martedì 1 maggio 2012

Questione di geni.



Bill era cresciuto senza un padre, anche se un padre ce l’aveva in fondo ed era la cosa peggiore. Lo diceva sempre Bill, ma dovevi essere bravo tu ad ascoltarlo e non erano parole quello che dovevi cercare. A volte parlava così Bill e solo in pochi lo seguivano ed erano sempre  i discorsi migliori, quelli non detti, nelle pause tra le parole. Quelli che sembrava fare soltanto a te e forse era questo a renderli speciali. Era la cosa peggiore perché ti toglie il diritto di immaginarlo migliore, tuo padre, diceva Bill. Cose del genere le potevi ascoltare se solo eri pronto a trovarle. Lui lo vedeva ogni giorno suo padre confondersi sempre più con il niente, anche se ci aveva provato, da bambino, a conservarlo, a mantenerlo in vita. Quando si tormentava a cercare quanto di lui fosse in suo padre, a cercare qualcosa che li legasse oltre il coito che l’aveva concepito, oltre a sua madre. Ma erano diversi, tanto da ignorarsi a vicenda. No, se non ci fosse stato quel sangue, non si sarebbero neanche mai conosciuti lui e suo padre. Avrebbero vissuto entrambi la loro vita, senza che mai le due si fossero incontrate, che poi è la cosa più facile  in questo mondo, non incontrarsi. Eppure loro non potevano, in quel poco di spazio, tra mura tirate su a forza di DNA ;  si incontravano invece, ogni mattina, ogni giorno a dividersi l’ossigeno in quei pochi metri quadri di routine. Ti manca l’aria perché il tuo tormento respira sempre più di te, diceva Bill. Hai bisogno di spazio e magari lo trovi tra le corde di una chitarra e magari poi esci fuori in cortile a sentire come suona tra le foglie, tra la gente e magari scopri che è sopra un treno che suona meglio...quel treno. Non lo rivedi più tuo padre, ma ci sono gli specchi a ricordartelo…
A volte diceva cose così Bill, ma tu sembravi l’unico ad ascoltargli quelle storie… che non raccontava.

Tanerc

Agustin Barrios Mangorè, La catedral.

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