I giorni in cui sapevo che
non l’avrei vista avevano la fame del fronte,
quella fame di vita in bilico che impari a sentire, nel mio caso, solo
attraverso i libri e le suggestioni. La Grecia era in tumulto, forse avrebbe
insegnato rivolta come ai tempi di Byron, ma nessuno di noi sembrava sentire
l’esigenza di spostarsi, di andare a vedere e prendervi parte, forse perché
niente sembrava davvero valere la pena, nell’omologazione globale, niente di
quanto accadeva ovunque sembrava davvero grande. Il mondo era diventato un piccolo orto, e persino l’America latina
pareva a portata di mano oltre la finestra del computer. Essere qui o essere altrove, lo schifo era lo stesso.
Così nei giorni in cui sapevo che non l’avrei
vista mi pareva di capire, per paradosso, i drammi che fecero molto famoso
Trakl, tralasciando le paranoie di Kokoschka e ciò che tirò giù dalle scale l’amato Lucentini. Vivevo a quel tempo barricato
in una stanza molto piccola, divisa da un appartamento abbastanza grande
perché una famiglia con figli potesse viverci bene. Mi ero sempre trovato
meglio negli spazi piccoli, forse perché mi ricordavano la magrezza della mia
situazione economica, e il fatto che volendo vivere di scrivere non mi sarebbe
mai riuscito d’essere ricco.
Faye Goddard.
Non vedo l'ora. Teatro degli orrori.
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