In
una delle sue più celebri canzoni scriveva “dici che canto male? Sapessi come
suono il piano…” La canzone era The queen is dead, lui era alto quasi uno e
novanta, aveva il ciuffo e cantava in una band dal nome troppo anonimo. Loro
erano i The Smiths e insieme a Johnny Marr componeva alcune tra le più
struggenti canzoni d’amore e disagio che la lingua inglese abbia mai
conosciuto. A parole Stephen Patrick ha amato tanto, stucchevolmente, come un
adolescente ai primi sogni bagnati, ma a dirla tutta ha amato veramente poco,
se non se stesso, Award Devoto dei Buzzcocks, e forse Michael Stipe, cantante
dei R.E.M., ma chi può dirlo se non fosse solo gossip e se lo amasse veramente.
Stephen Patrick non amò niente, non fuma, non beve, non si droga, ha sempre
fatto vita timorata, anche adesso che vive a Roma. Si sarebbe detto un asceta,
se non avesse amato smodatamente i soldi, i vestiti da pappone, la brillantina
e la pioggia di Manchester. A Londra ci mise piede una sola volta, ne parla in
una canzone eccezionale dal titolo Half a person in cui pedina per mesi una
donna e si dice fosse un fatto vero. Credo sia gay, completamente gay, anche se
lui si è sempre definito asessuato, o comunque poco interessato alla cosa. Eppure
Stephen Patrick Morrisey è forse il più grande poeta britannico dai tempi di
Oskar Wilde, dei cimiteri e dei teatri all’aperto. E dire che la letteratura
britannica non è affatto povera, ma è quest’uomo, con cui non vorrei fare
nemmeno la fila al supermercato, ad essere ricco come un magnate, ad essere
schifosamente opulento di talento. Leggi i suoi testi e finisci col chiederti
come sia possibile mettere certe parole dentro una canzone da hit parade. Il
suo album migliore è Louder than bombs, ma c’è una donna che ama gli Smiths
tanto quanto me che di The Queen is dead ha persino il vinile che non sarebbe
affatto d’accordo e anche io fino a tre mesi fa non mi sarei immaginato di doverla contraddire.
Mi
fa veramente ribrezzo per quanto talento abbia dimostrato di avere e anche se
negli ultimi anni con la sua carriera da solista mi pare abbia perso un po’ di
smalto per me resterà sempre il ragazzo col mazzo di glicini gialli che agitava
sul palco, gli occhiali della mutua, il ciuffo alto e la mascella squadrata,
quella voce che solo in bocca a lui funzionava, e quell’innocenza e timidezza
che mascherava con tonnellate di sarcasmo e frasi taglienti neanche fosse una
lama di cristallo che fende il mare.
Faye Goddard.
I want the one i can't have. The Smiths.
pensavo fosse un coccodrillo!
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