Non
riesco a pensare all’idea che torno e non ci sei
alla
fine del disastro nella mia stanza
alla
tua senza quella gabbia assurda
vuota,
vicino al letto, di cui avresti voluto fare una lampada
tu
che non hai mai fatto una lampada in vita tua
e
ci scommetto che nemmeno stavolta ce la farai.
Cercherò
la tua valigia rossa aperta come una bancarella
che
non posso aprire l’armadio
cercherò
cibo nel mio letto
e
i peperoni lasciati nel forno a marcire
non
ci saranno più infusi a pendere dalle tazze ricolme
che
come dei segnali avevamo imparato a leggere
per
sapere dov’eri, se c’eri oppure no.
Ci
siamo presi in giro un sacco ed era il nostro modo per dirci
che
ci vogliamo bene.
Ti
ho conosciuta per prima in questa mia nuova vita
quel
pomeriggio molto caldo in cui avevo acceso per errore i termosifoni
e
ho ricominciato a muovermi tra le macerie fiutando la nostra amicizia
adesso
che te ne vai sembrano passate undici vite
in
un tempo passato troppo in fretta
noi
tre come un vento insistente
come
i tre triangoli che incastrati fanno il cerchio
come
le lauree del Trivial
come
il simbolo dell’atomica
parleremo
sempre di te
con
nostalgia, sorridendo
e
tanti ricordi
lasceremo
ancora un po’ del cibo sotto il letto di Marta
così
ci sembrerà che ancora un po’
ci
sei.
Faye Goddard.
Quando tornerai dall'estero. Le luci della centrale elettrica.
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