lunedì 23 gennaio 2012

Di guerre civili e altre guerre

Quando finalmente si fece vedere teneva nascosta in una borsa di pelle una pellicola originale firmata da Bunuel.
Mi disse che parlava di Franco, di come era morto veramente.
C'erano persone che la stavano cercando e altre che la stavano aspettando.
Si doveva fare in fretta, ed era pericoloso stare fermi.
Camminando lungo la Gran Via mi parlò della Guerra Civile, di come fosse cambiata, di come non fosse mai finita.
Mi disse che stavano cercando di ripristinare la Falange, e da quando avevano smesso di portare una divisa questi uomini erano molto più pericolosi.
Ero molto preoccupato e non capivo il senso di farsi immischiare in cose tanto più grandi di lei, cose di gente che non le apparteneva, ma fu come il vento che si aggira tra i palazzi cercando casa quando tenendomi legato ai suoi occhi mi disse "lascia che sia mio padre a chiedermi di essere ciò che io non posso essere, e non cercare di capire quello che nemmeno io riesco a capire bene, c'è già mia madre che sente molto il tempo e mi guarda allibita."
Quando arrivammo al'Hostal Madrid, un posto gestito da cileni che avevano chiesto e non ottenuto asilo politico ai tempi di Augusto Pinochét, mi disse che aveva una stanza al secondo piso, con le bandiere fuori, che dava sul museo del Jamon, che qui sarebbe stata al sicuro. Stava aspettando i documenti falsi, poi sarebbe ripartita.
Dal canto mio avrei fatto meglio a tornare a casa, "il che non significa niente" disse "solo che mi è cara la tua vita."

Su Faye Goddard.

Il rumore della macchina per scrivere.  

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