nelle stanze con la musica del computer e noi che non spiccicavamo parola sulle nostre storie finite male
con tutto l’amore che non si riusciva a contenere
mentre mi lasciavi a chiedermi la matrice dell’errore
e poi correre, per non farsi acchiappare dall’angoscia
su notturni addestrati per dividerci
mentre sfilavano i treni mano nella mano
in ritardo come mode ricorrenti
le scarpe appese ai fili della luce
i lampioni che ci sorridevano fuori dai locali
i baristi ci mettevano alla porta dopo il sesto Campari
e poi il mare di notte con la pioggia a stingerci i vestiti in silenzio lungo il molo con Dylan Tomas tornato a vivere sulle nostre bocche che masticavano sigarette come gomme americane
il punk che non riusciva a morire senza cliché e noi che ci addormentavamo in casa d’altri con i pugni stretti come cuccioli al macello.
Faye Goddard
Leggere con Behind The Wall, Tracy Chapman.
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