domenica 27 maggio 2012

Spalmava di pece gli innesti della pianta di limoni.


Gli chiesi della matematica. Perchè aveva iniziato a studiarla. Lui mi parlò di quando era bambino e in paese cominciarono a cadere le bombe. Mi disse che avrebbe fatto qualsiasi cosa per fermarle, perché la sorella piangeva. Mi disse che la gente pregava ma che secondo lui dio non c’entrava molto in quella storia perché quelle bombe le vide cadere anche sulla chiesa. Per un bambino poi si sa nulla accade per caso. Il caso non lo si riesce nemmeno a concepire da bambini, perché tutto ha una ragione ed io iniziai a cercarla. Perché mia sorella piangeva.  Da adulti è diverso e sono pochi quelli che ancora la cercano una ragione, delle cose, della guerra. Mi disse. Quel soldato americano gli urlò di gettarsi nella buca perché una bomba non cade mai due volte nello stesso punto. Ed era vero. Eppure in quella buca sembrava l’unico a domandarsi perché. Perché due bombe non cadono mai nello stesso punto? Lo chiese a sua madre che magari gli avrebbe raccontato una bella storia, come quando le chiedeva perché il padre non tornava, ma la madre stringendolo al petto, gli disse di  non avere paura e che presto sarebbe finita. Ma io non avevo paura, mi disse, volevo solo sapere perché. Perchè le bombe non cadono mai nello stesso punto. Lo chiese persino al soldato ma quello gli spiegò che era una delle prime cose che ti insegnano al fronte, che le bombe più pericolose sono le prime, perché con quelle ancora non ne hai di buche, ma di più non aggiunse. Mi sembrava che se avessi capito questa cosa, avrei capito anche perché le lucciole arrivavano sempre a maggio, le formiche andavano in fila, quel rumore quando l’acqua si asciuga d’estate, sul cemento… Presi l’abitudine di guardare in alto quando arrivavano quegli aerei e contavo. Quanti aeri, quante bombe riuscivano a sganciare, quanti secondi tra la sirena e la prima esplosione. Contavo perché mi piacevano i numeri e mi erano sempre piaciuti perché erano semplici. Non come quelle lezioni di storia, di guerre, come se non bastasse quella di guerra. Mi piacevano i numeri perché non parlavano di guerra, perché  non sbagliavano e se c’era una ragione per cui quelle bombe non cadevano mai nello stesso posto, se c’era una ragione per cui quelle bombe cadevano, allora l’unico modo per scoprirla erano i numeri. Mi disse.
-professore ha studiato matematica per scoprire perché le bombe non cadono mai nello stesso punto?
-no,  ho studiato matematica perché per quanti sforzi provai a fare in seguito, la guerra non riuscii mai a capirla.
-e nella matematica non si parla di guerra
-mai, di nulla.

Tanerc

W.A. Mozart, 12 variazioni sul tema “Ah, vous dirai-je, maman’ K265

Nessun commento:

Posta un commento