lunedì 23 gennaio 2012

XII


Una notte, in piena notte, ti svegli e non ci credi.
Puoi dormire.
Si, il tuo cane è morto.
Tuo fratello è scappato.
I tuoi genitori sono morti.
Non hai più una sola ragione per continuare a vivere.
Semplicemente lo fai.
Respiri.
Ti svegli e pensi che solo ora che non hai più niente sei davvero inattaccabile.
Penso che ora che Billy Boy non c’è più, la mia notte è nuovamente serafica come quando ero bambino.
Si crede che la fanciullezza sia una mondo dorato, ma così è solo come fingiamo di ricordarla.
Questa è la tessera della memoria che idealizziamo per farci un’idea di come ci si deve sentire.
Credo che il bambino abbia tutte le caratteristiche dell’adulto solo in un corpo più piccolo.
Soffre di solitudine e gioisce e si sente ferito e colpevole allo stesso modo di quando cresce.
Nessuno da piccolo è più felice o infelice di quanto non lo sia da grande.
Si sostituiscono solo i motivi dell’affanno, non l’affanno in se.
Billy Boy si era avventurato nella cella frigorifera.
Ci si era spinto tante altre volte.
Era una cosa di cui si vantava.
La cella frigorifera era distante e insonorizzata.
Non sapeva che io stavo sui suoi passi.
Quando entrò girai la maniglia della porta così che non potesse uscire.
Lo trovarono morto lì dentro dopo due giorni.
Quando si accorse dello scherzetto si affacciò all’oblò e vide la mia faccia.
La mia faccia impassibile.
Senza espressione.
Non gioia.
Non compassione.
La stessa faccia di un giudice che emette la sua sentenza e che sa che sta facendo la cosa giusta, benché brutale.
La sua faccia deve esprimere imparzialità.
Sapevo che certi contadini erano soliti separare le mele le une dalle altre avvolgendole nella carta, così che se una marcisce non finirà col guastare pure le altre.
Questo era pressappoco quello che avevo fatto io.
Il principio di cui mi ero avvalso.
Non potendolo accartocciare, lo avevo congelato.
Muori.
Quando uccisi Billy Boy provai lo stesso senso di colpa di quando si uccide una zanzara.
Praticamente nullo.
Piuttosto ti dici: ”Ben fatto.”
Ora dormirai.
Più tardi la cosa fu insabbiata per non scatenare un inutile scandalo.
Era un figlio di nessuno, un orfano.
Nessuno lo voleva.
Nessuno lo avrebbe reclamato.
Lo avevano portato lì in fasce e nessuno era mai venuto a reclamarne il possesso.
Quando nessuno ti vuole, non sei niente.
Così arriva quella notte in cui dormi dopo tanto tempo e non ci credi.
Una morte impunita scaccia il ricordo di un’altra morte impunita.
Almeno per un po’.
Chiodo scaccia chiodo.
Almeno per un po’.
E così aspetti.

Tratto da Replicare. Romanzo. Pier Angelo Consoli.

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