domenica 15 gennaio 2012

Noi davamo la caccia al giovane Munlingan per farlo fuori.


Aveva occhi deboli, occhi da donna, occhi che non si scordano di piangere certe volte.
Avevo lasciato a casa i grossi occhiali da aviatore che mi piaceva abbinare alla sciarpa rossa.
Il vento copriva l’intera baita e non riuscivo a tenerli aperti. Di tanto in tanto folate di vento trascinavano il tuo boa verso di me, tenendolo steso come una bandiera, sembrava un terzo braccio preso in Carnaby street, un braccio rosa che cercava di tenerci stretti senza riuscirci.
Munlingan era in ritardo.
Sembravi calma come un mare in cartolina, decisa a farlo, e io, del resto, non ho mai avuto la forza di fermarti.
"Fortuna che non hai portato il cappello", dissi, cercando di stemperare la tensione buttandola sul ridere.
I tuoi occhi mi congelarono le parole, non avevi voglia di ridere, né di stemperare, il viso arrossato e un guanto amarena. "Forse non verrà",disse Faye, ma intanto non lasciava la pistola nascosta nella borsa che cadeva soffice al suo fianco, come un pistolero che aspetta il suono del campanile per estrarla per primo a mezzogiorno.
La giostra cigolava poco distante, il vento l’attraversava come un albero di ferro coi sedili. I giostrai non sarebbero venuti quel giorno e dopo un’ora di attesa Faye Goddard parve stanca e vi si sedette per pensare.
" Forse ha fiutato qualcosa e non verrà" dissi. Ero come sollevato, fin dal principio avevo sperato che Munlingan non si facesse vivo, che stramazzasse sul divano di casa o in una qualche bettola fuori città.
La vendetta è un sentimento atavico che cova sepolto in ognuno di noi, Faye non mi disse mai perché era lì ad attenderlo e io non ho mai avuto la forza di insistere. So che c’entrava suo fratello e il fatto che fosse morto con una siringa nel braccio che forse proprio Munlingan gli aveva passato.
Mi sedetti anch’io alle sue spalle e restai a fumare per qualche minuto, senza fiatare, con gli occhi tesi verso il mare e i gabbiani che guaivano in cerca di cibo da raccattare. Avevamo poco più di trent'anni, Faye e io, e quel giorno la nostra vita sarebbe potuta cambiare per sempre.
Io non ci volevo credere e in qualche modo fui premiato.
Faye si alzò dando un calcio a una pietra che finì vicino al banchetto con la scritta cassa che di sera diventava luminosa per dar vita a una festa, anche se ormai non c’erano più molti bambini pronti a prendervi parte.
La stagione delle giostre era finita, come quella delle fiere e del circo e noi davamo la caccia al giovane Munlingan per farlo fuori.       

Faye Goddard.

Suona Rosamunda. Vinicio Capossela.

Nessun commento:

Posta un commento