sabato 18 febbraio 2012

Super Billy.


Piove e tante volte sono stato alla finestra sperando che smetta. Il 6 febbraio è stata la prima volta che gli A.C.Billy si sono esibiti nel centro sociale in cui sono nati.
Il tetto che non stava in piedi, le poltrone rovinate dal bivacco, il pavimento nero come la strada.
A.C.Billy non è punk, è anche punk.
A.C.Billy è alzare il volume dell’amplificatore, suonare la chitarra e cantare male, tentare di far stare insieme una canzone e concluderla in maniera corale.
A.C.Billy è la feccia orgogliosa coi cappotti neri, il punk che tornava a vivere senza folklore, la crisi che non ci sfiorava, che non mi passava per la testa.
A.C.Billy è quattro persone che stilisticamente non potrebbero essere più diverse.
Quattro teste pensanti come pallini chiusi a forza in una pallottola prima che spari, poi ognuno sarà libero di ferire dove vuole.
A.C.Billy è un progetto iconografico
un libro, una piccola storia che affonda le radici nella storia
A.C.Billy è uno scherzo, è la cosa che tiene unite quattro persone, che le spinge a uscire nonostante sia inverno e a sperare che non piova dall’acciaio del cielo di febbraio.


Faye Goddard.

Piccolo cinema onirico. Tre allegri ragazzi morti. 

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