Eravamo abbastanza addentrati
nelle cose del mondo da sapere che niente ci sarebbe stato regalato, che niente
sarebbe durato per davvero, che tutto si scompone, che la vita è una linea
dritta e le persone sul cammino sono solo brevi fermate. Si muore da soli e si
muore tanto per volta prima di farla finita.
Mi toccavo l’incavo del
braccio, alla ricerca di buchi che non c’erano mai stati, che a volte
istericamente sentivo vicini e familiari. Era stato così per le sigarette, non
so cosa sarebbe stato per il resto. E’ solo questione di opportunità e saltare
uno steccato.Ci lasciavamo alle spalle autostrade tutte uguali, l’imperativo restava andare, scordandoci persino di mangiare.
C’era fatica nei gesti, osservare le montagne e affrontarle col cuore così fradicio di nicotina che mi faceva venire voglia di vomitare.
Per stare meglio avremmo solo voluto un nemico da combattere, piuttosto che aspettare una catastrofe che ci riorganizzi le priorità. L’auto traboccava di rifiuti, rassettare cancella le tracce ed elimina i passaggi. Persino le stanze così puzzavano di solitudine.
Lattine sfinite arredavano il cruscotto come un corredo, il campionario umano si esibiva incredulo al sole che affogava l’abitacolo. Kate dormiva sul sedile passeggero, Cameron e Darfour sedevano dietro mano nella mano senza guardarsi negli occhi, distratti dal futuro. Avevano coraggio e speranza, credevano sul serio che non si sarebbero mai lasciati, che sarebbe durata per sempre.
Mentre riflettevo sulla voglia di non vivere, mi sa che mi ero persa la lezione sul disequilibrio. Non restava che deviare e fingere che non ci fosse niente in grado di toccarci fino alla fine.
Le rivoluzioni senza idee non ci ricordavano quelle cose per cui sembrava valesse la pena vivere.
Forse il tempo misura davvero l’essere umano
il sangue è randagio.
Faye Goddard.
Leggere con Half a Person, The Smiths.
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